Le grossolane coalizioni

Il profilarsi della cosiddetta “grossa coalizione” di governo in Germania sta togliendo ogni ritegno ai politologi di casa nostra, alle prese con la cucina post-elettorale italiana, per la quale si sbizzarriscono a stilare ricette assai poco stuzzicanti per l’appetito dei non addetti ai lavori.

Mentre i tedeschi si avviano al recupero per i capelli della loro sbandierata ma traballante stabilità, in Italia si dà per scontata la ingovernabilità e si studia il modo non tanto per evitarla – essendo da tutti ritenuta inevitabile, complice il sistema elettorale prevalentemente proporzionale – ma per governarla. Sissignori, in Italia, oltre i servizi segreti pubblici di zucconiana memoria, abbiamo la velleitaria capacità di ipotizzare “il governo dell’ingovernabilità” o, se piace di più, “l’ingovernabilità del governo”.

E allora giù con i governi tecnici, di emergenza, di transizione, del presidente: se mai mancava, si aggiunge un pizzico di suspense antipolitica al già intricato giallo elettorale. Senza mancare di rispetto ai cittadini italiani, mi chiedo cosa capiranno e soprattutto cosa penseranno davanti a queste pseudo-analisi politico-istituzionali: un perfetto assist all’astensionismo. Quanti reagiranno mandando tutti a quel paese!

Sono curioso di vedere come si esprimerà la base socialdemocratica tedesca a cui avevano fatto credere che il partito non si sarebbe più alleato con i popolari: in politica, come si suol dire, mai dire mai, tuttavia penso che gli elettori socialisti saranno piuttosto smarriti di fronte ad un simile   ribaltamento tattico. Forse la berranno da botte sull’altare della ragion di stato: loro sono capaci di farlo nel bene e nel male.

E gli italiani cosa direbbero, se l’indomani della consultazione elettorale si verificasse l’eventualità di un governo di “grossa coalizione”, sarebbe meglio dire di “grossolana coalizione”? Il consenso ai grillini, che ne sarebbero presumibilmente esclusi, schizzerebbe a livelli clamorosi. Non si tratterebbe tanto di questione di formula astrusa, ma di inspiegabile accordo tra politici in grado di vedere, sì e no, fino ad un palmo dal proprio naso. Qui sta il problema: la personalizzazione della politica non garantisce infatti una credibile e affidabile mediazione.

La storia italiana ha già vissuto momenti di grave incertezza: la democrazia cristiana non riusciva più a garantire un plausibile governo del Paese e il partito comunista era a metà del guado e non dava ancora garanzie sufficienti a livello democratico. Questi due partiti, sotto la guida di personaggi di prima grandezza e di grande statura, trovarono la quadra, anche se poi il percorso fu bruscamente interrotto dall’omicidio di Aldo Moro. Questi partiti, con tutti i difetti che avevano, riuscivano a garantire la rappresentanza politica, la credibilità istituzionale e l’attenzione sociale, pur nella difficile e problematica combinazione partitica e governativa. Oggi non è più così ed è quindi estremamente pericoloso avventurarsi in ardite operazioni, che verrebbero interpretate come fuga dalle responsabilità e ingannevole proposta. Ho già detto, e mi ripeto volentieri, che l’unico garante credibile per gestire situazioni emergenziali lo vedo nel presidente Mattarella. Smettiamola quindi di esercitarci su formule e combinazioni da settimana enigmistica,   diamo dimostrazione di senso civico andando a votare, cerchiamo di votare con la testa e lasciamo gestire il dopo-elezioni al presidente della Repubblica. Il resto è fuffa costituzionale, rissa politica e confusione mediatica.