Qualche giorno fa era comparso, sulla facciata della Stazione di Venafro, un murale dedicato a Cecilia Sala, la giornalista imprigionata a Teheran dal regime iraniano lo scorso 19 dicembre. Ma, dopo poco, è ‘sparito’. A realizzarlo lo street artist Drugi, che aveva raffigurato la reporter seduta, e una colomba, simbolo di libertà, che portava in volo un quadernetto per gli appunti ed una penna. Un messaggio per la libertà di stampa e la difesa dei diritti delle donne.
Un fatto che ha creato sconcerto e ora arriva la proposta di rifarlo non solo a Venafro, ma in tutto il Molise. A metterla nero su bianco in una lettera-appello è lo scrittore molisano Pier Paolo Giannubilo, finalista del Premio Strega e figura di spicco nel panorama culturale.
“Sarebbe bello – scrive sulla sua pagina Facebook – se a Venafro venisse subito riconvocato Drugi, lo street artist autore del murale dedicato a questa brava e coraggiosa reporter di soli 29 anni, per realizzare di nuovo, nello stesso posto, l’opera che qualcuno ha rimosso pochi giorni dopo che ha fatto la sua comparsa in stazione.
Ventinove anni. Ventinove anni aujourd’hui in Italia è un’età in cui la gran parte delle coetanee e dei coetanei di Cecilia Sala – e non certo solo le coetanee e i coetanei, tutt’altro: ma non apriamo questo argomento, se no divaghiamo troppo – trascorrono la giornata a scrollare idiozie su Instagram e Tiktok, o a confezionare tristi video con i connotati stravolti da qualche magico filtro social.
Il lavoro, coraggioso, di Cecilia, 29 anni, dovrebbe essere d’esempio per tutti noi su come si vive.
La sua, coraggiosa, fede nella ricerca della verità dovrebbe ispirarci. Dovremmo organizzare fiaccolate notturne e scioperi veri per costringere il governo a pretendere, coraggiosamente, la sua liberazione costi quel che costi, perché Cecilia è tenuta in un carcere in condizioni degradanti da un regime criminale solo perché è un essere umano libero e occidentale.
E invece a Venafro, qui in Molise, un bel murale eseguito con una tecnica che rende molto facile l’asportazione è stato subito eliminato proprio perché è un monito a proteggere i nostri valori più alti, come il coraggio, per dirne uno, contro il potere barbaro da parte di qualcuno che in quei valori non crede.
Chiamiamo Drugi, anzi, a rieseguire quel murale in ogni città e morente borgo molisano, non solo a Venafro.
Tempestiamo la regione di questa bellissima immagine – sottolinea infine Giannubilo – a parziale ristoro dell’ingiustizia subita dall’artista e dalla comunità, che non vogliamo accettare passivamente; ma, soprattutto, per Cecilia. (da isNews – è notizia)
Chi ha rimosso il murale? Non credo possa essere stato un solerte pulitore dell’Azienda Ferroviaria Italiana, non credo si sia staccato automaticamente. E allora? Lo stupido di turno che vuol fare una bravata per poi vedere di nascosto l’effetto che fa? Mi sembra assai improbabile anche questa ipotesi. Sono portato invece a pensare che, tutto sommato, la testimonianza di Cecilia Sala dia fastidio, si tenti di rimuoverla dalla coscienza collettiva e di screditarla: chi la ritiene, magari senza il coraggio di affermarlo apertamente, una impicciona in cerca di guai, addirittura un’esibizionista in cerca di notorietà, la solita contestatrice piantagrane che fa casino e poi pretende di esserne tirata fuori.
C’è poco da fare, la vicenda di questa coraggiosa giornalista mette il dito nella piaga: scopre tutti quanti vogliono imporre il silenziatore alle critiche. Tra coloro che invocano la pace c’è purtroppo, a tutti i livelli, chi la intende alla stregua di “pace dei sepolcri” (cfr. Don Carlo di Giuseppe Verdi, duetto tra il re Filippo II e il marchese di Posa a proposito della indipendenza delle Fiandre).
Mio padre mi raccontava come, ai tempi del fascismo, bastasse trovarsi a passare in un borgo, dove era stata frettolosamente apposta sul muro una scritta contro il regime, per essere costretti, da un gruppo di camicie nere, a ripulirla con il proprio soprabito (non c’era verso di spiegare la propria estraneità al fatto, la prepotenza voleva così). Certo i graffitari di oggi sarebbero ben serviti, ma se, per tenere puliti i muri, qualcuno fosse mai disposto a cose simili, diventerei graffitaro anch’io. Dietro l’ansia di pulizia dei muri spesso si cela la volontà di coprire ben altre sporcizie.
Sarò malizioso, ma la scomparsa del murale di cui sopra tendo ad ascriverla all’insofferenza verso ogni e qualsiasi critica ai regimi, che si tengono tutti per mano (Italia compresa). Non la voglio buttare in politica, semmai lo ha fatto subdolamente chi ha rimosso il significativo murale di solidarietà verso Cecilia Sala.
Ben vengano quindi le iniziative volte a moltiplicare i murali, ancor meglio se di fattura artistica, sperando che risveglino il senso e il gusto della critica democratica che stanno venendo meno nella nostra società. Si sente tanto la mancanza di voci genuine e libere per scuotere l’impalcatura anti-democratica che, badiamo bene, non riguarda solo i regimi autoritari ma anche quelli sedicenti democratici in via di snaturamento progressivo.
Quando c’è in ballo la libertà, si scoprono un po’ tutte le posizioni, quelle chiaramente anti-libertarie, quelle fintamente libertarie, quelle libertarie con tanti se e tanti ma, quelle libertarie a servizio dello status quo, quelle di chi si accontenta di disturbare, condizionare e silenziare le libertà altrui. Ecco perché il fronte per la liberazione di Cecilia Sala non sarà poi così largo e unitario come si potrebbe pensare.