La riforma che non c’è. La Camera ha bocciato tutti gli emendamenti delle opposizioni sulla modifica della legge sulla cittadinanza, compreso quello di Azione che proponeva lo ius scholae, ovvero l’acquisizione della cittadinanza per i minori figli di immigrati dopo un ciclo scolastico di 10 anni. I no sono stati 169, 126 i sì e 3 gli astenuti. Anche Forza Italia ha votato contro. Gli azzurri hanno ribadito, con un intervento di Paolo Emilio Russo, che sono al lavoro su una proposta di legge in materia. «Si tratta – ha detto Russo – di un tema che merita più attenzione di un emendamento infilato all’ultimo un un provvedimento che parla di sicurezza». Il voto è stato a scrutinio palese dopo il no alla richiesta delle opposizioni di voto segreto. Tra gli emendamenti dell’opposizione bocciati, quelli del Pd sullo ius soli temperato e sullo ius scholae a 5 anni e quello di +Europa che riproponeva il referendum sulla cittadinanza. Pd e Avs hanno votato anche tutti gli emendamenti degli altri gruppi in materia. (dal quotidiano “Avvenire” – Danilo Paolini)
Siamo ad un bell’esempio di “Pirlamento”. La politica ridotta a mera copertura dei propri giochi elettorali, le istituzioni democratiche ridotte a sede di collaudo degli equilibri politici costruiti altrove. Forza Italia aveva sollevato nei mesi estivi il problema della cittadinanza agli immigrati, dichiarandosi disponibile all’introduzione del cosiddetto “ius scholae”, vale a dire alla concessione della cittadinanza a quei soggetti che abbiano compiuto in Italia un ciclo scolastico di 10 anni. A quanto pare si trattava di un ballon d’ essai, di una provocazione verso gli altri partiti della maggioranza, un modo per distinguersi: passata la festa, gabbato lo santo o, meglio, passato il contrasto politico gabbato il giovane immigrato. Resta soltanto una piccola spada di Damocle tenuta in sospesa da Forza Italia: non si sa mai…
Il fatto più grave però non è tanto la parodistica impostazione dei rapporti fra i partiti di maggioranza, ma l’autentico scempio istituzionale, vale a dire il Parlamento considerato come una pezza per i piedi del governo e il fondamentale gioco democratico fra maggioranza e opposizione vissuto come un ignobile tira e molla. La maggioranza, o almeno una parte di essa, infatti si dice disponibile al dialogo e al confronto con l’opposizione su temi etici che travalicano i perimetri partitici, salvo tirarsi indietro vergognosamente al momento cruciale; l’opposizione oscilla tra la contrapposizione globale e pregiudiziale e la disponibilità a trovare soluzioni largamente condivise. Quella dello ius scholae poteva essere un interessante esperimento fallito miseramente prima del nascere.
Attualmente in Italia esiste un governo di destra che non ha nessuna intenzione di aprire finestre di dialogo, che non sopporta le critiche anzi le esorcizza, che si sta preparando nei fatti al premierato, che litiga al proprio interno, ma trova sempre e comunque la quadra negli accordi di potere. Il Parlamento è un ingombrante e imbarazzante dipiù. Il governo ombra non esiste, esiste soltanto un governo che fa ombra a tutti.
Se i figli degli immigrati aspettano lo ius scholae, fanno in tempo ad ottenere la cittadinanza per altri motivi, alla faccia della loro tanto sbandierata integrazione.
Al rinvio (sine die?) della normativa riguardante lo ius scholae ha fatto vergognosa compagnia una novità perfettamente rientrante nella (in)sensibilità governativa. Niente più rinvio di pena per le donne in gravidanza o con figli di meno di un anno. L’eventuale differimento della carcerazione – quando il ddl sarà approvato definitivamente anche al Senato – sarà esaminato caso per caso dai giudici. È successo ieri alla Camera, nel corso delle votazioni sul “ddl sicurezza”. L’aula ha approvato l’articolo 15 che rende facoltativo – e non più obbligatorio – il rinvio della pena per le neo-madri detenute. Forza Italia, che inizialmente si era detta contraria, stavolta invece ha votato con Fdi e Lega. (dal quotidiano “Avvenire”)
Ma come è brava Forza Italia: si distingue nelle intenzioni per poi rientrare nei ranghi al momento del dunque. Il peggior modo di fare politica: dire e disdire, parlare bene e razzolare malissimo, tirare il sasso e nascondere la mano. I berluscloni (termine acutamente inventato da Marco Travaglio) non si smentiscono mai: i forzitalioti giocano a fare i berluscloni buoni, i meloniani e i salviniani giocano a fare i berluscloni cattivi. Un modo come un altro per mettere alla prova il (poco) cervello degli italiani.
Mio padre alla domenica sera era preoccupato di chiudere drasticamente e precipitosamente l’avventura calcistica in modo da non lasciare spazio a code pericolose ed alienanti, a rimasticature assurde e penose. L’unica eccezione era la lettura al lunedì mattina dell’opinione di Curti, pubblicata sul quotidiano locale, un commento essenziale ed equilibrato che finiva, quasi sempre, con la solita sconsolata espressione “un’altra partita da dimenticare”. E mio padre chiosava: “Pri tifóz dal Pärma a gh vól la memoria curta”.
La politica italiana in questi giorni, come detto sopra, ha vissuto a livello parlamentare una giornata da dimenticare. I tifosi smemorati della curva accanto al governo (sono tanti e non mollano) hanno di che esultare, mentre quelli della curva democratica devono scegliere: rassegnarsi ad avere la memoria corta se intendono solo galleggiare, lunga se desiderano sgombrare prima o poi le istituzioni dai pirla che le stanno occupando più o meno abusivamente.