La strana mappa del terrorismo islamico

Il terrorismo islamico sembra colpire a casaccio, senza una strategia, sembra sparare nel mucchio: fino ad ora ha colpito, seppure in modo più o meno drammatico ed eclatante, diversi Stati europei, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Svezia. L’Italia manca all’appello. In molti si chiedono come mai. Si tratta di una lacuna jihadista, di una distrazione terrorista, di un puro caso o di una scelta dell’Isis e dei suoi adepti?

Le ipotesi possono essere tante e provo ad elencarle in rapida successione, sperando di non “gufare” cabalisticamente e di non essere smentito prossimamente.

La prima ragione potrebbe riguardare un più efficiente controllo a livello poliziesco e dei servizi di sicurezza. Si è fatta strada infatti l’idea che l’Italia abbia in tal senso un apparato meglio organizzato, più capillare e più consistente rispetto ai partner europei. Noi siamo soliti sottovalutarci ed autoscreditarci, ma, in questo caso, dobbiamo pur ammettere di non essere secondi a nessuno, anzi… Non credo tuttavia   basti a giustificare una certa esenzione dal terrorismo.

Forse in Italia, tutto sommato, c’è più accoglienza, più integrazione e conseguentemente meno radicalizzazione degli islamici? Anche questo potrebbe essere un motivo valido da considerare: guardando spannometricamente la mappa del terrore in Europa, non sembra tuttavia individuabile una scala di intensità degli attentati collegabile al diverso livello e modello di integrazione degli immigrati.

Potrebbe trattarsi invece di una scelta tattica riconducibile al fatto che il nostro Paese sia molto esposto ai flussi migratori e quindi non convenga al jihadismo irritarlo col rischio di provocare innalzamento di “muri” e scelte politiche di sbarramento: una sorta di tolleranza verso la porta di ingresso da cui passano le correnti migratorie all’interno delle quali direttamente o indirettamente pesca la centrale del terrore a livello di foreign fighter di andata e di ritorno. A ben pensarci anche la Grecia, che può essere geograficamente assimilata   a questo tipo di discorso, non è stata significativamente colpita (almeno che io ricordi).

Oltre la geografia anche la storia potrebbe giustificare in parte questo esonero italiano: l’Italia nella sua politica passata e presente non è stata particolarmente aggressiva verso il mondo arabo (anzi…), non ha rappresentato una punta di diamante nella guerra all’Islam, non si è distinta a sostegno di operazioni belliche impegnative. Non si tratta certo di una medaglia al valor islamico, ma potrebbe collocarci ad un livello di rischio attentati inferiore rispetto ad altri Paesi ben più intolleranti e bellicisti.

In questi ultimi tempi ho sentito una fantasiosa ma interessante motivazione da bar sport, sulla quale confesso di avere esitato prima di accantonarla come la solita sparata chiacchierona. Qualcuno sostiene che ci difenda paradossalmente la mafia con i suoi infiniti tentacoli che arriverebbero anche alle centrali del terrorismo islamico. Che la mafia possa concludere affari con gli scafisti è molto probabile, che possa intravedere un business nella gestione dell’accoglienza e dell’integrazione degli immigrati pure, che ne approfitti per arruolare manovalanza a livello di sfruttamento del lavoro e financo di delinquenza da utilizzare non mi stupirei affatto, ma che possa addirittura incidere sulla strategia globale del terrorismo islamico candidandosi ad esserne una quinta colonna nel nostro Paese francamente mi sembra un po’ eccessivo.

Una cosa è certa, non possiamo illuderci di essere fuori dal mirino e di poter sbrigare all’italiana questa complessa pratica. Mi riferisco all’immigrazione ed alla lotta al terrorismo, due discorsi collegabili e collegati, non per l’assurda e razzistica equivalenza migrante=terrorista, ma nel senso di accogliere e gestire razionalmente le migrazioni a valle, di rimuovere a monte le cause del fenomeno migratorio e di evitare quindi un possibile brodo di coltura per il jihadismo islamico.

È una delle tante sfide, forse la più difficile, che il mondo pone all’Europa e che l’Europa fatica ad affrontare in modo coordinato ed integrato. Un muro di qua, un bel gesto di là, una sparata razzista qui, una iniziativa aperturista lì. Tra il macabro gioco del rimpallo degli immigrati e l’inconcludente spezzatino dei servizi di sicurezza. In questo modo non si va da nessuna parte.