I laghetti moralistici, il mare papale e il pantano curialesco

Una piccola e breve premessa: mi piace da morire il Papa quando parla e agisce coraggiosamente in nome della pace, mi piace molto meno quando disquisisce moralisticamente in materia sessuale (mio padre smorzerebbe i miei ardori dicendo: “Bizògna stärog a ríddor e cridär).

Parecchi giorni or sono, durante una trasmissione televisiva Lucetta Scaraffia, una storica e giornalista cattolica che ragiona con la propria testa, presentando un suo libro, ha fatto un’affermazione piena di onestà intellettuale e in controtendenza rispetta alla narrazione storica anti-cattolica in tema di sessualità. Ha infatti ammesso che la tanto bistrattata enciclica di Paolo VI, la “Humanae vitae”, l’ultima scritta da papa Paolo VI e pubblicata il 25 luglio 1968, volta a specificare la dottrina sul matrimonio così come definita dal Concilio Vaticano II, non è stata quel rigurgito reazionario che molti considerano (magari senza averla letta), ma è stata profondamente innovativa, perché ha ammesso per la prima volta la possibilità di un controllo delle nascite, seppure con metodi naturali (d’altra parte a quei tempi le pillole anticoncezionali erano universalmente  assai discusse a livello di salute della donna).

Ho avuto modo di leggere in passato qualche pagina della suddetta enciclica e ne sono rimasto colpito per la sublime considerazione della sessualità e del matrimonio, anche se effettivamente non avevo colto lo spirito innovativo evidenziato, coraggiosamente ma obiettivamente, da Lucetta Scaraffia. Purtroppo siamo rimasti più o meno alla “Humanae vitae”, dalla quale sono passati ben oltre cinquant’anni. I tempi sono questi! Il cardinale Carlo Maria Martini ipotizzava che la Chiesa fosse rimasta indietro di duecento anni…

Dove voglio arrivare? A dire che gli insegnamenti della Chiesa vanno approfonditi, contestualizzati, evangelizzati, non buttati immediatamente nel bidone della spazzatura più o meno bigotta, ma sottoposti al vaglio della critica evangelica. È un consiglio che rivolgo innanzitutto a me stesso: il mio incontenibile e debordante spirito critico andrebbe usato con equilibrio (non sempre ci riesco, anzi…).

Manco a farlo apposta proprio in questi giorni papa Francesco si sta misurando con la tematica del sesso. Dopo avere ammesso la benedizione delle coppie di fatto e omosessuali è tornato sulla materia per precisare, ma anche per allargare il discorso (dove ci sta il più ci sta anche il meno). Mentre le precisazioni sembrano una camomilla somministrata agli intemperanti conservatori, intenti soltanto a disturbare il manovratore, l’allargamento del discorso è molto interessante ed edificante, anche se forse ancora un tantino precettistico e dottrinale (un vizio duro a morire).

«Nel cristianesimo – ha spiegato Francesco – non c’è una condanna dell’istinto sessuale. Un libro della Bibbia, il Cantico dei Cantici, è uno stupendo poema d’amore tra due fidanzati. Tuttavia, questa dimensione così bella della nostra umanità non è esente da pericoli. In sostanza, la lussuria è «dopo la gola, il secondo “demone” che sta sempre accovacciato alla porta del cuore». E «mentre la gola è la voracità nei confronti del cibo, questo secondo vizio è una sorta di “voracità” verso un’altra persona, cioè il legame avvelenato che gli esseri umani intrattengono tra di loro, specialmente nella sfera della sessualità». Bisogna guardarsi dunque da «una gestione malsana della sfera sessuale», perché la lussuria può avere conseguenze molto negative «anzitutto perché devasta le relazioni tra le persone». Con un riferimento implicito ai femminicidi il Papa ha infatti proseguito: «Per documentare una realtà del genere è sufficiente purtroppo la cronaca di tutti giorni. Quante relazioni iniziate nel migliore dei modi si sono poi mutate in relazioni tossiche, di possesso dell’altro, prive di rispetto e del senso del limite? Sono amori in cui è mancata la castità: virtù che non va confusa con l’astinenza sessuale, bensì con la volontà di non possedere mai l’altro».

In altri termini, «amare è rispettare l’altro, ricercare la sua felicità, coltivare empatia per i suoi sentimenti, disporsi nella conoscenza di un corpo, di una psicologia e di un’anima che non sono i nostri, e che devono essere contemplati per la bellezza di cui sono portatori. La lussuria, invece, si fa beffe di tutto questo: depreda, rapina, consuma in tutta fretta, non vuole ascoltare l’altro ma solo il proprio bisogno e il proprio piacere; la lussuria giudica una noia ogni corteggiamento, non cerca quella sintesi tra ragione, pulsione e sentimento che ci aiuterebbe a condurre l’esistenza con saggezza. Il lussurioso cerca solo scorciatoie: non capisce che la strada dell’amore va percorsa con lentezza, e questa pazienza, lungi dall’essere sinonimo di noia, permette di rendere felici i nostri rapporti amorosi».

La seconda ragione per cui la lussuria è un vizio pericoloso, ha spiegato ancora il Pontefice, è che «tra tutti i piaceri dell’uomo, la sessualità ha una voce potente. Coinvolge tutti i sensi; dimora sia nel corpo che nella psiche; se non disciplinata con pazienza, se non iscritta in una relazione e in una storia dove due individui la trasformano in una danza amorosa, essa si muta in una catena che priva l’uomo di libertà. Il piacere sessuale è minato dalla pornografia: soddisfacimento senza relazione che può generare forme di dipendenza».

Ecco dunque che «la battaglia contro la lussuria, contro la “cosificazione” dell’altro, può essere un’impresa che dura tutta una vita. Però il premio di questa battaglia è il più importante in assoluto, perché si tratta di preservare quella bellezza che Dio ha scritto nella sua creazione quando ha immaginato l’amore tra l’uomo e la donna. Quella bellezza che ci fa credere che costruire una storia insieme è meglio che andare a caccia di avventure, coltivare tenerezza è meglio che piegarsi al demone del possesso, servire è meglio che conquistare. Perché se non c’è l’amore, la vita è triste solitudine».  (dal quotidiano “Avvenire”)

Finalmente non si guarda più dal buco della serratura delle stanze da letto, non ci si perde nel ginepraio della morale sessuale che tanto male ha fatto a tutti, non ci si intrufola sotto le lenzuola dei cattolici, ma si inneggia all’amore da cui tutto prende significato. Non siamo ancora arrivati al capovolgimento di certe logiche, ma si respira un’aria nuova, merito di un papa di 87 anni, che ha deciso di fare incazzare i bigotti e i conservatori di cui son piene le fosse della cattolicità.

Mi prendo la libertà di aggiungere una regoletta mutuata da mio padre: quando adottava una decisione importante, quando aveva la necessità di interfacciarsi con qualche ambiente difficile, non si faceva condizionare dal freno minimalista, ma tendeva sempre al meglio, dicendo: «Bizoggna fogäros in ‘t al mär grand».  I papi, che non finiscono mai di stupire, sono molto meglio della marmaglia che li circonda. E allora guardiamo a loro piuttosto che al codazzo di teologi e moralisti che li circonda. Nonostante tutti i condizionamenti, hanno il coraggio di pensare col loro cervello e di parlare con il loro cuore.

Degli ultimi papi ho una mia originale idea riguardo al loro atteggiamento verso la Curia, gli intrighi e gli equilibri vaticani. Paolo VI soffriva, si macerava e poi si arrendeva all’impossibilità del cambiamento strutturale e ripiegava su quello della mente e del cuore. Giovanni Paolo I somatizzò il dramma al punto da morirne in pochi giorni. Giovanni Paolo II se ne fregò altamente, andò per la sua strada, si illuse di cavare anche un po’ di sangue dalle rape vaticane. Benedetto XVI ci rimase dentro alla grande e gettò opportunamente la spugna: si dice che il suo azzimato segretario lo sconsigliasse insistentemente di rassegnare le dimissioni, invece…

Papa Francesco ha rinunciato fin dall’inizio a riformare profondamente le strutture, accontentandosi, si fa per dire, di guardare sempre e comunque al Vangelo. Non è del tutto vero. Volete un esempio?

Il ruolo delle donne nella Chiesa è stato tra i temi al centro della riunione del Consiglio di cardinali, il cosiddetto C9 che si sta riunendo in Vaticano alla presenza del Papa. A guidare la riflessione dei porporati sulla presenza femminile sono state le testimonianze di suor Linda Pocher, figlia di Mara Ausiliatrice, docente alla Pontificia facoltà di scienze dell’educazione Auxilium, della consacrata nell’Ordo Virginum di Verona Giuliva di Berardino e della reverenda Jo Bailey Wells vescovo della Chiesa d’Inghilterra e segretario generale della Comunione anglicana. Come noto il C9 è un organismo istituito da papa Francesco il 28 settembre 2013 con l’obiettivo di coadiuvare e consigliare lo stesso Pontefice nel governo della Chiesa cattolica e nella revisione della Costituzione apostolica Pastor Bonus circa l’assetto della Curia Romana. (dal quotidiano “Avvenire”)

Se le donne pensano di ottenere un ruolo significativo nella Chiesa da questo organismo, possono mettersi tranquillamente il cuore in pace e rimanere ingessate in serie B. Sembrerebbe meglio il mare grande papale dei laghetti artificiali dove confluiscono fiumi e torrenti della melina cattolica.

Ma non esageriamo. Volete un altro esempio? Lo stile sinodale dovrebbe essere un’antica opzione della Chiesa cattolica, recentemente rinverdita da un pletorico, tortuoso e piuttosto inconcludente percorso di rinnovamento “democratico e partecipativo”. Senonché… mortus!

É stata cancellata dall’ordine del giorno dell’Assemblea plenaria dei vescovi della Germania la votazione dello statuto del Comitato sinodale, prevista inizialmente per la prossima settimana. Lo ha confermato il portavoce della Conferenze episcopale tedesca, Matthias Kopp alla Kna, l’agenzia di stampa dei vescovi di Germania. Una decisione che appare come diretta conseguenza della lettera con cui il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin e due capi dicastero della Curia Romana (i porporati Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, e Robert Prevost, prefetto del Dicastero per i vescovi) avevano chiesto il 16 febbraio scorso ai vescovi tedeschi di soprassedere all’iniziativa.

Il confronto in corso con la Chiesa cattolica in Germania segna dunque, per il momento un punto a favore del Papa, che già da ottobre aveva avvertito, in una missiva ad alcune teologhe, della sua contrarietà a tale organismo. Nel darne notizia, Vatican News evidenzia che il progetto di approvare gli statuti di un Comitato sinodale (costituito a novembre), teso a preparare a sua volta l’introduzione di un Consiglio direttivo e decisionale è «frutto del processo di riforma del Synodale weg, il discusso cammino sinodale tedesco avviato nel 2019». L’organismo riunirebbe 27 vescovi e diversi laici per continuare le discussioni e assumere eventuali decisioni sui temi dell’autorità ecclesiastica, del ruolo della donna, della morale sessuale e della vita sacerdotale. (dal quotidiano “Avvenire”)

Volete un altro esempio ancora?

Cancellare le differenze tra uomo e donna oggi significa «cancellare l’umanità»: ecco perché l’ideologia gender è «il pericolo più brutto». È questo il monito lanciato da papa Francesco durante l’udienza con i partecipanti al Convegno internazionale «Uomo-donna immagine di Dio. Per una antropologia delle vocazioni» promosso dal Centro di ricerca e antropologia delle vocazioni (Crav) e che si tiene in Vaticano nell’Aula del Sinodo. Parlando a braccio il Pontefice ha ringraziato i presenti per il tema scelto per l’incontro e ha messo in guardia dall’ideologia del gender, «che annulla le differenze». «Ho chiesto di fare studi a proposito di questa brutta ideologia del nostro tempo, che cancella le differenze e rende tutto uguale – ha poi annunciato Francesco -; cancellare la differenza è cancellare l’umanità. Uomo e donna, invece, stanno in una feconda “tensione”. (dal quotidiano “Avvenire”)

Non mi sento in grado di affrontare questa delicata tematica, ma il tono papale mi sembra semplicistico e sbrigativo, volto più a rassicurare i tradizionalisti che a porsi in dialogo col mondo senza essere del mondo.

L’attuale pontefice, quando sembra sganciarsi dalle logiche curiali e tradizionali per ragionare con la propria testa, è la volta che ricade nell’equilibrismo gerarchico deludendo le aspettative e spegnendo gli entusiasmi. In una recente intervista rilasciata a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, ha sgattaiolato sul tema dell’innovazione strutturale, affermando che la riforma più importante è quella dei cuori. Molto meglio è andata nell’intervista alla radio televisione svizzera: gli riesce meglio parlare di pace che di sesso.

Ha recentemente fatto una rapida incursione nella dottrina con la dichiarazione “Fiducia supplicans”, che apre alle benedizioni per coppie “irregolari”, comprese le coppie omosessuali.  Non l’avesse mai fatto. Si è scatenata una rissa teologica. Ha parlato di pace a tutti i costi e si è scatenata la reazione politica. Vorrà dire che quando intenderò affrontare certi delicati discorsi oltre che al pensiero del Papa, farò ricorso al Vangelo, non certo a quei signori con lo zucchetto bianco, rosso o paonazzo, che pretendono di insegnare come e quando si fa sesso e non certo a quei maître à penser che vogliono dimostrare che la guerra in certi casi (quelli che fanno comodo a loro) ci vuole.