Sessanta milioni di animali domestici, in media uno per ogni abitante della penisola. Dati che mi inducono a pensare. Premetto di non essere un amante degli animali: li rispetto, sono pronto a difenderne i diritti, ma non ho la vocazione ad ospitarli. Chiedo scusa quindi agli animalisti se potrò sembrare un po’ brutale nei miei ragionamenti.
Pur facendo la tara trilussiana alle medie, bisogna prendere atto che sicuramente moltissimi italiani hanno nelle loro abitazioni un animale più o meno impegnativo ed è sperabile che lo trattino bene, anche se non è sempre detto. Mantenere un animale ha un costo significativo. Allora, chi se lo può permettere non pianga miseria, per cortesia. E non mi si faccia credere che sessanta milioni di animali domestici siano ospitati solo dai benestanti.
Conclusione forse azzardata e provocatoria: siamo per caso più attenti e accoglienti verso gli animali che verso gli umani? Per un cane c’è sempre spazio, tempo e danaro; per un figlio bisogna pensarci due volte prima di metterlo al mondo; di un anziano si deve far carico la società; per un immigrato neanche a parlarne, stia a morire nel suo Paese, se arriva da noi rimandiamolo a casa, se muore in mare, pace all’anima sua.
«Per favore, stiamo morendo. Per favore, 300 persone, stiamo morendo». Questo era il grido disperato che nel 2013 non venne raccolto né dall’Italia né da Malta, che preferirono giocare allo scarica-immigrato. E morirono in 268.
E noi, a livello europeo ci palleggiamo le responsabilità e alziamo i muri, a livello italiano stiamo a far le pulci alle Ong, a livello politico facciamo la graduatoria dei disperati, a livello sociale difendiamo con le unghie e coi denti il nostro benessere disturbato da chi ci chiede un “pezzo di accoglienza” e, con tutto il rispetto per i cani, preferiamo questi nostri amici ai nostri simili che muoiono di fame, di miseria, di tortura, di guerra, di naufragio.
Poi ci commuoviamo quando ci sbattono sotto gli occhi certe immagini di bambini morti nei nostri mari. Mio padre mi faceva osservare come se cade un cavallo durante una corsa, siamo subito pronti ad esclamare: «Pòvra béstia…». Se cade un nostro simile magari ci facciamo una bella risata. Così va il mondo. Essere trattati come cani: si dice così per dare l’idea di essere maltrattati. Gli immigrati potrebbero paradossalmente accontentarsi di esser equiparati ai cani di casa nostra.
Un mio carissimo amico si chiedeva: «Non so cosa aspetti il Padre Eterno a distruggerci tutti…». Stiamo bene attenti però. Il Padre Eterno ha tanta pazienza, ma prima o dopo pagheremo queste nostre cattiverie. Stando al Vangelo qualcuno ci chiederà: «Ero disperato, ero scappato dalla guerra, stavo morendo in mare e tu mi hai detto di telefonare a Malta…». La conseguenza, per ciascuno di noi, non sarà una passeggiata. E se qualcuno non crede alla giustizia divina, dovrà vedersela con quella della storia. In fin dei conti gli immigrati che arrivano sulle nostre coste non ci stanno presentando il conto di innumerevoli nostre malefatte verso continenti, popoli e nazioni? Pagheremo caro, pagheremo tutto!