La miglior vendetta è ragionare di pace

La tentazione di Israele, lo hanno promesso molti dei suoi politici, è di ripetere il motto di un generale coloniale inglese: «Dimostriamo a questi selvaggi che possiamo essere più selvaggi di loro». Sarebbe un nuovo errore. E non solo perché l’immane strage subita non giustifica l’uccisione di donne, uomini e bambini palestinesi innocenti; ma perché è questo che le forze estremiste e i pasdaran si aspettano: avere migliaia di morti da mostrare nell’inferno di Gaza, per rendere impossibile ai Paesi arabi un nuovo ulteriore avvicinamento al governo di Gerusalemme; e, nel contempo, aver dimostrato ancora una volta di essere i soli a poter vincere gli invincibili. (dal quotidiano “Avvenire” – Riccardo Redaelli)

Se la reazione israeliana può essere comprensibile, occorre che il mondo occidentale (e non solo), oltre che esprimere la propria solidarietà, a volte piuttosto pelosa o di circostanza, faccia valere il diritto ad esistere di tutti in pace. Se è vero che stanno saltando come birilli tutti gli equilibri internazionali basati, più o meno, sul terrore, è altrettanto vero che sarebbe assurdo tentare di ripristinare altri equilibri sempre basati sul terrore.

Questo processo di pace, per il quale siamo all’anno zero, può, a mio paradossale giudizio, essere favorito da due elementi tattici e contingenti: quando non si sa a cosa attaccarsi, bisogna fare i conti con la triste realtà per poi provare a cambiarla, recuperando da essa ciò che di “buono” può passare.

Il primo di questi elementi è costituito dalla presenza assai pesante, forse determinante, della Cina nello scacchiere internazionale: questo clima di guerra mondiale ai cinesi dà sicuramente fastidio, tutti intenti come sono a comprare il mondo e a tessere un filo affaristico nei rapporti con gli altri Paesi. Ebbene, proviamo a fare affidamento sulla Cina, proviamo a dare un minimo di credibilità ad essa, apriamo un dialogo difficile ma non impossibile. So benissimo che il discorso ha notevoli aspetti paradossali, ma meglio farneticare di coesistenza affaristica pacifica che di pazzesca e continua guerra a tutto campo.

Gli Usa devono abbandonare il loro istinto egemonico e rassegnarsi a contrattare a tutto campo con la Cina. In questo momento sarà ancor più difficile considerata la sudditanza patita nei confronti di Israele e l’attivismo bellico della Russia, ma non vedo alternativa. Il tentativo di rompere il fronte arabo non sta riuscendo e allora non resta che farla cadere dall’alto di una alleanza tattica Usa-Cina. Anche l’Iran con tutti i suoi annessi e connessi dovrà darsi una calmata.

Il secondo elemento riguarda l’Europa e la sua capacità di fare politica: non deve assolutamente interrompere gli aiuti ai palestinesi, ma subordinarli a precise garanzie di utilizzo pacifico. Questo potrebbe significare una difesa da potenziali attacchi terroristici, ma soprattutto una credibile posizione di proposta per uscire in qualche modo dal tunnel.

L’Italia è sempre stata e deve continuare ad essere “amica” dei palestinesi comprendendone i drammi sociali e territoriali: una strada in salita, ma molto importante, oserei dire imprescindibile sul piano etico e politico. Gli Israeliani faranno fatica come non mai ad accettare un simile posizionamento, che, in fin dei conti, giova anche a loro.

Possono sembrare discorsi dettati da cinismo di fronte alle strazianti scene di guerra che ci stanno impressionando. Occorre un bagno di sano realismo tattico-diplomatico per poi puntare a faticosi e progressivi nuovi equilibri di pace.

Purtroppo non si vede nessuno, persona o istituzione, che abbia il carisma e l’abilità per provare a dipanare questa matassa sempre più aggrovigliata. Quanto al ruolo della Cina solo papa Francesco ne ha capito l’importanza e sta tessendo una sua tela di rapporti. Quanto al ruolo dell’Europa non vedo personaggi all’altezza della situazione. Solo la storia, la cultura, il patrimonio dell’Europa possono diventare un punto di partenza in cerca di equilibri nuovi e pacifici.