Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella difende il diritto d’asilo, «tra i principi della Costituzione», il compito della diplomazia, degli organismi sovranazionali come strumenti di promozione della pace e le Corti di giustizia internazionali. Denuncia che i «drammi migratori» diventano talvolta «oggetto di gestioni strumentali da parte di alcuni Stati, per trasformarli in minaccia nei confronti dei vicini, in palese violazione di convenzioni internazionali liberamente sottoscritte» aggiunge. Un fenomeno strettamente collegato al ritorno delle «sirene del settarismo nazionalistico, etnico, quando non arbitrariamente religioso» che fa uso anche di «ostili strumenti di manipolazione delle informazioni e condizionamento dell’opinione pubblica». Mattarella parla alla Farnesina, dove la XVII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo e gli Stati Generali della Diplomazia diventa un’occasione di confronto sull’azione internazionale del nostro Paese, con la partecipazione di oltre 150 titolari delle Sedi diplomatiche italiane all’estero.
L’articolo 10 della Costituzione, al terzo comma, recita: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Uno dei tanti articoli della Costituzione che ci stiamo mettendo sotto i piedi.
Così come ci stiamo dimenticando dell’importanza degli organismi sovranazionali e delle Corti di giustizia internazionali: li consideriamo aria fritta che passa e va, lasciando un profumato alone di pace.
E che dire dei nazionalismi risorgenti, cavalcati da governanti senza scrupoli per varare la globalizzazione dell’egoismo, che tutto avvolge e tutto chiude.
Sembra di essere all’asilo pre-costituzionale, mentre pensiamo di essere all’università post-costituzionale. Abbassiamo la cresta, facciamo un bagno di umiltà e smettiamola di pensare, dire e fare cazzate. Abbiamo un’idea relativamente sbagliata di diplomazia, vista come l’arte di fare i propri affari, di usare tatto, finezza, abilità nel trattare questioni delicate o nel mantenere rapporti con persone suscettibili.
La diplomazia ha il compito principale di tutelare gli interessi dello Stato e si concretizza in vari modi: dalla cura delle relazioni politiche, economiche, culturali o scientifiche con gli altri Stati all’impegno a livello internazionale per i diritti dell’uomo o per la composizione pacifica delle controversie.
Senonché la diplomazia non dovrebbe impegnarsi solo nella certosina azione di mettere assieme i cocci emergenti dalle crisi e dalle guerre, ma dovrebbe lavorare alacremente per prevenire i conflitti e le guerre. In questo senso dovremmo tutti recuperare la capacità diplomatica nell’impostazione dei rapporti di vario tipo e di vario livello. Ce lo sta pazientemente insegnando il presidente della Repubblica, ma ho la netta impressione che le sue parole entrino da un orecchio per uscire immediatamente dall’altro.
Mio padre raccontava spesso una simpatica gag. “Tra mi e ti a ghè un stuppid: mi n’al son miga …”. “Co vrisot dire, che al son mi …”, risponde l’altro. “No, mi an l’ho miga dìtt!”, ribatte il primo. Speriamo che Mattarella non si stanchi di farci le ramanzine e non ci tratti così, ce lo meriteremmo.