L’autostrada dell’antipolitica e le scorciatoie giudiziarie

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è indagato per il maxi-appalto Expo, risalente al 2012 quando l’attuale primo cittadino milanese era amministratore delegato dell’ente titolare del grande evento fieristico mondiale.Paola Muraro, assessora all’ambiente della giunta capitolina giuidata dalla sindaca Virginia Raggi, dopo un lungo tira e molla si dimette in quanto indagata per reati ambientali nel periodo in cui ricopriva importanti incarichi tecnici a livello del settore rifiuti della capitale; la guardia di finanza entra in Campidoglio per sequestrare documenti relativi alle nomine fatte dalla giunta Raggi, nomine assai chiacchierate e in odore di irregolarità; sul più belloil capo del personale del comune di Roma e già vice-capo di gabinetto, legato alla precedente amministrazione di Alemanno, tuttora uomo forte negli uffici comunali e, si dice, uomo di fiducia della sindaca Raggi, viene arrestato per fatti di corruzione risalenti ad alcuni anni or sono.I pubblici ministeri di Milano addetti al processo “Ruby ter” chiedono al Gup di processare Silvio Berlusconi per “corruzione in atti giudiziari: avrebbe comprato il silenzio delle ragazze partecipanti alle feste di Arcore, chiamate a testimoniare nei due processi sul caso Ruby (la nota vicenda della minorenne amica del cavaliere e protetta dallo stesso con goffe manovre tra il pubblico e il privato).Sembra un burocratico bollettino giudiziario, è invece la sintesi delle imbarazzanti cronache politiche del giorno. Poi ci si chiede perché la gente perde la fiducia nella politica…Pure coincidenze? Bisogna osservare con un certo disincanto come, allorquando il Paese vive difficili e delicate fasi politiche, immancabilmente si verifichino entrate a gamba tesa della magistratura inquirente sulle (presunte) corruzione e illegalità nell’amministrazione della cosa pubblica. Sta succedendo anche in questi ultimi giorni, in un Paese stordito dal referendum e balbettante sul proprio futuro politico, con i diretti e indiretti affondo giudiziari sull’amministrazione capitolina della grillina Virginia Raggi, accompagnati da altra stoccata contro Giuseppe Sala, il sindaco di Milano e la sua passata Expo e contro l’ormai abituale bersaglio Silvio Berlusconi (è tanto indaffarato a difendersi da Vivendi, che forse non si è accorto di rischiare un nuovo processo legato alle sue maniacali scorribande sessuali).Per la verità ci sarebbe da citare anche il caso di Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania, sul cui conto è stato aperto un fascicolo per istigazione al voto di scambio: avrebbe invitato i sindaci campani a convincere, anche tramite argomenti non squisitamente politici, i loro elettori a votare Sì al referendum sulla riforma costituzionale. È già ridicolo in sè il capo di imputazione, ma vedremo gli sviluppi.Sono indubbiamente frecce mirate a colpire la nuova e “local” corruzione italiana, oltre a bollare ulteriormente Berlusconi, l’immancabile personaggio emblematico della politica buona per fare i propri comodi in tutti i sensi.I colpi sono diretti ai principali poli amministrativi italiani (Milano che si pavoneggia, Roma che si rotola nel fango) ed ai due veri contendenti della politica italiana (il Pd e il movimento 5 Stelle), che si avvicinano alla resa dei conti.Inchieste a orologeria? Non sono iscritto al giustizialismo e nemmeno al complottismo e quindi non mi butto su ipotesi fantasiose e pericolose, ma…Il punto di Stefano Folli, la stucchevole ed insulsa rubrica giornaliera di commento politico de “la Repubblica”, conteneva, alcuni mesi or sono, una realistica previsione di azioni penali contro la politica da parte di una magistratura inquirente, che si sentirebbe sotto pressione riguardo alle riforme in cantiere su processo penale, uso delle intercettazioni, snellimento dei tempi delle inchieste, etc. L’autorevole commentatore scriveva infatti di “avvio di una fase di ostilità i cui riflessi sono difficili da valutare oggi”. E proseguiva con: “Il problema è: Renzi e il suo governo sono in grado di reggere una ripresa di iniziative giudiziarie ad ampio spettro? L’effetto destabilizzante di una tale offensiva non ha bisogno di essere illustrato ”. Il solo fatto di prevedere vendette inquisitorie ad alzo zero sulla classe politica per mettere in difficoltà governo e parlamento, è un gravissimo giudizio e una dichiarazione di sfiducia rivolti da un giornalista di livello alla magistratura. Ne prendo atto.Se ci si fa caso i magistrati non ammettono mai alcuna colpa, eppure ne combinano delle belle, tanto da essere parecchie volte inquisiti loro stessi e sottoposti alle inchieste del Consiglio Superiore della Magistratura. A Parma sono stati bravissimi: per decenni hanno fatto finta di niente, quando la città era tutta presa dall’incantamento, appena è cambiata l’aria hanno sparato nel mucchio facendo ben poca fatica a colpire. Ricordo di essermi confrontato con un autorevole esponente dell’opposizione durante la fase vignaliana del regime parmigiano. Mi disse: «Non capisco cosa aspetti la magistratura ad intervenire sul malaffare amministrativo comunale? È sotto gli occhi di tutti, non è una novità, ma dal punto di vista giudiziario non si muove nulla…».Siamo sempre lì, prima va tutto bene e poi improvvisamente… Non vorrei che fosse successo così anche su Federico Pizzarotti, sindaco di Parma. Un conto infatti è registrarne il fallimento politico, altro è subissarlo di inconsistenti indagini e procedimenti giudiziari: ne abbiamo contati già tre. Uno, quello sulle nomine al teatro Regio si è chiuso senza alcun strascico (capendone poco di teatro ha ritenuto di accettare i consigli degli addetti ai lavori di sua fiducia); uno, tutt’ora in corso, è partito da qualche tempo a triste coronamento dello straripamento del Baganza (si tratterebbe di inadempienze a livello di allerta, ma mio padre lo avrebbe ironicamente derubricato a mancata installazione “ed j èrzon äd cärta suganta”); uno è spuntato recentemente sulla vendita delle quote di una partecipata del comune, la Stu Pasubio (era stata deliberata dal nientepopodimeno che commissario governativo, vai a pensare che potesse essere irregolare). A questi ne aggiungo uno che sta trovando l’incubazione nell’aria contaminata dalla legionella (cosa poteva fare il sindaco a monte? certamente poteva essere più premuroso e partecipe a valle).Porto un grande rispetto per il ruolo della magistratura inquirente e giudicante. Non nego e non sottovaluto il deprecabile fenomeno della illegale amministrazione della cosa pubblica. Però più passa il tempo e più ho la netta sensazione che le inchieste si aprano e si chiudano con una certa leggerezza, che gli avvisi di garanzia spuntino come funghi e nei momenti caldi e, soprattutto, che il tutto risenta troppo del clima politico generale e locale: si parte per condizionare certi equilibri politici o ci si adegua dopo che gli equilibri politici sono saltati? Faccio alcuni esempi. Ho ascoltato, con pignola attenzione, su radio radicale la testimonianza resa dalla deputata dem Micaela Campana in merito ai suoi rapporti con Salvatore Buzzi (uno degli imputati nel processo “mafia capitale”), durante la quale si percepiva un atteggiamento prevenuto non tanto del procuratore interrogante, ma da parte di chi presiedeva il collegio giudicante : non ho sinceramente riscontrato alcun elemento serio e consistente per una ipotesi di falsa testimonianza o di indagine per reticenza, come sembra stia avvenendo. Noto una sorta di accanimento sui politici, per i quali non si parte dalla presunzione di innocenza, ma da quella di colpevolezza. Forse sta succedendo anche ai grillini in Sicilia e a Bologna, i quali avrebbero falsificato le firme per la presentazione della loro lista: fatto obiettivamente censurabile, ma, pensando con andreottiana malizia, non vorrei che, al di là della effettiva contestazione di una violazione di legge, ci fosse una sorta di “avvertimento” giudiziario, un atto giuridico virtuale, che sta prima dell’avviso di garanzia e va ben oltre lo stesso.A Roma solo l’indomani della nomina del sindaco Virginia Raggi si apprende, in mezzo ad una ridda di ammissioni e smentite, dell’indagine a carico del neo assessore Paola Muraro per suoi presunti “pasticci ecologici”? Si lascia trapelare la notizia, la si tiene a bagno maria per diverso tempo, poi ad un certo momento partono gli interrogatori in procura.Analogo discorso per Raffaele Marra, il potente funzionario capitolino ingaggiato scriteriatamente da Virginia Raggi. Lo si tiene sulla corda per diverso tempo e poi parte addirittura l’arresto.Posso pormi una domanda maliziosa al limite della cattiveria pura: non è che a Virginia Raggi, al di là della sua penosa inconsistenza politico-amministrativa, faranno pagare un conto salato per lo sgarbo personale e istituzionale fatto al magistrato di corte d’appello Carla Raineri, capo di gabinetto della sindaca per l’espace d’un matin, che ha lasciato il suo incarico in rotta di collisione con Virginia Raggi e il suo staff, in primis Raffaele Marra e che probabilmente si è sentita presa in giro e ridotta a mero specchietto legalitario per le allodole romane? Altro mordi e fuggi si è verificato con Raffaele De Dominicis, ex giudice della Corte dei conti, individuato come assessore al bilancio e cacciato dopo appena quattro giorni perché il suo profilo non era rispondente ai principi del M5S. Un secondo specchietto rotto? Come ben si sa, rompere gli specchi(etti) porta sfortuna! Saranno scattate reazioni corporative, che stanno trovando il loro sfogo?Nei rapporti tra politica e giustizia le coincidenze sono molte, le fughe di notizia pure… Oltretutto parecchie indagini appaiono fin dall’inizio inconsistenti e fantasiose (ricordo il presunto abuso d’ufficio del sindaco di Bologna per aver erogato l’acqua ai “disperati poveracci” occupanti abusivi di certi immobili). Clamorose per quantità e qualità sono poi le assoluzioni di politici, messi sul banco degli imputati con una certa facilità dalle Procure (lo ha lasciato intendere persino il vice-presidente del CSM) per poi essere scagionati dai Tribunali, dalle Corti d’appello o dalla Corte di Cassazione. Ultima, con non poche analogie con i carichi pendenti pizzarottiani, l’assoluzione dell’assessore genovese Raffaella Paita in materia di mancata allerta sull’allagamento di Genova a cui ha fatto da contraltare la pesante e sommaria condanna dell’ex sindaco di Genova Marta Vincenti sulla stessa vicenda.Non vorrei che di fronte all’impennata elettorale dei grillini, fosse venuto anche per loro il momento di abbassare la cresta per via giudiziale. Non sono un fan di Grillo e della sua creatura, ma vorrei che tale movimento fosse giudicato politicamente e non preventivamente sputtanato dalle Procure della Repubblica. Per i cinque stelle, esagitati utilizzatori finali del “tutti ladri, tutti a casa”, non sarà facile tirarsi fuori dalle bufere, che cominciano obiettivamente ad essere parecchie, considerate anche le loro scarse occasioni di peccato.Alcune considerazioni finali. La prima risale al berlusconismo prima maniera che scatenò, per motivi di bottega, una vera e propria guerra contro la magistratura, perdendola su quasi tutti i fronti, al punto da dover ricorrere all’affidamento ai servizi sociali, da essere sbattuto fuori dal Parlamento, da fare i conti con una innumerevole serie di inchieste e di procedimenti giudiziari non ancora terminata (l’ultima grana, come detto all’inizio, la stanno arrecando i pm di Milano i quali chiedono che Berlusconi sia processato con l’accusa di “corruzione in atti giudiziari”: avrebbe ammorbidito con circa 10 milioni di euro le testimonianze delle ragazze passate dalle serate hard ad Arcore).Al berlusconistico accanimento spregiativo e sprezzante verso i magistrati fece riscontro un vigoroso e pesante accanimento difensivo da parte della Magistratura. La politica, a testarda difesa degli interessi del nostrano tycoon, inaugurò insensatamente una guerra di cui tutti abbiamo pagato le conseguenze ed a cui tutti abbiamo fatto la triste abitudine: i giudici soprattutto, che da vittime (?) del regime forse si sono fatti giustizieri del sistema.La seconda riflessione riguarda il grillismo, il populismo all’italiana, l’antipolitica in versione comico-teatrale. La politica, nonostante tutto, è una cosa seria, che non può essere ridotta a commedia etica o addirittura a farsa istituzionale. Da una parte si sparano slogan piccanti e accattivanti, dall’altra si buttano sulla scena attori improvvisati che improvvisano un copione che non conoscono o recitano un copione sbagliato con una compagnia raccogliticcia e sconclusionata, se non addirittura infiltrata. A Parma si è scherzato, a Roma casca l’asino. Gli attori poi non vogliono scendere dal palcoscenico, ci provano gusto, resistono.La magistratura sta solo impropriamente scoprendo gli altarini non tanto della corruzione, ma della incapacità a governare. Credo che la vicenda romana per i grillini sarà un brutto boomerang, forse addirittura esagerato e impietoso, ma, tutto sommato, meglio prima che dopo.Una terza considerazione la dedico al Pd: è possibile che negli incidenti agli incroci pericolosi della corruzione e dell’illegalità ci sia coinvolto sempre e sistematicamente qualche esponente centrale o periferico del partito democratico? Sarebbe il caso di affrontare questo nodo al prossimo congresso del Pd, lasciando stare le polemichette su cosa significhi essere di sinistra. Certamente vuol dire smetterla di rubare o quanto meno di esporsi continuamente al rischio di finire sotto processo per comportamenti scorretti. Non è facile nel clima di caccia alle streghe che ci ritroviamo, ma bisogna mettercela tutta.Ultima constatazione. Ho ascoltato le obiettive e abili dichiarazioni di Stefano Parisi sull’autosospensione da sindaco di Giuseppe Sala, suo vittorioso competitor alle ultime elezioni milanesi. È in questi delicati momenti che si rivela il livello umano e politico di una persona: lo promuovo a pieni voti, perché non ha strumentalizzato la vicenda, non ha cercato la rissa, non ha infierito sull’avversario in difficoltà, si è limitato a chiedere chiarezza e coerenza di impegno. Era stato scelto da Berlusconi per rilanciare Forza Italia e il centro-destra sulla via della moderazione e della ragionevolezza: era l’uomo giusto, che, come al solito, Berlusconi ha divorato in pochi giorni. Sul referendum avrebbe potuto assumere una posizione ragionevole, lasciando ai suoi elettori la scelta su come votare, invece la smania di protagonismo ha prevalso su tutto e adesso si trova nel cono d’ombra della Lega a zampettare intorno al governo Gentiloni.Da ultimo gli è capitata addosso la grana di Mediaset insidiata da Vivendi: il governo e lo Stato hanno assunto atteggiamenti seri in base alle regole esistenti ed al rispetto dovuto dai transalpini per gli interessi nazionali, al di là della mera difesa retorica dell’italianità. Renato Brunetta continuerà a sparare a zero contro il governo, come ha sempre fatto, e Berlusconi lo lascerà fare. Il cavaliere non finisce mai di stupire: pensavo avesse un minimo di capacità nell’individuare i pregi e i difetti delle persone e nel collocarle al posto giusto (la dote di un leader), invece mette a tacere gli intelligenti e lascia parlare gli stupidi (la dote di un finto capo che ha solo paura di essere scavalcato). E allora ricominci a dedicarsi alle serate hard, se il cuore, considerato in tutti i sensi, glielo consente.