Scopa vecchia spazza meglio

Città del Vaticano. Il congedo ufficiale viene comunicato nel bollettino vaticano odierno, in mezzo a una notizia «Dalle Chiese Orientali» e un «Avviso di Conferenza Stampa», con tre righe: «In data 28 febbraio 2023, monsignor Georg Gaenswein ha concluso l’incarico di Prefetto della Casa Pontificia. Il Santo Padre ha disposto che dal 1° luglio rientri, per il momento, nella sua Diocesi di origine». Friburgo, Germania. Finisce così quella strana alchimia mai nata tra papa Francesco e l’Arcivescovo tedesco che per anni è stato segretario di Benedetto XVI.

Jorge Mario Bergoglio, appena eletto Papa, lo ha mantenuto nell’incarico che gli aveva assegnato il predecessore: prefetto della Casa pontificia. L’obiettivo di Francesco era che padre Georg diventasse una sorta di ponte tra i «due Papi» che coabitavano nel recinto di Pietro. Ma nel corso degli anni il Segretario particolare di Ratzinger è stato ritenuto più volte responsabile dei tentativi provenienti dalla galassia ultra-conservatrice di contrapporre Benedetto XVI a Francesco. (Domenico Agasso su “La stampa”)

La notizia non ha fatto notizia, ma mi sembra invece molto importante per diversi motivi. Innanzitutto è la conferma di uno scontro in atto nella Chiesa, non solo a livello di gerarchia, fra progressisti e conservatori. Stando a teologi e omileti vari, questa contrapposizione rappresenterebbe soltanto una politicizzata, semplicistica e fuorviante configurazione dei rapporti all’interno della istituzione e della comunità cattoliche: una sorta di paura nell’ammettere che purtroppo il sacrosanto pluralismo non viene esercitato nella ricerca di strade diverse per testimoniare il Vangelo, ma nella preoccupazione di rimanere più o meno legati al potere temporale.

D’altra parte è lo stesso papa Francesco che ammette l’esistenza di questo pericolo affermando: «Per quanto riguarda la gestione delle strutture e dei beni economici, in una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio». Sono abbastanza insistenti i suoi richiami a non strumentalizzare la tradizione facendone un paravento dietro cui nascondere un pernicioso istinto di conservazione.

Sta emergendo poi come questo scontro si fosse abbarbicato alla inedita coesistenza, pacifica ma delicata, fra i due papi, l’emerito Ratzinger e il regnante Bergoglio. Probabilmente a sua insaputa, attorno a Benedetto XVI si coagulavano subdolamente le visioni curialesche e conservatrici ammantate di una sorta di spiritualismo tradizionale contrapposto alla Chiesa da campo voluta da papa Francesco. Monsignor Georg Gaenswein, con la sua aria da colto e innocente damerino di corte vaticana, era forse il tessitore di questa tela anti-bergogliana e fortunatamente, anche se tardivamente, ci ha lasciato le penne.

L’ala conservatrice trova sicuramente e da sempre il suo riferimento fondamentale nella curia romana, un autentico baluardo pronto a far fuori chiunque voglia sovvertire certi equilibri di potere e considerare la Chiesa nel mondo ma non del mondo.  Ma non finisce tutto lì, il discorso è molto più geo-ecclesiale. Negli Usa molti vescovi lavorano da tempo contro Bergoglio, un papa progressista ma stretto in una tenaglia fra le spinte ultra moderniste dell’episcopato tedesco e le frenate reazionare e persino filo-trumpiane d’oltre oceano. Ho la netta impressione che il papa non si faccia impressionare più di tanto da queste contrapposizioni, ma che stia lavorando alla propria successione, collocando cardinali e vescovi a lui omogenei nei punti chiave della cattolicità e della gerarchia anche e soprattutto in vista del prossimo conclave, vicino o lontano che sia, mettendo a soqquadro il clima curialesco con iniziative all’insegna della trasparenza e della rimozione di incrostazioni consolidatesi nel tempo,  continuando a coltivare fin troppo il suo rapporto diretto col popolo di Dio e lavorando alacremente per accreditare la Chiesa come fucina cristologica a servizio dei poveri, degli emarginati e dei sofferenti di tutto il mondo.

La rimozione di monsignor Georg Gaenswein e le sue valigie per Friburgo altro non sono che un segno evidente della pulizia evangelica che Bergoglio sta portando avanti a modo suo. Forse l’età che avanza con gli incombenti relativi acciacchi della salute sta liberando papa Francesco dalle ultime remore tattiche nella sua azione pastorale: sembra dire “ora o mai più”.

Papa Ratzinger quando capì che la situazione era molto pesante e sproporzionata rispetto alle sue forze ebbe il coraggio di farsi da parte; papa Bergoglio ha capito che la situazione è sempre più pesante, ma prima di farsi da parte vuol provare ad affrontarla fino in fondo, non solo dietro le quinte ma di petto, senza timore di rimanerci dentro. Saranno due diversi ma convergenti soffi dello Spirito Santo?