Ai confini della coscienza

Quando un imputato al termine di un processo viene assolto, sono solito tirare un sospiro di sollievo per lui e per l’intera società: un istintivo, se volete un tantino anarchico, moto dell’animo, che rimanda la palla dal campo relativo della giustizia umana a quello assoluto della coscienza individuale.

È così anche per l’assoluzione di Matteo Salvini: se la vedrà con la sua coscienza. Non ho idea di come sopporterà il peso di aver fatto soffrire tanta gente in mezzo al mare, considerando tale comportamento come legittima difesa dei confini nazionali. Etica e politica mi sembra che facciano a pugni, ma forse nella coscienza salviniana le cose stanno diversamente e tutto si tiene.

Alla sentenza assolutoria si sono registrate reazioni entusiastiche: c’è poco da entusiasmarsi, perché il problema migratorio rimane davanti a noi con tutta la sua tragica realtà e mette in evidenza la nostra incapacità ad affrontarlo se non in chiave meramente ed egoisticamente difensiva. Anche se Matteo Salvini non ha compiuto reati perseguibili penalmente, non ha certo portato un contributo positivo alla soluzione di un enorme ed epocale problema.

La morale della favola filo-salviniana è che la politica non mira ad affrontare i problemi, ma a scaricarli sui soggetti più deboli ed indifesi: la logica dell’attuale governo è questa ed emerge in brutta evidenza in ogni passaggio politico-programmatico (non è forse così anche la filosofia della recente manovra economica? Fare le nozze coi fichi secchi è difficile, ma togliere anche i fichi secchi dalla bocca degli affamati è vergognoso!).

Voglio però soffermarmi un attimo sulla reazione del presidente del Consiglio. Anche lei tira un sospiro di sollievo, ma in senso completamente opposto al mio provocatorio sollievo di cui sopra.

Ma è la premier Giorgia Meloni a tirare un sospiro di sollievo. Una diversa sentenza avrebbe messo in difficoltà l’esecutivo, anche solo per la reazione prevedibilmente dura del suo vicepremier. «Grande soddisfazione per l’assoluzione del vicepresidente e ministro Matteo Salvini nel processo Open Arms, commenta. Un giudizio che dimostra quanto fossero infondate e surreali le accuse rivoltegli». Poi annuncia: «Insieme proseguiamo con tenacia» per «difendere la sovranità nazionale». (dal quotidiano “Avvenire”)

Difendere la sovranità nazionale? Un obiettivo demagogico: è come sparare alla mosca migratoria con il cannone razzista. Si guardi bene attorno. La nostra sovranità è messa molto più in pericolo dalle subdole intromissioni muskiane, trumpiane, orbaniane, che, guarda caso, sono uscite allo scoperto a margine del processo contro Salvini. La sovranità nazionale è messa in pericolo da una politica estera ondivaga e da una politica interna divisiva e inconcludente. I giudici, pur tra limiti e difetti, fanno il loro mestiere previsto dalla Costituzione, mentre chi li critica ad ogni piè sospinto mina la fiducia dei cittadini verso lo Stato di diritto.

Strano il concetto di sovranità nazionale a corrente alternata.

Il Consiglio d’Europa scrive a Ignazio La Russa e chiede di modificare il ddl Sicurezza, attualmente all’esame del Senato, perché diversi articoli “restringono il diritto a manifestare e esprimersi pacificamente”. Ad affermarlo è Michael O’Flaherty, commissario per i diritti umani in una lettera inviata al presidente del Senato, in cui ha invitato i senatori ad “astenersi dall’adottarlo, a meno che non venga modificato in modo sostanziale per garantire che sia conforme agli standard del Consiglio d’Europa in materia di diritti umani”. Ignazio La Russa ha replicato: “Da Consiglio d’Europa inaccettabile interferenza”.

Tutto bene invece per quanto riguarda le dirette sparate di Elon Musk contro i giudici italiani e gli indiretti assist di Orban e altri a favore di Salvini imputato. Vi ricordate come Orban difendeva l’inqualificabile comportamento dei giudici ungheresi contro Ilaria Salis dalle critiche provenienti dall’Italia?

Proviamo ad ipotizzare una sentenza di condanna a sei anni di carcere per Matteo Salvini: si sarebbe gridato allo scandalo per una magistratura che vuol fare politica. Dopo la sentenza assolutoria abbiamo invece lo scandalo della politica che vuol fare giustizia della giustizia. In mezzo gli immigrati che aspettano la giustizia e la politica.