Il cesso ovale

Finalmente Donald Trump ha detto pane al pane e vino al vino. Si è manifestato: la potremmo chiamare “Donaldepifania”. Ha confessato di avere portato la politica presidenziale americana dallo studio ovale al cesso della Casa Bianca. Ha risolto il doppio significato del termine gabinetto: fino ad ora si chiamava così la compagine di governo, ma anche il luogo dove si vanno a fare i propri bisogni; da oggi in poi saranno la stessa cosa.

Purtroppo infatti aver definito un cesso alcuni paesi poveri, da cui escono i migranti per raggiungere gli Stati Uniti, non è stato un infortunio lessicale, una battuta esagerata e/o imprudente: rispecchia fedelmente la mentalità di Trump e il suo sostanziale link con l’elettorato americano e con il modo di pensare di molti cittadini del mondo.

Pensavo che la politica si fosse trasferita dai luoghi istituzionali ai bar. Molto peggio! Ha traslocato nei cessi, dove, oltre compiere alcune operazioni fisiologiche, si imbrattano i muri con scritte oscene, dove si sfogano i propri istinti primordiali.

Se si dà una rapida occhiata in giro per il mondo, ci si accorge che questo non è l’andazzo di una certa america egoista, protezionista e isolazionista, ma è lo stile politico emergente più o meno in tutto il globo. Papa Francesco parla con insistenza di terza guerra mondiale. Io comincerei a parlare di Apocalisse culturale ed esistenziale.

L’unica speranza che mi rimane è che con questa “autoconfessione del cesso” sia stato toccato il fondo: c’è sempre un incidente, un trauma che costringe a rientrare in se stessi, a ravvedersi, a tornare a galla. La goccia disgustosa che fa traboccare il vaso populista? A volte basta poco per far aprire gli occhi alla gente. Difficile, ma non impossibile.

A ben pensarci anche la cosiddetta Brexit rientra in questa perversa “deriva del cesso”. Gli Scozzesi sono stati profeti fuori dalla patria. La loro propensione – seppure almeno in parte strumentale rispetto alle loro mire indipendentiste – verso l’Unione europea, è sfociata in rabbia ed ha trovato, per ironia del destino, un ulteriore motivo di ribellione nelle parole proferite proprio in Scozia nei giorni del referendum dall’aspirante candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump: «Vedo un reale parallelo fra il voto per Brexit e la mia campagna negli Stati Uniti». Quando Trump è apparso in tv, tutti i clienti di un bar si sono avvicinati allo schermo. Poi, hanno tutti assieme cominciato a urlargli insulti di ogni genere, il cui meno offensivo è stato senz’altro pig, porco. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere…

Ecco la dimostrazione di quanto affermavo sopra in modo paradossale. Stiamo andando ben oltre la politica nei bar. Perfino in questi luoghi, tradizionalmente vocati agli sfoghi parolai e sporcaccioni, si può mettere un limite al populismo deteriore. Ci sono riusciti in Scozia. Ci riusciranno gli americani? E noi Italiani? Non siamo lontano dai cessi della politica. Torniamo almeno al bar e chissà… Un tempo c’erano i circoli ricreativi agganciati alle parrocchie ed alle sezioni di partito: voleva dire che si poteva tranquillamente passare dalle chiacchiere da bar alle cose più serie. Proviamoci ancora!