Nel pallone al centro

«Ci candideremo alle europee con il brand de Il Centro e non saremo soli: abbiamo nove mesi per mostrare il nostro percorso. Il mio è un appello a tutti i dirigenti di Iv a mettersi in gioco. E il primo a mettersi in gioco sarò io candidandomi al Parlamento europeo». Lo ha annunciato il leader di Italia Viva Matteo Renzi durante una conferenza stampa a Milano. Renzi si candiderà nel collegio del capoluogo lombardo. «Questo lo dico e lo faccio non perché uno sia alla ricerca di chissà quale ulteriore riga nel proprio curriculum – ha aggiunto il senatore – ma perché voglio affermare in nove mesi quello che nessuno sta affermando in Italia, ossia che c’è bisogno di dare una sveglia all’Europa sennò si va tutti a casa. L’Ue rischia di saltare». Rispondendo alle domande dei cronisti, Renzi ha detto di «scommettere su una maggioranza tra il Ppe e i socialisti senza Alternative für Deutschland, Vox o gli estremisti di sinistra». L’obiettivo, dunque, «è avere la stessa maggioranza che c’è stata adesso portando il nostro contributo con la nostra famiglia». (dal quotidiano “La Stampa”)

Che Renzi, col suo fantomatico centro italiano, possa essere il salvatore della Patria europea è un’ipotesi che rasenta il ridicolo. Prima di tutto basta con questo centrismo del cavolo che è solo uno spazio rifugio per i politici in cerca di visibilità. In Italia non c’è voglia di centro, ma desiderio di politica seria in qualsiasi parte dello schieramento ci si collochi e Renzi non risponde affatto a questa pressante domanda, avendo bruciato malamente tutte le chance di un tempo ed essendo solo alla spasmodica ricerca di un ruolo purchessia. Forse ha nostalgia di quel 40,8 % di voti ottenuti dal suo PD alle elezioni europee del 2014: campa cavallo…

Sotto-sotto e da tempo c’è in Renzi l’inconfessabile voglia di incarnare un Berlusconi riveduto e corretto che possa collocarsi in mezzo allo squallore vigente per riscattare la politica dal nulla in cui è sprofondata. L’affarismo internazionale, le punture mediatiche, l’atteggiamento da notabile sono tentativi di scopiazzare irripetibili cliché.

A Renzi bisogna riconoscere un certo fiuto politico e quindi la capacità di sfruttare le occasioni emergenti: si chiama tatticismo, che però nulla a da spartire con la politica che guarda non tanto alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni. Il discorso europeo è molto più profondo e complesso rispetto agli schieramenti ipotizzati da Giorgia Meloni e Matteo Renzi. Quanto all’Italia l’unica cosa buona che ci lascia Renzi è la presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella, da lui proposta più per disfattismo verso gli accordi dalemoniani che per lungimiranza politica. Accontentiamoci.

E pensare che mi ero illuso che Renzi potesse essere un personaggio positivo nell’evoluzione della politica italiana. Mi sono sbagliato. Avrei dovuto fare riferimento al criterio sbrigativo suggerito dal grande giornalista Indro Montanelli per giudicare le persone: “guardategli la faccia…”. Mia sorella era grande ammiratrice di Indro Montanelli, non per le sue idee politiche, ma per il suo approccio ai fatti e soprattutto alle persone. Quindi, quando apparve in prima battuta sulla scena fiorentina Matteo Renzi con tutto il suo profluvio di ambiziose e bellicose mire, andò a prestito dal suddetto criterio montanelliano. E infatti d’acchito sentenziò riguardo a Renzi: «Che facia da stuppid!». Non ebbe purtroppo tempo di vederne la scalata ai massimi livelli del partito e del governo e la caduta in basso successiva, quindi non sono in grado di sapere cosa ne avrebbe pensato in seguito e cosa ne penserebbe oggi. Posso solo immaginarlo.