Di fronte ad un neonato gli atteggiamenti tipici e ricorrenti sono due: la spasmodica e quasi maliziosa ricerca delle somiglianze e l’ansiosa previsione del futuro. A chi assomiglia? Cosa farà da grande? Mio padre, in merito alle somiglianze, di me diceva: «Al m’ somilia da chi in zo!» segnando la cintola dei pantaloni.
Ebbene, il giorno in cui è nata la candidatura ufficiale, peraltro preparata da una scontata e rigorosamente grillesca gestazione, a capo del governo da parte del movimento cinque stelle, vale a dire quella di Luigi Di Maio, ho avuto per combinazione l’opportunità di rivedere una trasmissione di Rai Storia sui primi anni della Repubblica Italiana ed in particolare su Alcide De Gasperi, che ne fu il lungimirante, prestigioso e autorevolissimo presidente del Consiglio, ricco di intuizioni quasi profetiche (pensiamo ad Alleanza Atlantica ed Europa Unita), capace di governare il nostro Paese in un periodo difficilissimo, portandolo fuori dalle tremende secche del dopo-guerra.
Mettendo a confronto i due personaggi, senza mancare loro di rispetto, mi è venuto spontaneo usare la battuta paterna: «Si assomigliano politicamente dalla cintola in giù…». Sono infatti esterrefatto di fronte alla debolezza politica, culturale, umana della candidatura Di Maio: un minus habens che si è montato la testa, un presuntuoso, come tutti gli ignoranti, alla spasmodica ricerca di una carriera fulminante, un personaggio che, ai tempi della cosiddetta prima repubblica, avrebbe sì e no potuto ricoprire l’incarico di segretario di una sezione di partito (di quelle piccole e periferiche).
Allora i casi sono due, dal momento che nutro una certa considerazione dell’intelligenza, forse sarebbe meglio dire dell’astuzia, di Beppe Grillo, che continuo a considerare leader insostituibile di questo movimento e pensando, nella parafrasi del titolo di un noto film, che nei pentastellati sotto Grillo non ci sia niente. O Grillo si è stufato delle risse da cortile del suo pseudo-partito, delle immaturità e incapacità dimostrate sul campo dai suoi adepti, della estrema debolezza di una classe dirigente capace solo di sbraitare a vanvera e quindi se ne vuole rapidamente liberare cooptando alla successione della sua leadership questo ragazzino viziato; oppure vuole continuare a tenere saldamente in pugno e in scacco la dirigenza dei cinque stelle consacrandone la precarietà tendente alla nullità.
In entrambi i casi farebbe gioco un personaggio squallido da cestinare in brevissimo tempo o da manovrare come un burattino: siamo arrivati a questo punto. E pensare che una buona percentuale di italiani sembrerebbe orientata a votare per questi parvenu della politica, che pretenderebbero di cambiare il mondo gridando qualche slogan e facendo girare la trottola del web.
Non ci credo, pur ammettendo che spesso le forze politiche sembrano fare di tutto per spianare la strada all’antipolitica: sono convinto che Grillo la pensi come me e stia conseguentemente tirando i remi in barca, prima di fare una pessima figura e chiudere malamente bottega. Staremo a vedere, intanto, come diceva la pubblicità di un detersivo, provino gli Italiani a fare l’esame finestra a Luigi di Maio, mettendolo a confronto con tutti i presidenti del consiglio che si sono succeduti a Palazzo Chigi nella storia repubblicana. Ne uscirà una prospettiva piuttosto nera, ancora in tempo per adottare le giuste contromisure, prima che la culla grillina diventi la bara italiana.