Vox Hispaniae, vox Melonis

Le previsioni elettorali spagnole sono state almeno parzialmente smentite dalle urne: il vento di destra, che sembrava soffiare impetuoso spazzando via l’esperienza governativa di sinistra, si è quanto meno placato lasciando sul campo una situazione che assieme all’immediata ingovernabilità offre qualche speranza di ravvedimento operoso a livello di prospettive politiche spagnole ed europee.

Dietro la montante onda, che voleva una vittoria della destra a tinte fortemente voxiane, c’era in nuce il disegno molto meloniano e poco merkeliano di portare nel Parlamento europeo un’aria scaturente dall’alleanza tra popolari e destre sullo schema italiano attuale, vale a dire di un centro-destra molto spostato a destra in netta contrapposizione alla sinistra socialdemocratica e verde. Fine delle grandi coalizioni e ritorno alla dialettica politica con lo sdoganamento anti-europeo dei vari sovranismi e populismi sparsi nel continente.

Gli elettori spagnoli hanno imposto una brusca frenata a questa marcia apparentemente inarrestabile. Probabilmente hanno ragionato e reagito, portando in primo piano i problemi sociali (lavoro e salari) e mettendo da parte le sirene identitarie (Dio, patria e famiglia), nazionaliste (prima le vecchie patrie della nuova patria europea), egoiste (prima i cittadini nostrani di quelli d’immigrazione), populiste (meglio i popoli singoli delle burocrazie europee).

Leggo in questo risultato elettorale un flebile e disperato appello alla sinistra a fare il proprio mestiere prima che sia troppo tardi. Verrà colto a livello spagnolo ed europeo? Faccio una provocatoria e semplicistica provocazione: in Francia la gente protesta con violenza nelle strade, in Spagna reagisce col voto, in Italia…sale il gradimento di Giorgia Meloni.

Perché negli altri Paesi europei c’è, bene o male, una reattività popolare, che non trova sbocchi positivi immediati, ma riesce comunque a farsi sentire, mentre il Italia il malcontento c’è ma non si vede e soprattutto non riesce a farsi sentire? Alle piazze e alle urne gli italiani preferiscono i bar, dove tutti si rifugiano in quel paese che si chiama qualunquismo e dove si ha solo il coraggio di mandare a cagare la politica. È chiaro che in un simile clima la destra ha buon gioco, mentre la sinistra arranca. Fino a quando?

L’elettorato italiano saprà prima o poi scuotersi dallo scettico torpore, lasciare perdere l’antipolitica del leghismo prima e del grillismo poi, abbandonare le nostalgie identitarie del melonismo, rendersi conto dell’impoverimento socio-economico dilagante, darsi una mossa per ricominciare a fare gli inevitabili conti con la politica? Oppure continuerà ad applaudire Sergio Mattarella e a votare Giorgia Meloni: un autentico ossimoro dell’attuale storia italiana.

Quando se magna Viva la Spagna? Un tempo si usava l’espressione “o Franza o Spagna, purché se magna”, attribuita al fiorentino Francesco Guicciardini, che fu ambasciatore presso la corte di Spagna, diplomatico e condottiero al servizio del Papato, infine grande storico, per significare l’opportunismo italiano sempre pronto a stare dalla parte di chi gli garantisce un piatto di lenticchie. Oggi potremmo rivedere e correggere questo modo di dire: “niente Franza, niente Spagna anche se nun se magna”.