È sempre difficile stabilire fin dove il comportamento delle persone, soprattutto dei giovani, sia determinato dai condizionamenti esterni o dalle decisioni autonomamente adottate a livello individuale. Nessun uomo è un isola e quindi tutti risentiamo, più o meno, dell’influsso della mentalità corrente. Questo discorso vale ancor di più se riferito a persone in età giovanile.
Vengo al dunque: è inutile pretendere che il diciottenne Donnarumma affronti le questioni riguardanti la sua carriera da calciatore in assoluta autonomia, ragionando con la propria testa. È oltre tutto cresciuto in un ambiente bacato come quello del calcio, dove il facile, breve e lusinghiero successo sono l’obiettivo da perseguire, dove montarsi la testa è quasi obbligatorio, dove il divismo è la regola, dove l’affarismo è la sintesi di ogni vicenda sportiva. Buttare la croce addosso ad un diciottenne e promettente calciatore, perché sembra intenzionato a passare all’incasso con una certa precipitazione, senza andare troppo per il sottile, mi sembra una cattiveria che solo gli assurdi “perbenisti” del calcio possono concepire e attuare (i finti dollari lanciatigli e gli striscioni offensivi rivoltigli sono iniziative di bassa macelleria psicologica e umana).
C’è però l’altro aspetto della medaglia. Gigio Donnarumma, il portierone prematuramente esaltato in modo eccessivo, dovrebbe provare a crescere, non in altezza (lo è forse fin troppo), ma in cultura etico-professionale. Non si faccia aiutare da mediatori senza scrupoli. Abbia l’umiltà di consigliarsi con persone di provata esperienza e moralità. Sappia che la vita, per un calciatore, non gira soltanto attorno ad un pallone ed al relativo portafoglio. Ricordi che oggi tutti sono pronti ad incensarlo, ma domani, al primo accenno di debolezza (una qualche gatta sarà inevitabile anche per lui, lo renderà più simpatico ed umano, ma i censori non gliela perdoneranno), da promessa sprofonderà in delusione per la critica e la tifoseria (non saprei quale delle due temere di più). Faccia i conti non solo con gli ingaggi astronomici, ma con l’impostazione di una professione molto più complessa e difficile di quanto possa sembrare.
Si può essere seri lavorando in un ambiente così poco serio? Non lo so. Questi giovani talenti, usciti dai vivai delle grandi società dove è stato loro inculcata l’idea che tutto deve essere sacrificato alla religione calcistica, mi fanno sinceramente molta pena. Hanno anche una responsabilità nei confronti dei loro coetanei, che li osservano come esempi da imitare e “sgolosare”. Coniugare l’impegno professionale con il successo, la serietà sul lavoro con il guadagno facile, la correttezza con la convenienza: sono sfide che valgono per tutti, anche per Donnarumma. Auguri, caro Gigio. Anzi, in bocca al lupo!