Ha parlato esplicitamente di «spaventosa ondata di odio e antisemitismo». A Milano, a margine dell’incontro “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” organizzato dall’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) al Memoriale della Shoah di Milano, la dura denuncia di Liliana Segre. «Ricevo minacce pazzesche – ha detto la senatrice a vita – ma ho visto di tutto. Come potrei avere paura a uscire di casa?». Durante l’evento milanese cui ha partecipato il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, Segre si è detta sorpresa dell’odio «verso anche nei confronti di ebrei italiani che non c’entrano niente con le decisioni politiche di Israele e magari non le condividono». (dal quotidiano “Avvenire”)
I motivi del risorgente antisemitismo sono sostanzialmente due. Il primo è da ascrivere al famoso detto che “la madre dei cretini è sempre incinta”, quella dei cretini/delinquenti ancora di più. Il cretinismo delinquenziale è dovuto a crassa ignoranza storica associata a folle nostalgia di un passato talmente innominabile da diventare paradossalmente interessante. Bene quindi fa la senatrice Segre a frequentare le scuole sforzandosi di raccontare ciò che (le) è successo nel secolo scorso: sembrerebbe un semplice ripasso storico ed invece è uno studio creativo e indispensabile.
C’è però, a mio avviso, un secondo motivo per tentare di capire le follie antisemite di questo periodo. Lo spiegherei con quel “magari” sfuggito dal seno di Liliana Segre. Il termine usato ha parecchi significati letterali, ma generalmente significa chissà, forse, probabilmente: introduce cioè nel discorso un elemento di incertezza. E allora in questo periodo mi sono chiesto e mi chiedo ancora: gli ebrei italiani e tutti gli ebrei sparsi nel mondo condividono o meno le decisioni politiche di Israele? Non mi sembra siano arrivate inequivocabili prese di distanza, che servirebbero a sgombrare il campo da un dubbio inquietante che, inserito nel cervello dei potenziali cretini di cui sopra, può diventare una spinta al fare di ogni erba un fascio, vale a dire a catalogare genericamente tutti gli ebrei come seguaci di Netanyahu e dell’attuale governo israeliano, sovrapponendoli sbrigativamente ai censurabili comportamenti di Israele attuali e passati nei confronti dei palestinesi.
Se è vero che le colpe dei padri non devono ricadere automaticamente sui figli, anche quelle dei governi israeliani non devono ricadere sugli ebrei-tutti a prescindere dalle loro posizioni culturali e politiche. Tuttavia parole di chiarezza e di netta presa di distanza aiuterebbero non poco a svelenire il clima di contestazione creatosi in Occidente in ordine alla guerra in atto contro Hamas, che però finisce con l’essere devastante per i palestinesi e la loro terra. Visto che ho introdotto il discorso della ricaduta delle responsabilità, aggiungo anche che le colpe di Hamas non dovrebbero ricadere tout court sui palestinesi, soprattutto sui loro bambini.
Capisco la sofferenza di chi sente inopinatamente riaprirsi le ferite, comprendo che passare da un campo di concentramento al banco degli imputati sia una vera e propria beffa della storia, ma purtroppo la storia è difficile da leggere per chi non ha la capacità di discernimento e può cadere vittima di assurdi e paradossali revisionismi.
Capisco anche l’assoluta necessità, come scrive Cinzia Sciuto su MicroMega, di muovere alle proteste contro la condotta bellica israeliana la critica di non riuscire a tenere insieme esplicitamente la richiesta di cessate il fuoco con una condanna chiara e netta nei confronti di Hamas, e non solo in quanto principale responsabile del massacro del 7 ottobre ma anche in sé, come forza reazionaria, autoritaria, misogina e fondamentalista. Sarebbe bello che alle manifestazioni pro Palestina, a fianco ai cartelli per il cessate il fuoco, ci fossero anche cartelli per una Palestina non solo libera, ma anche laica e democratica. Che si chiedesse non solo a Israele di cessare il fuoco, ma anche ad Hamas di liberare gli ostaggi e di consegnarsi, togliendo a Israele l’unico argomento che continua ad avere a giustificazione del massacro in corso, ossia che Hamas utilizza i civili palestinesi come scudi umani. La scellerata azione del 7 ottobre – che qualcuno ha persino festeggiato come momento di liberazione e resistenza – ha portato il popolo palestinese al massacro, e sarebbe il momento di urlarlo forte e chiaro. Queste reticenze, che talvolta scivolano verso vere e proprie ambiguità, non aiutano certo la causa del popolo palestinese e, anzi, porgono il fianco alle più becere strumentalizzazioni.
La senatrice Segre e tutti gli ebrei reduci dalla Shoah hanno la mia totale e profonda solidarietà umana e la vicinanza in un periodo in cui i fantasmi del passato hanno ripreso malauguratamente a circolare. Però, chiarezza per chiarezza, sarebbe troppo chiedere loro, proprio sulla base della loro tragica esperienza, una parola di condanna del comportamento spropositato e assurdo del governo israeliano, che peraltro sta isolando il popolo ebreo e mettendolo in un inusitato ed immeritato imbarazzo umano? Queste parole avrebbero una forza di pace immensa, molto più dei balbettamenti americani, delle omertose posizioni europee e dei traballanti e oscillanti pronunciamenti delle Nazioni Unite.