I grilli sparlanti

Quando FdI voleva il salario minimo: “Fondamentale contro lo sfruttamento, non è vero che fa diminuire gli stipendi”. La proposta di legge presentata alla Camera dai meloniani nel 2019 confuta tutte le tesi espresse oggi dalla premier: “Soglia nazionale necessaria contro sfruttamento e lavoro sottopagato, falso che avrebbe effetti negativi sulla contrattazione collettiva”. Il salario minimo per legge è “fondamentale” per arginare “il lavoro sottopagato” e i casi di “sfruttamento”. E non è vero, come sostengono alcuni sindacati, che livellerebbe al ribasso gli stipendi di chi oggi è coperto dalla contrattazione collettiva. Chi lo dice? Non Elly Schlein, non Giuseppe Conte, nemmeno Nicola Fratoianni. Ma il partito di Giorgia Meloni. Tutto il contrario di quanto sostiene la premier adesso. (dal quotidiano “La Repubblica”)

A questo attacco di voltagabbanismo Giorgia Meloni risponde come può: perché il PD, quando era recentemente al governo, non ha introdotto una legge sul salario minimo? In effetti l’obiezione è molto polemica, ma fondata. Sembra un duello all’ultima incoerenza. I benpensanti giustificano il tutto col gioco temporale fra maggioranza e opposizione. Mio padre sarebbe oltremodo d’accordo ed aggiungerebbe: “Sì. I päron coi che all’ostaria con un pcon äd gess in simma a la tavla i metton a post tutt; po’ set ve a veddor a ca’ sova i n’en gnan bon äd fär un o con un bicér…”.

Se sono queste le premesse di un dialogo tra governo e opposizione sul salario minimo, stanno freschi i lavoratori sottopagati. Sarà anche vero che “solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione”, come diceva James Russell Lowell. Tuttavia un minimo di coerenza non guasterebbe e darebbe una qualche maggiore credibilità alla classe politica.

La politica ha i suoi riti e tra questi possono essere considerati anche i confronti a quattrocchi tra maggioranza e opposizione. Mi sovviene però quanto sosteneva un illustre giudice di tribunale che non gradiva di mettere a confronto i testimoni con versioni opposte sullo stesso fatto. Diceva che non serviva a niente se non a incallire ulteriormente le parti sulle proprie posizioni. Il problema infatti non sta tanto nel dialogo in sé e per sé, ma nella capacità di dialogare. Quando tira aria di burrasca tra i coniugi, parlarsi diventa quasi impossibile perché ogni parola può scatenare il litigio e la rottura. Immaginiamoci in politica.

Che stupisce non è tanto l’incoerenza fatta sistema, ma l’incapacità del cittadino a snidarla e a farne un parametro di scelta. Forse sotto sotto si accetta senza battere ciglio il presupposto che la politica sia fatta di furbizia e di inganno. È sconfortante!

Confesso che mi ha un po’ stupito l’attacco polemico di Elly Schlein, la quale per rafforzare la propria posizione dialettica ha posto, in premessa all’incontro sul salario minimo, la richiesta di dimissioni di Marcello De Angelis, l’incauto esponente di FdI in vena di esternazioni a dir poco spiazzanti in ordine agli esecutori della strage di Bologna. Stiamo mettendo insieme cose molto diverse. Non discuto l’opportunità di chiedere le dimissioni di questo equivoco personaggio, ma cosa c’entrano col salario minimo? Mi sovviene la verve ironica di mio padre che nel più bello delle discussioni politiche, lanciava un provocatorio sasso nella piccionaia dei trinariciuti: «Am piasriss andär a veddor in ca äd Barilla e Bormioli?». E a chi gli chiedeva cosa c’entrassero Barilla e Bormioli rispondeva: «Si vuetor ch’a dzi sémpor acsì…».

Il dialogo bisogna saperlo fare e così anche la polemica, altrimenti il dialogo può diventare una pietanza senza sale con ingredienti a piacere e la polemica una minestra scaldata e fin troppo salata. Lavoratori avvisati mezzo salvati.