Immersi nella palude bellicista

“Credo che la Nato non debba entrare in Ucraina” e “mi auguro che non accada” che un Paese vada a combattere lì. “Entrare e fare guerra alla Russia significa rischiare la Terza guerra mondiale”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervistato da Bruno Vespa al salone LetExpo di Verona, ribadendo che è escluso che le truppe italiane vadano in Ucraina. (Ansa.it)

L’intervento di Tajani è una secca risposta a Macron, che per la verità aveva lanciato l’idea estrema di un intervento diretto nel conflitto russo-ucraino. Lui stesso si è accorto della follia e ha fatto marcia indietro durante l’incontro con Scholz (“Nessuna escalation”), ripiegando sull’invio di armi a lungo raggio.

Penso abbia ragione Massimo Cacciari che definisce queste scaramucce quale mera e rituale propaganda bellica. Tajani quindi ha chiuso una porta chiusa. Di questo passo resta comunque il rischio di una terza guerra mondiale.

Purtroppo siamo in mano a nessuno, in particolare l’Unione europea sta fallendo e tradendo completamente il suo ruolo politico-diplomatico, preferendo armare acriticamente l’Ucraina e rinunciando ad ogni e qualsiasi iniziativa di intromissione pacificatrice.

L’unico personaggio che ha il coraggio di dire la verità è papa Francesco. Sul piano politico falsano il suo pensiero, annoverandolo addirittura fra i putiniani, facendo finta di non capire come l’unica strada per uscire dal tunnel sia una trattativa preceduta e accompagnata dall’ammissione che nessuno è in grado di vincere la guerra (una insensatezza a trecentosessanta gradi) e quindi come occorra alzare “bandiera bianca” nel senso di scendere ragionevolmente e convintamente a patti col nemico. Sono convinto che il Papa abbia parlato a nuora perché suocera intenda.

Le nuore, fuor di metafora, sono l’Ucraina e la Russia. La diplomazia ucraina ha risposto con scetticismo se non addirittura con fastidio, invitando il Papa a recarsi in visita nel loro Paese: evidentemente i governanti ucraini ritengono una posizione di comodo quella assunta nelle stanze vaticane e fanno fatica a credere nella sincerità della vicinanza del Papa, troppo distante e troppo equidistante. “La Chiesa sta insieme alle persone, non a 2500 Km di distanza, mediando virtualmente tra qualcuno che vuole vivere e qualcuno che vuole distruggerci. Molte mura di case e chiese, un tempo bianche, ora sono bruciate dai proiettili russi. Questo parla in modo eloquente di chi deve fermarsi affinché la guerra finisca”.

I vescovi greco-cattolici ucraini del Sinodo permanente, riuniti in questi giorni negli Stati Uniti, hanno scritto una dichiarazione, dopo le anticipazioni dell’intervista rilasciata da Francesco alla Radio televisione svizzera.  «Per chiunque sia sul campo in Ucraina – si legge nella dichiarazione – è chiaro che i cittadini ucraini sono feriti ma indomabili, stanchi ma resilienti. Gli ucraini non possono arrendersi perché arrendersi significa morte». I vescovi sottolineano come «nella mente di Putin non esistono cose come l’Ucraina, la storia e la lingua ucraine, e la vita della Chiesa ucraina indipendente. Tutte le questioni ucraine sono costruzioni ideologiche, adatte a essere sradicate. L’Ucraina non è una realtà ma una mera “ideologia”. L’ideologia dell’identità ucraina, secondo Putin, è “nazista”». E, chiamando “nazisti” tutti gli ucraini, «Putin li disumanizza. I nazisti (in questo caso gli ucraini) non hanno il diritto di esistere».

Sono posizioni che portano dritti-dritti all’auto-shoah, davanti alle quali mi inchino, che però considero esasperate, anche se comprensibilissime, e soprattutto irresponsabili per chi regge una nazione ed ha in mano la vita di milioni di persone.

L’altra nuora, l’aggressiva-belligerante Russia di Putin, abbozza, ma sgattaiola. “Papa Francesco si sarebbe rivolto più all’Occidente che a Kiev, quando ha fatto il suo appello perché si trovi il «coraggio della bandiera bianca» con l’invito a negoziare un accordo di pace. Ne è convinta la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova che all’Ansa ha commentato le dichiarazioni di Bergoglio alla Tv svizzera che hanno scatenato la dura reazione di Kiev: «Per come la vedo io, il Papa chiede all’Occidente di mettere da parte le sue ambizioni e ammettere che si è sbagliato – dice all’Ansa – noi non abbiamo mai bloccato i negoziati». La versione di Zakharova è che secondo lei «ogni esperto, ogni politico, ogni diplomatico oggi capisce che – la situazione in Ucraina – è in un vicolo cieco». Ed è per questo, spiega che «molti diplomatici e Paesi chiedono negoziati». E ribadisce che il Papa parlerebbe solo all’Occidente a proposito della necessità di negoziare con Mosca «perché tutti nel mondo capiscono che l’Ucraina non è indipendente, che il regime di Kiev è sotto la pressione dell’Occidente».

La suocera del caso è effettivamente l’Occidente, che ha reagito come detto sopra e più avanti, con imbarazzo strategico misto a fariseismo culturale e irresponsabilità politica. V’è addirittura chi specula sulle differenze di pensiero fra il Papa e il suo segretario di Stato cardinale Parolin (tra questi Paolo Mieli a “Otto e mezzo”, facendo eco al proprio giornale, il “Corriere della sera”), come se in Vaticano, su un argomento così complesso e divisivo, non dovesse esistere un minimo di dialogo al proprio interno (cosa che, come osserva Massimo Cacciari, esiste in tutti gli Stati, Usa in testa).

Il tutto per evitare di assumersi le proprie responsabilità da parte della politica e non solo. Lucio Caracciolo, insigne esperto di geopolitica, intravede la formazione sul territorio di una linea difensiva ucraina parallela a quella russa: sembrerebbe la base per una tregua, invece…

Sono sinceramente patetici i massimi esponenti degli Stati appartenenti alla Ue, visto che la Ue è ben lontana dall’avere una voce unica: si incontrano, si abbracciano, si scambiano cordiali saluti, mentre alle loro porte c’è una guerra che ci coinvolge tutti. Sanno solo schierarsi in modo manicheo dalla parte ucraina, perpetuando la vera guerra, vale a dire quella tra Occidente e Russia, di cui l’Ucraina fa solo da avamposto, assolvendo la macabra funzione di carne da cannoni.

Le pubbliche opinioni vengono regolarmente distratte su altri problemi, i media si allineano (salvo rare eccezioni) alla narrazione dello scontro di civiltà democratica, il Papa viene considerato poco più di uno sclerotico vestito di bianco che pretende l’impossibile sventolio di bandiere bianche, chi osa assumere posizioni dettate dal buonsenso e dalla ragionevolezza è relegato ad amico del giaguaro putiniano, per non parlare dei pacifisti esorcizzati come autentici demoni da precipitare nell’inferno delle illusioni.

Il già citato giornalista Paolo Mieli sostiene che fra tutti gli Stati europei quello che ha tenuto una posizione più chiara e coerente è l’Italia, grazie a Mattarella, Draghi e Meloni. Toglierei subito dal mazzo Sergio Mattarella, che anche in questi ultimi giorni si sta smarcando dal coro bellicista e si sta pronunciando insistentemente per una forte azione europea di pace.

Un richiamo a fare di più per la pace, e a farlo come Europa, nel segno di San Benedetto. Sergio Mattarella, parlando a Cassino alla cerimonia commemorativa dell’ottantesimo anniversario della distruzione della città da parte degli Alleati, ricorda le parole di Paolo VI che «vent’anni dopo quei drammatici eventi nell’inaugurare la ricostruita Abbazia, volle tributare alla figura di San Benedetto il riconoscimento di essere Patrono dell’Europa. “Messaggero di pace – lo definì – realizzatore di unione, maestro di civiltà”. La nuova Abbazia ha la stessa vocazione ma ambisce anche a essere prova di un’accresciuta consapevolezza degli orrori delle guerre e di come l’Europa debba assumersi un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà. Ne siamo interpellati», ammonisce il capo dello Stato, a chiarire, ove ci fossero dubbi, che si sta parlando dell’oggi e non solo in chiave di commemorazione.

Parole che vengono dopo il forte richiamo a fare di più per la pace venuto da papa Francesco che Mattarella non cita, ma è chiaro il nesso fra la tradizione cristiana dell’Europa e la sua vocazione alla pace, proprio nel segno di San Benedetto, in un contesto in cui invece si levano voci, come quella del presidente francese Macron, che, viceversa, chiedono un aumento dell’impegno bellico da parte europea.  (dal quotidiano “Avvenire” – Angelo Picariello)

Draghi nel suo irrinunciabile filoamericanismo ha conferito solo dignità ed equilibrio alla posizione europea in merito all’aggressione russa e alla conseguente guerra difensiva dell’Ucraina: non è andato oltre. D’altra parte non si poteva e non si può chiedere ad un tecnico, seppure illustre, prestato alla politica, di assumere coraggiose posizioni in materie così delicate.

Giorgia Meloni, che in passato si era puntigliosamente, a volte in modo addirittura sbracato, distinta rispetto al coro occidentale ed europeo, non ha trovato di meglio che sfruttare opportunisticamente l’emergenza bellica per appiattirsi sulla più acritica delle strategie occidentali, coprendo in tal modo le perplessità sulla sua identità democratica e sulla sua capacità di governo.

Andiamo adagio quindi a fare di ogni erba un fascio pur di sposare la linea bellicista occidentale, come sta facendo l’autorevole Paolo Mieli. Non ce l’ho con lui, anche se mi infastidisce il suo costante opportunismo: l’ho preso a riferimento solo per rappresentare in esso la palude pseudo-culturale in cui facciamo il bagno, messi a nudo dalle guerre in corso.

Che dire? Se ci piace, andiamo avanti così e vinca il peggiore a prezzo della catastrofe. Speriamo che poi non si dica spudoratamente che il Papa poteva fare di più.