All’inferno con telethon

E così la maratona natalizia di Telethon, finalizzata al sostegno della ricerca per combattere le malattie, ci mette la coscienza a posto? Ho seri dubbi e manifesto al riguardo tutte le mie perplessità.

È pur vero che lo stesso Gesù si è accontentato, alla sua nascita, di avere intorno degli “squallidi” pastori o dei ciarlatani maghi. È altrettanto vero che, una volta cresciuto, ha detto come anche un bicchiere d’acqua dato a chi ha sete possa rappresentare un grande merito di fronte al Padre Eterno. Oggi il nostro bicchiere d’acqua può essere un messaggino telefonico: versione evangelica informatica?

In materia di solidarietà mio padre aveva una regola d’oro: “S’a t’ tén il man sarädi a ne t’ cäga in man gnan’ ‘na mòsca”. Oggi può voler dire fare una telefonatina che sa tanto di pacca sulle spalle?

Mantengo tutto il mio scetticismo, anche se mi rendo conto che può fare rima con disfattismo. Credo sia tutta questione di atteggiamento interiore molto spesso coperto dall’esteriorità: siamo infatti alla industrializzazione spettacolare della beneficenza. La vedova al tempio butta segretamente qualche spicciolo nel tesoro vincendo la gara con chi ostentava offerte assai consistenti. Noi abbiamo messo d’accordo la vedova coi ricchi farisei: spettacolarizziamo tutto, anche pochi spiccioli, e ci illudiamo di essere bravi e buoni. Abbiamo modernizzato l’elemosina contestualizzandola scientificamente e finalizzandola umanamente.

Attori, cantanti, conduttori televisivi, sportivi, cronisti, giornalisti: tutti allineati e coperti a sostegno della ricerca contro la malattia. Cosa vogliamo di più? Non siamo forse nella società quasi perfetta? Se ci fermiamo in superficie può anche essere, se appena scendiamo di un millimetro cambia tutto. È sempre la solita storia che il Natale porta inesorabilmente a galla: la forma non può cambiare la sostanza. Non scherziamo per favore. Una importante ed esperta funzionaria ministeriale diceva spesso a me, giovane e sprovveduto professionista da strapazzo: «Dottor Mora, si ricordi che la forma è sostanza!». Ebbene ciò può essere vero in campo burocratico ed amministrativo, ma in campo culturale e sociale…

Ricordo quando da studente diedi qualche lezione privata ad un ragazzino che scolasticamente faceva fatica a stare al passo. Alla fine del ciclo mi arrivò a casa un pacco dono con dentro un bel regalo. La famiglia benestante di quel bambino mi aveva ricompensato. Un carissimo e disincantato amico mi disse: «Caro Ennio, questa è la giustizia dei ricchi…». Sì, è la giustizia di telethon, quella delle maratone televisive, quella dei ricchi epuloni che si degnano di guardare di sfuggita i poveri Lazzaro e gli allungano un pezzettino di pane. Meglio di niente, ma l’inferno non ce lo toglierà nessuno.