Così è se vi pare

Sono diverse e talora opposte le reazioni dei commentatori politici alle plurime iniziative giudiziarie del dopo-referendum. Cosa c’entra il referendum? C’entra a detta un po’ di tutti, ma in particolare di chi teme che, nella difficile situazione di quasi-vuoto politico venutasi a creare, si possa profilare “la repubblica dei Pm”, roba successa in concomitanza della valanga della prima tangentopoli degli anni novanta (finì col favorire l’avvento del berlusconismo), e di chi auspica che l’iniziativa giudiziaria possa spazzare via i rimasugli del renzismo, fare piazza pulita degli illegittimi occupanti delle istituzioni e costringere gli elettori a votare scegliendo non tra destra e sinistra, tra centro-destra e centro-sinistra, ma tra giustizialisti e garantisti, tra populisti e parlamentarismi, tra buoni e cattivi, tra onesti e corrotti.Oggi, non capisco se con soddisfazione o con sconcerto, qualcuno sostiene che il sistema Italia non funzioni più e che questa triste realtà sia stata evidenziata se non accelerata dall’esito del referendum a cui viene ormai ascritto tutto e il contrario di tutto: crisi governativa, disorientamento del Pd, la Capitale morale schizzata di fango, la Capitale vera senza capo, ma in compenso alle prese con una triste coda di malaffare.Ebbene sono convinto che la vittoria del No, oltre che scoperchiare pentole già in ebollizione, abbia svuotato queste pentole da ogni barlume di valida cottura, buttando fuori dalla cucina il cuoco e le sue ricette, gettando nella spazzatura tutto ciò che poteva essere commestibile, ripiegando su cibi preconfezionati senza sapore e senza valore nutritivo.Ma lasciamo perdere il referendum e facciamo un passo indietro di millenni. La Bibbia racconta come il popolo di Israele, quando era caduto nel gorgo della corruzione e dell’illegalità, si sia affidato ai Giudici: qualcuno sta facendo appunto il tifo per i giudici affinché, direttamente o indirettamente, possano influenzare beneficamente la politica. Questo qualcuno magari ha votato e fatto votare No al referendum sulle riforme costituzionali (e dalli…) per difendere l’assetto istituzionale della Carta da fantomatici attacchi autoritari ed ora la Carta se la mette sotto i piedi (o ancor peggio…), auspicando una intromissione della Magistratura nel campo altrui alla faccia dell’indipendenza dei diversi poteri. Una delle tante contraddizioni del fronte del No, che, strada facendo sta sempre più dimostrandosi un’accozzaglia inaffidabile (Renzi non lo doveva dire per rispetto del galateo elettorale, ma adesso si può dire, anzi si deve dire…), arrivando ad ipotizzare, forse per farsi perdonare il casino provocato, una perdurante azione di stimolo (direi ricatto) sulle istituzioni e sull’elettorato.Resto fortemente convinto dell’assoluta necessità che la magistratura stia rigorosamente al suo posto ed eviti accuratamente ogni e qualsiasi intromissione diretta o indiretta nella politica. Dico di più, dovrebbe essere preoccupazione dei giudici usare tempi e modi che non possano minimamente influenzare il dibattito politico e i giudizi dell’opinione pubblica.In questo momento storico, a differenza di un passato non troppo lontano, non vedo la necessità di fare quadrato intorno alla magistratura e men che meno di supportare sue azioni offensive/difensive nei confronti del potere legislativo ed esecutivo a tutti i livelli territoriali.Di fronte alle iniziative giudiziarie di Roma e Milano (riapertura dell’indagine sul maxi-appalto Expo già precedentemente archiviata, riguardante anche e non solo Giuseppe Sala oggi sindaco di Milano; indagine sull’assessora romana all’Ambiente, Paola Muraro, sequestro di documenti riguardanti le procedure di certe nomine in Campidoglio, arresto di un alto funzionario capitolino), le reazioni dei politici direttamente o indirettamente coinvolti sono state diverse.Il sindaco di Milano si è autosospeso dalla carica intendendo rimettersi fin d’ora alle decisioni della Magistratura, nel massimo rispetto delle sue indagini e dando alla pubblica opinione un segnale di assoluto distacco dalla poltrona in attesa degli sviluppi dell’inchiesta a suo carico, peraltro assai confusa ed in balia dei tira e molla dei padreterni della procura milanese (non ho capito, dopo aver letto con molta attenzione i giornali, se Sala sia indagato per avere sbrigativamente gestito una gara d’appalto ed assegnato i lavori oppure per aver tentato di favorire qualche potenziale concorrente alla gara stessa oppure per aver meramente retrodatato un atto al fine di snellire le procedure condizionate dai tempi stretti di realizzo delle opere).La sindaca di Roma non ha ritenuto di fare alcun passo indietro, considerandosi non coinvolta nei provvedimenti da cui è oggettivamente accerchiata, ammettendo errori però non tali da portarla alle dimissioni.Le opposizioni nei due casi, per la verità politicamente assai diversi, hanno tenuto atteggiamenti critici ma opposti: a Milano il centro-destra vorrebbe che Sala rimanesse al suo posto senza indulgere a scelte filo-giustizialiste e istituzionalmente sui generis; a Roma il Pd e tutti gli altri gruppi di opposizione chiedono a gran voce le dimissioni di Virginia Raggi, che in questi mesi ne avrebbe combinate di tutti i colori senza affrontare minimamente gli enormi problemi della capitale.Se devo essere sincero ritengo che entrambi i sindaci debbano rimanere in questo momento al loro posto, perché c’è in ballo innanzitutto l’autonomia della politica, che non deve fare da cassa di risonanza alle inchieste giudiziarie, ma prendere atto solo dei provvedimenti conseguenti e/o delle relative sentenze.Condivido pienamente quanto afferma Piero Bassetti, imprenditore, ex politico di grande livello, che, al di là del giustificare la scelta di Beppe Sala (io la comprendo, la apprezzo, ma non avrei ceduto anche perché un gesto di notevole spessore etico rischia di essere considerato un atto di irresponsabilità verso gli obblighi amministrativi milanesi), indica con estrema lucidità la patologia nei rapporti tra politica e magistratura: «Una classe politica non può governare se è subordinata a un potere come quello giudiziario, che qualche volta è discrezionale. Non ci deve essere un livello di giudizio politico affidato all’ordine giudiziario, se il potere giudiziario vuole sovrapporsi deve accettare di avere la stessa tempestività dell’azione di governo».Resto invece molto perplesso di fronte all’analisi parziale, semplicistica e moralisteggiante al limite della pedanteria, di Stefano Rodotà, il quale, partendo dallo sviscerato amore che avrebbero dimostrato i cittadini verso la Costituzione con il loro No in massa (ma mi faccia il piacere…), considera e sopravvaluta demagogicamente l’obbligo, previsto dalla Carta all’articolo 54, di svolgere con onore le funzioni pubbliche, giustificando così manicheisticamente le clamorose intromissioni politiche della magistratura: sarebbero dovute alla sua solitudine rispetto al degrado politico incalzante e dilagante, all’inerzia degli altri soggetti deputati al controllo, alla conseguente necessità quasi automatica di costituire un vero e proprio “tribunale della politica”. Tutta colpa della politica essere arrivati a questo punto di squilibrio democratico. Mi permetto di aggiungere che la politica ha certamente enormi responsabilità, ma non mi sento di dividere la lavagna fra buoni e cattivi, iscrivendo i politici fra i cattivi e i giudici fra i buoni. Anche la magistratura ha le sue grosse responsabilità, le sue colpe, le sue inefficienze, i suoi enormi ritardi, i suoi ingiusti privilegi, i suoi condizionamenti corporativi, il suo conservatorismo, le sue paure.Diverso è il discorso squisitamente politico: Milano sembra decentemente amministrata, mentre Roma naviga nel caos amministrativo. Non credo tuttavia a Milano capitale italiana del buongoverno contrapposta a Roma cloaca del malgoverno: i discorsi e i giudizi devono essere più approfonditi (non dimentichiamo che craxismo e berlusconismo, nella loro portata degenerativa sulle istituzioni centrali e periferiche, ebbero culla in quel di Milano, laddove si spartivano tangenti anche sui loculi cimiteriali).Concedo a Virginia Raggi tutte le attenuanti del caso (le malefatte delle amministrazioni precedenti, gli errori pregressi, etc. etc.). Vedo tuttavia una impreparazione ed una inesperienza inquietanti, considerato il fatto che il movimento cinque stelle sapeva di essere il candidato quasi naturale a governare la capitale e si è fatto trovare con le dita nella marmellata dei giochi di potere provenienti da un lungo passato con cui avrebbe dovuto recidere ogni e qualsiasi legame. Resta tutto da verificare se sia soltanto questione di inesperienza o se ci sia anche una presuntuosa e frettolosa smania di navigare nei meandri della politica. All’interno del movimento cinque stelle è aperta una forte polemica su questo fronte, ma Virginia Raggi resiste agli assalti dei nemici e degli amici (Grillo compreso). Forse i suoi legami col passato dovevano servire a renderla impermeabile al durissimo vaglio grillino? Non capisco l’arrendevolezza di Grillo, la sua infinita sopportazione messa a confronto con la durezza usata verso altri esponenti del movimento (Federico Pizzarotti, ma non solo lui), rei di aver commesso peccati ben più veniali rispetto a quelli accumulati dalla sindaca capitolina in così poco tempo. Probabilmente è una questione d’immagine da salvare. Opportunismo bello e buono.Prescindendo da discorsi di merito sulla complessiva credibilità della linea di antipolitica pentastellare (sulla cui totale inaffidabilità non ho mai avuto dubbi di sorta), trascurando i richiami grilloparlanteschi di parecchi ammiratori bruscamente pentiti (si sta sgretolando il fronte filo-grillino più per le picconate giudiziarie, che per un ragionato recupero di spirito critico), se da una parte capisco possa essere duro ammettere enormi limiti politico-amministrativi ormai sotto gli occhi di tutti, dall’altra credo sia estremamente pericoloso vivacchiare a Roma per bellamente candidarsi a governare il Paese. Rischiando persino di dover ingoiare brutti rospi e di non poter più gridare a squarciagola “onestà! onestà!”. Non è un caso che in concomitanza con l’arresto di Raffaele Marra sia stata frettolosamente annullata la dimostrazione di fronte alla sede del Monte Paschi di Siena e rinviata sine die la manifestazione d’appoggio ai no-tav: la credibilità comincia a scricchiolare? Non ci godo, ma ne prendo atto.