Vivendo con Vivendi

Il salotto buono di Lilly Gruber (otto e mezzo su La 7) mi serve, quando ho il tempo e la pazienza di seguirlo, da autoesame del sangue politico presente nelle mie vene. Nell’ultima occasione si parlava del nuovo governo di Paolo Gentiloni, del futuro congresso del Partito democratico e della scalata di Vivendi a Mediaset. Tre validi test per le mie idee, operati da tre laboratori: il sussiegoso mondo accademico (Massimo Cacciari), il pretenzioso mondo dei talk show di livello (Giovanni Floris), il giornalismo brillante (Nicola Porro).Il piatto forte cucinato da Floris era l’allarmistico e dolente elenco di tutte le massime aziende italiane ormai in mano al capitale straniero: l’ardita intenzione della francese Vivendi di intromettersi nell’italiana e berlusconiana Mediaset veniva inquadrata nel complessivo panorama economico nazionale, colonizzato dalle multinazionali. Roba da “Stato Imperialista Multinazionale” di brigatistica e rossa memoria.Massimo Cacciari, oltre assentire su questa arcaica analisi, auspicava un “vero” congresso chiarificatore del Pd, che ne ascoltasse la base ben individuata (solo gli iscritti al partito o ad un impegnativo albo speciale), che ne facesse il partito democratico e non più il partito di Renzi (questa volta Cacciari era a corto di fantasia), che ne delineasse un gruppo dirigente allargato (oltre lo striminzito cerchio magico). Considerava inoltre una quisquiglia la presenza di Maria Elena Boschi nel nuovo governo, problema piccolo, ma che, tra l’altro, segnava il titolo del dibattito stesso (in filigrana, la solita supponenza cacciariana e forse una punta di maschilismo di ritorno).Sulle tre questioni Nicola Porro si differenziava notevolmente dai suoi interlocutori: sulla questione “Vivendi”, pur parlando da un pulpito di parte (la redazione de “Il giornale”), aveva il coraggio di globalizzare il discorso sostenendo che il capitale straniero, a patto che comporti, come in molti casi, rafforzamento e sviluppo della aziende italiane, non può essere che il benvenuto. Sulla questione del congresso Pd poneva la sibillina e ironica domanda: alla fine è Roberto Speranza il sinistro competitor di Matteo Renzi? E su Maria Elena Boschi non sottovalutava la mossa di Meb (così la chiamano gli amici) e il suo impatto, negativo o positivo sull’opinione pubblica.Mi sono trovato d’accordo, su tutto il fronte degli argomenti trattati, con Nicola Porro, giornalista di libero pensiero, ma certo non di sinistra. Cosa mi sta succedendo? I casi sono due, anzi tre: o invecchiando, come spesso accade, sto annacquando la mia storica ispirazione di sinistra; oppure l’opinione riconducibile alla sinistra marca visita in senso anacronistico, nostalgico e schematico; oppure il mondo sta cambiando al punto da rimescolare culturalmente le menti e da richiedere un riposizionamento su tante questioni.Fatto sta che, tornando agli argomenti di cui sopra, io la penso come sinteticamente di seguito.Il Pd non può prescindere da Renzi, pur con i limiti soggettivi dimostrati (e chi non ne ha) e gli errori oggettivi compiuti (e chi non ne fa). Il dibattito congressuale franco ed approfondito potrà solo servire ad aggiustare il tiro renziano, non certo ad accantonare l’unico leader plausibile.In campo economico non significa nulla la difesa patriottica del capitale italiano: questo può rivelarsi e spesso si rivela ben più speculativo e conservatore di quello straniero. Semmai bisognerebbe puntare a rendere sempre più appetibile il nostro Paese per gli investimenti produttivi stranieri. Siamo in Europa, non vogliamo muri e poi diventiamo protezionisti in economia? La pensiamo come Trump, come Salvini, come Grillo, come i brexit?Maria Elena Boschi è stata un ottimo ministro con una mission difficile e purtroppo non è riuscita a portare a termine felicemente (Sì a livello parlamentare, No a livello popolare) la legge di riforma a cui ha lavorato. Niente di drammatico e di scandaloso quindi che sia rimasta nel governo Gentiloni, con un diverso incarico dal momento che di riforme costituzionali non si parlerà per decenni. Tra l’altro, senza sottovalutare la sua capacità politica e senza indulgere a maschilismo camuffato, un tocco di graziosissima femminilità non guasta mai. Non vorrei che l’ostracismo nei confronti della Boschi non fosse tanto una questione di omogeneità dimissionaria col leader Renzi (a proposito, com’è strano il mondo, si diceva che Meb fosse una ventriloqua del suo capo e poi, quando sceglie di testa sua, sbaglia, perché dovrebbe seguire le orme del capo), ma fosse dovuto ad un ragionamento del tipo: ben vengano le donne, poi però, quando il gioco si fa serio e importante, meglio se vanno a casa.Dalla pancia al … il tratto è breveNon so se la politica sia diventata il pretesto e l’occasione per sfogare le proprie sciocchezze latenti o se addirittura si pretenda di parlamentarizzare lo sciocchezzaio imperante a livello di social network e di media in genere. Anche per un accanito ed appassionato osservatore della politica come il sottoscritto, questa progressiva brutalizzazione del dibattito rischia di avere non tanto un effetto nervosamente coinvolgente, ma quello di provocare una sorta di alienante fuga nel dibattito politico virtuale (come dovrebbe essere), rincorrendo magari il passato (andava molto meglio quando andava peggio…). Ho fatto fatica a leggere le cronache odierne: giravo e rigiravo le pagine su reportage squallidi (non si dovrebbero nemmeno considerare e commentare certi fatti) dal contenuto ancor più squallido (stiamo veramente e pericolosamente raggiungendo l’apice della demenza). Alla fine ha vinto la voglia di reagire e quindi di mettere per iscritto alcune riflessioni.La nuova ministra della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, viene messa al pubblico ludibrio per avere inserito nel suo sito internet, a livello di curriculum, il “diploma di laurea in Scienze sociali” mentre è in possesso solo di “diploma per assistenti sociali”. Su questo dettaglio insignificante (quante persone più o meno in buona fede si fanno o si lasciano chiamare dottore senza esserlo) è stata costruita una delegittimazione, arrivando a sostenere che non si può fare il ministro dell’istruzione senza essere dotati di laurea (e dove è scritto?) e che non è credibile l’invito all’impegno nello studio rivolto ai giovani se viene da un personaggio istituzionale che non ha studiato granché (fate come ho fatto e non come dico). Siamo alla pura follia polemica che si perde non in un bicchiere d’acqua ma in un vasetto di urina.Un ex-deputato viene insultato, malmenato e quasi-sequestrato in una sorta di finto arresto riconducibile a giustizia sommaria popolare, improvvisata dal movimento dei forconi (ribattezzato per l’occasione Comitato per la legalità). Ma il bello sta nel fatto che a tale movimento aderisce un generale dei carabinieri in pensione (sic!) che si fa portavoce degli autori del blitz: «Sono passati tre anni dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittima la legge elettorale e i parlamentari abusivi sono ancora lì. Non dovremmo arrestarli noi, i politici, ma le stesse forze di polizia. La nascita del governo Gentiloni, con la prospettiva di un altro anno di legislatura, ha fatto esasperare gli animi. Devono andare a casa tutti, la gente non ne può più. Sono gli onorevoli abusivi a determinare tutto ciò. Altri “arresti”? Non si possono escludere». Siamo alla pura follia che passa alle vie di fatto: sono convinto che in molti applaudirebbero queste provocatorie dichiarazioni, propedeutiche ad azioni illegali e violente (io comincerei a mettere in galera questo generale in pensione).Beppe Grillo non si è presentato alle consultazioni del Capo dello Stato e tanto meno a quelle del presidente incaricato, ma viene a Roma, bazzica assieme a Davide Casaleggio locali e salette di Senato e Camera, incontra i parlamentari cinque stelle e sputa intenti programmatici al limite dell’eversione: «Bisogna portare il Parlamento tra la gente», dopo avere disertato e disturbato quello istituzionale durante il dibattito sulla fiducia al governo. In compenso nemmeno una parola sulle dimissioni di Paola Muraro, assessora grillina del comune di Roma, indagata dalla Magistratura: «Sono un problema che riguarda il Comune». E la gente vota Grillo…Dentro il Senato ci pensa Mario Monti a dare aria ai denti, oscurando grillini e Lega. L’ex premier parla di Renzi. Lo definisce “totalmente inadeguato alla politica”, ma “bravo motivatore”. Considera l’indirizzo europeo di Renzi “povero di risultati, solo toni alti”, parla di un premier uscente che è stato un danno per il Paese. Si sente vittima di “linciaggi” e conclude dicendo: «Chi parla è stato iscritto addirittura in un nuovo raggruppamento dell’accozzaglia». Mario Monti è un senatore a vita. Se così si esprime un cittadino che ha illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario (art. 59 della Carta costituzionale), un cittadino normale…Concludo con la chicca di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, che così si prenota sul possibile referendum abrogativo in materia di Jobs act: «Noi voteremo contro il Jobs act assieme alla Cgil, perché Renzi è un politico eversivo e noi stiamo con la democrazia». Se parla così un deputato di lungo corso, coinvolto nelle malefatte del ventennio berlusconiano, un normale elettore… Mi piacerebbe sapere però cosa ne pensa Silvio Berlusconi, alla disperata ricerca di una sponda governativa che lo aiuti a difendere la sue aziende dagli attacchi francesi. La malafede associata alla demenza!