Debolezza comune, mezza forza

Come fa un soggetto politico inconsistente qual è Giorgia Meloni a (man)tenere la ribalta e il consenso? Cosa le dà la possibilità di rimanere a galla in mezzo ai marosi delle tragedie italiane, europee e mondiali? Come è possibile che una donna fatta d’aria riesca a non volare e sparire dalla circolazione e a rimanere ancorata alla realtà che sembra schiacciarla?

Negli anni settanta e ottanta veniva pubblicizzato un integratore alimentare, l’ovomaltina, che dava forza per le imprese difficili al limite dell’impossibile. In cosa consiste l’ovomaltina meloniana?

Ho fatto lunghi studi (si fa per dire) e sono arrivato alla conclusione che Giorgia Meloni si regge solo ed esclusivamente sulla furbizia, che la spinge a contare non tanto sulla propria forza, peraltro inesistente, ma sulle debolezze altrui. Questo succede a tutti i livelli: passiamoli brevemente in rassegna.

Partiamo dal basso, vale a dire dalla maggioranza politico-parlamentare che la sostiene: a tutti è noto che non esiste grande armonia all’interno di questa accozzaglia; Tajani e Renzi remano spesso in direzioni opposte e non nascondono significativi dissensi verso la premier, che però li snobba, non li ha neanche in nota, perché ne conosce e sfrutta la debolezza culturale e politica. Cane che abbaia non morde: vale per Salvini; per Tajani “niént pighè in t’na cärta” oppure “da lu a niént da sén’na…”.

Proviamo a immaginare se Giorgia Meloni dovesse avere a che fare con un Silvio Berlusconi pimpante e un Umberto Bossi urticante. Ne uscirebbe malconcia e dovrebbe abbassare la cresta. Non è tanto questione di voti, ma di peso e personalità politica. Invece stradomina la situazione circondata dai suoi pretoriani e da una truppa di yesman. Anche nel governo riesce a tenere sotto controllo la situazione, tanta è la debolezza della compagine ministeriale oscillante tra insignificanza, pavidità e incapacità.

Passiamo al rapporto con l’opposizione: una vera e propria passeggiata in compagnia di una Elly Schlein ridotta a ruolo di comparsa, di un Giuseppe Conte che si accontenta di sparare alla viva Grillo, di un Carlo Calenda collaborazionista fino a mezzogiorno, di un Matteo Renzi che una ne fa e cento ne pensa. Se fosse per questa opposizione Giorgia Meloni resterebbe al governo del Paese fino alla vecchiaia e forse oltre.

Spostiamoci in Europa: gli interlocutori sono di basso livello e vengono giocati uno contro l’altro, tutti contro tutti, dopo di che chi la dura la vince. Andiamo dall’ingenuità di Ursula Von der Leyen ai capricci di Emmanuel Macron alle “sornionate” di Olaf Scholz alle posizioni schizofreniche dei “Visegradini” alle goliardate di Vox e c. Anche qui proviamo a ipotizzare un rapporto con Angela Merkel, con Helmut Schmidt e financo con François Hollande: le darebbero del filo da torcere…

Ma il livello più altolocato è quello statunitense: cavalcando la guerra russo-Ucraina Giorgia Meloni ha sedotto Joe Biden. Non sarebbe andata così con Barack Hussein Obama e nemmeno, udite-udite, con Donald Trump. Questa giovincella sfodera un becco di ferro notevole e riesce a navigare in modo spregiudicato quanto inconcludente in mezzo mondo. Ne sa qualcosa Sergio Mattarella costretto un giorno sì e l’altro pure a correggere il tiro governativo. A proposito di seduzione: John Kennedy, sessualmente parlando, puntava a Marilyn Monroe; Bill Clinton, sempre dal punto di vista delle scorribande sessuali, si accontentava di Monica Lewinsky; Joe Biden, nelle sue assurde acrobazie politiche (solo quelle, non mi permetterei mai di pensar male), va in brodo con Giorgia Meloni (il nonno che gira in mutande alla Casa Bianca con la nipotina straniera che riesce a vezzeggiarlo (almeno così ce la stanno più o meno raccontando).

Sulla piazza italiana la premier si difende o meglio nessuno la offende ad eccezione degli studenti, che rappresentano la sua spina nel fianco e che lei tratta regolarmente a manganellate. Il sindacato dei lavoratori abbaia, ma non morde. Le altre forze intermedie vengono approcciate e silenziate a colpi di corporativismo.

Ecco spiegato il successo di Giorgia Meloni, che addirittura sta tentando di accreditarsi come portatrice di una nuova cultura dominante. Quale non è dato di capire…  I media legano l’asino dove vuole il padrone, i social legano il padrone dove vuole l’asino.

Fino a quando durerà? Fino a quando la Meloni non imploderà sotto una valanga di debiti, fino a quando non arriverà qualche personaggio che la metterà in discussione e magari basterà un soffio per far crollare il castello di carte. E gli italiani continueranno a guardare in attesa che qualcuno dia loro una svegliatina. Dopo tutto la premier è furba e gli italiani amano le furbizie, finché non arriverà uno o una più furbo/a di lei e cambierà la musica. Mi tocca fare il tifo per i furbastri.