La società e la squadra del Napoli stanno diventando la perfetta sintesi delle contraddizioni del mondo del calcio. Finita la festa, gabbato lo santo: la pentola dello scudetto è stata scoperchiata. Ogni parvenza di etica è sparita al primo stormir di fronde pallonare e/o pecuniarie.
Da tempo si sa che le società calcistiche truccano i bilanci con le plusvalenze patrimoniali derivanti da sopravvalutazione dei calciatori: il Napoli è sul banco degli imputati della giustizia ordinaria e forse per la seconda volta di quella sportiva (la prima se l’era cavata in qualche modo). Credo sia solo la prosecuzione di una sputtanata generale, che probabilmente verrà messa a tacere per carità di Figc.
Non si è capito poi perché Luciano Spalletti, protagonista di uno storico scudetto napoletano, se ne sia andato: probabilmente per incompatibilità di carattere con una dirigenza invadente e imbarazzante e forse anche per le difficoltà nei rapporti con alcuni giocatori troppo pagati per essere professionalmente seri. Ne sta facendo le spese il suo successore, Rudi Garcia, venuto precipitosamente ai ferri corti con il divo Osimhen, insofferente alle critiche e in cerca di ulteriori milioni da incassare alla faccia della tifoseria.
Ad aggiungere un po’ di sale ci hanno pensato i social, sempre pronti a cavalcare le polemiche per lucrarne risonanza mediatica. Il divismo imperante è assoluto protagonista alla ricerca di soldi, sporchi o puliti, per mantenere in piedi un sistema che è alla frutta. Le polemiche servono a fare audience e affari.
Nel mondo del calcio non si salva nessuno: i presidenti sempre più protagonisti di una deriva finanziaria inarrestabile; i calciatori sempre più alla ricerca di compensi vergognosi che gridano vendetta al cospetto dello sport; gli allenatori incapaci di mettere in riga i bollenti spiriti dei giocatori; i tifosi servi sciocchi di un sistema malato; i media che mangiano pane a tradimento e cavalcano senza ritegno le contingenze di un mondo allo sfacelo.
Probabilmente Napoli ha osato troppo e, come si suol dire, c’è rimasta dentro. Ha inteso emulare le grandi piazze e, in men che non si dica, ha fatto cilecca tra sentimentalismi maradoniani e giocattoloni populisticamente emancipanti. Il pallone si sta sgonfiando e rimane un amaro e veloce ritorno alla normalità affaristica. Ma forse i gol di Osimhen riusciranno a mettere tutti d’accordo fino al prossimo rigore sbagliato, fino al prossimo singulto di finta autonomia di Garcia, fino alla virtuale sentenza di condanna di De Laurentiis. Forza Napoli!