La gentile rivoluzione gentiloniana

C’è in atto, siamo peraltro solo agli inizi e se ne sentono i primi rumors, una dietrologia difensiva, che teme ed esorcizza la fine della stagione politica del bolso dualismo Meloni-Schlein nonché del falso dualismo tra una destra capace di tutto e una sinistra buona a nulla.

Stando alle previsioni, saremmo alla terza edizione della politica prestata alla tecnica (o viceversa), dopo l’operazione Monti che mise fine (?) al regime berlusconiano e l’operazione Draghi che mise da parte (?) gli incapaci. Entrambe durarono poco perché la politica trovò immediatamente gli anticorpi e rimise in sella una classe dirigente tanto livorosa quanto inadeguata.

Cosa bollirebbe in pentola? Una strisciante giubilazione schleiniana favorita dal prevedibile esito negativo delle tornate elettorali imminenti, per far posto al rientrante Paolo Gentiloni, che farebbe da federatore della sgangherata area di centro-sinistra magari allargata ai malpancisti post-berlusconiani (con tanto di benedizione Mediaset), che avrebbe in Romano Prodi una sponda a livello italiano ed europeo, in Mario Draghi la punta di diamante nelle istituzioni Ue post elettorali, nello stesso Gentiloni o in personaggio da individuare il successore tecno-politico di una Giorgia Meloni logorata dai poteri forti, dall’economia in caduta libera, dalla litigiosità del suo esercito e dall’inevitabile debacle della ventilata riforma costituzionale.

In Italia chi tocca la Costituzione, è politicamente destinato a morire: meno male! Fin che si scherza si scherza… Giorgia Meloni ha posto l’asticella molto in alto ed è prevedibile che non riesca a superarla. Qualcuno, introduce nella complessa manovra di cui sopra anche un Sergio Mattarella, sempre più preoccupato della piega politica italiana, della debolezza governativa dell’Italia nel contesto internazionale e della inconsistenza sempre più marcata della classe politica sottostante.

C’è chi sta già gridando al golpe (la solita menata di chi non ha argomenti), mentre la Meloni fa preventivamente la vittima (la sua specialità). Personalmente, dopo essermi fatto una flebo di cinismo politico, non vedrei male del tutto la prospettiva abbozzata. Preferirei partire dai valori e su di essi costruire un’alternativa, ma a cosa serve la politica se non serve. Se serve, serve, se non serve, non serve.

Se fosse l’unico modo per dare una guida al centro-sinistra, sganciandolo dal velleitarismo di Elly Schlein, liberandolo dall’opportunismo di Giuseppe Conte e dall’estremismo di comodo dei cespugli vari, lo saluterei volentieri. Se fosse l’unica strada per riportare alla ragione gli elettori, tirandoli fuori dalla nefasta influenza di una destra più post-fascista che governista, più populista che liberista, più sovranista che europeista, non potrei che esserne molto compiaciuto.

Il disegno è piuttosto velleitario, complesso e confuso, ma lascia vedere in filigrana qualcosa di interessante: una sorta di combinazione virtuosa tra le auspicabili rivincite della politica seria ai danni di quella ridicola. Certo, Gentiloni non è De Gasperi, Prodi non è Moro, Draghi non è Ciampi. Mattarella è l’unico che tiene indiscutibilmente e credibilmente alto il marchio della politica con la P maiuscola: potrebbe essere il suo canto del cigno, il regalo finale a un’Italia che non lo merita.

Se saran rose fioriranno, a dispetto dei Belpietro, dei Sechi, dei Bocchino, degli operatori mediatici costretti ad una precipitosa conversione. In molti resterebbero spiazzati, masticherebbero amaro, griderebbero allo scandalo. Peggio per loro e, tutto sommato, meglio per l’Italia e l’Europa. Per il mondo si vedrà: potrebbe essere in arrivo uno tsunami politico dagli Usa. Un motivo in più per attrezzarsi. Chissà che di tutto ciò, almeno in parte, non si possa riparlare con cognizione di causa e con il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà di gramsciana memoria.