La demenza neofascista e il delirio grillino

È tornato di moda il fascismo? Ognuno si diverte come può. Non stupisce più di tanto che ci sia gente che gioca con le svastiche, con i saluti alla romana, con i cimeli del Duce, con gli slogan del ventennio. Non c’è da costruirci sopra teorie politiche. Siamo alla pura demenza. Ha fatto scalpore che uno stabilimento balneare di Chioggia sia organizzato e gestito da un “poveraccio”, che si sbizzarrisce a sparare cazzate apologetiche su fascismo e neofascismo. Ci sta tutto e il contrario di tutto. Questa gente non può avere, per motivi anagrafici, una esperienza   diretta del fascismo e quindi ne parla e ne canta come di una bella favola finita male.

Qualcuno teme che, sottovalutando questi fenomeni, si conceda spazio alla propagazione di idee sostanzialmente fasciste, quali il razzismo, la discriminazione sessuale, l’intolleranza per i diversi, l’omofobia, etc. etc. Su 3600 pagine Facebook ce ne sarebbero 500 che fanno apologia di fascismo e razzismo. Alcuni improvvisati e incredibili costituzionalisti (dei miei stivali) disquisiscono sul confine tra il libero sfogo delirante e l’incitamento alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Penso valga la pena di essere intransigenti: qui non si scherza, non c’è liberticidio che tenga.

Sono quindi portato non tanto a sottovalutare, ma a squalificare alla radice queste farneticazioni, considerandole rientranti in una patologia mentale, prevalentemente frutto di frustrazione personale e sociale se non di vera e propria anormalità intellettuale. Ce ne sono un po’ troppi e la cosa fa pensare alla storia che si ripete e fa temere politicamente l’effetto emulazione.

Concedere a questi pazzi un surplus di attenzione però non conviene. Forse è meglio ignorarli. I cortigiani del ducato mantovano cantano così contro le impennate di Rigoletto: «Coi fanciulli e coi dementi meglio giova simular…».

Se proprio vogliamo affrontare l’aspetto politico della questione, ci sarebbe da preoccuparsi non tanto di questi imbecilli che giocano a fare i fascisti, ma di chi in Parlamento e nelle Istituzioni ha fatto e fa del neofascismo doc: basti pensare al sindaco di Roma Gianni Alemanno accolto all’atto della sua nomina da manifestazioni di chiaro stampo fascista. Ebbene, persino la Chiesa Cattolica lo aveva appoggiato. A livello di esercito e di forze di polizia non si nascondono simpatie fasciste e si tollerano comportamenti aberranti in tal senso. Ricordiamoci che le macellerie genovesi dei manifestanti contro il G8 furono fatte allorquando, si dice, Gianfranco Fini spadroneggiava nei corridoi della questura genovese: altro personaggio riciclato e vezzeggiato da milioni di italiani, che ha fatto il ministro, il presidente della Camera dopo essere stato per tanti anni un esponente del Msi, vale a dire della forza politica che si richiamava e si collegava apertamente al fascismo. Abbiamo avuto per vent’anni un berlusconismo che faceva rima con fascismo da tutte le parti lo si guardasse: ho scritto un libro su questo argomento e chi lo desidera può consultarlo nella sezione libri di questo sito.

Attualmente la maggiore preoccupazione la desta il M5S che al delirio neofascista risponde col delirio menefreghista, ammantato di farneticante post-ideologia, di insopportabile equidistanza politica tra destra e sinistra e di fasulla rivisitazione della teoria degli opposti estremismi. La presenza nelle proprie file di simpatizzanti neofascisti o di soggetti refrattari alle ideologie non giustifica la deriva sempre più qualunquistica dei grillini: una forza politica non deve infatti operare la notarile sintesi delle opzioni “intestinali” dei propri elettori reali e/o potenziali, ma dovrebbe tradurre il consenso in proposte politiche serie, rispettose della storia e sensibili ai problemi dell’attualità. Sui vari argomenti emergenti, ultimo il discorso sulla propaganda fascista, non capisco se i cinque stelle blaterino in proprio o si limitino ad affermare sistematicamente il contrario di quanto dice il PD.

Queste sono le cose che mi preoccupano, ben più dell’evidente cretinismo di chi al mare si diverte con le nostalgie mussoliniane. Questa gente non ha vissuto il fascismo, non sa cosa è stato, ne coglie in lontananza solo gli aspetti folcloristici: in un vero regime neofascista sarebbero considerati gli scemi del villaggio e pertanto sarebbero i primi ad essere emarginati o addirittura fatti fuori. Purtroppo il fascismo è stato una cosa seria e tragica, non una farsa.

Mio padre, a proposito di antifascismo (quello vero e precoce) annidato nell’oltretorrente parmigiano, mi raccontava come esistesse un popolano del quartiere (più provocatore che matto) che era solito entrare nei locali ed urlare una propaganda contro corrente del tipo: “E’ morto il fascismo! La morte del Duce! Basta con le balle!”. Lo stesso popolano dell’oltretorrente che aveva improvvisato un comizio ai piedi del monumento a Filippo Corridoni (ripiegato all’indietro in quanto colpito a morte in battaglia), interpretando provocatoriamente la postura nel senso che Corridoni non volesse vedere i misfatti del fascismo e di Mussolini, suo vecchio compagno di battaglie socialiste ed interventiste: quel semplice uomo del popolo, oltre che avere un coraggio da leone, conosceva la storia ed usava molto bene l’arte della polemica e della satira. Ci voleva del fegato ad esprimersi in quel modo, in un mondo dove, mi diceva mio padre, non potevi fidarti di nessuno, perché i muri avevano le orecchie. Ci vorrebbe ancora quel bel personaggio: gli proporrei un giretto sulla spiaggia di Chioggia con licenza di sparare le sue verità. Servirebbe di più delle leggi contro l’apologia di fascismo, comunque da salutare sempre col massimo rispetto, con sacrosanta e scrupolosa attenzione e col conseguente sollievo costituzionale.