In Russia sembra che le piazze dicano sul serio, che la gente, toccata nel vivo dalla crisi economica (è sempre il portafoglio che spinge anche le più nobili battaglie) – una crisi che risente anche delle sanzioni poste dall’Occidente in conseguenza dei comportamenti aggressivi verso l’Ucraina e non solo – e logorata dalle ingiustizie a cui si accompagnano i soprusi dell’oligarchia dominante e i disastri della corruzione dilagante, stia reagendo in modo deciso e largo. Lo zar Putin si starebbe preoccupando, vedendo, tra l’altro, la sua marionetta Medvedev scoperta con le dita (mani e piedi…e tutto il resto) nella marmellata (perverso sistema affaristico coinvolgente i boiardi di stato e i governanti in un mix mafioso e intollerabile).
Come spesso accade, soprattutto ai regimi dittatoriali o autoritari, alle difficoltà interne si cerca di rispondere con la politica estera, ai nemici interni si tenta di contrapporre gli amici esterni. Per la Russia si tratta dell’intervento armato contro l’Isis che è diventato l’alibi per tessere le più strane ed improbabili alleanze tattiche: dal nuovo piccolo compagno di merende, il turco Erdogan, al grande commensale Trump, dai “tardivi serpenti incantati” dell’Est Europa, ai precipitosi e vomitevoli Europei “sputatori nel piatto dove mangiano”.
Fra tutti costoro chi mi irrita maggiormente sono gli antieuropei italiani – anche se forse molto più pericoloso è il Front National di Marine Le Pen, corsa recentemente a baciare la pantofola del sanguinario Zar di Russia ed a promettergli il ritiro di ogni e qualsiasi sanzione – in particolare quei leghisti, che, agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, esponevano il cappio in Parlamento per protestare ed aizzare le folle in occasione di tangentopoli.
A parte che “tanto contesta la gatta il lardo che ci lascia lo zampino” – mi riferisco ai coinvolgimenti di esponenti leghisti in faccende politicamente sporche e squallide – oggi questi signori fanno l’occhiolino a Putin il cui sodale Medvedev, quanto a tangenti, fa sfigurare l’Italia. Non capisco cosa trovino di interessante per il futuro del nostro Paese in un’intesa con personaggi simili, dico personaggi perché i leghisti non nascondono una certa simpatia anche per Donald Trump a cui Matteo Salvini, in piena campagna elettorale americana, aveva addirittura carpito un selfie.
Devo rivalutare convintamente Umberto Bossi (per il quale non credo nemmeno al coinvolgimento in un giro sporco, in cui probabilmente amici e famigliari hanno abusato del suo nome e della sua posizione, approfittando della sua evidente menomazione psico-fisica), un gigante, politicamente parlando, a fronte del nanerottolo Matteo Salvini (qui si cambia sempre in peggio). Questo assurdo leader sta vendendo per un piatto di lenticchie in salsa russa, una storia italiana, europea, occidentale, che forse non conosce nemmeno. Questo signore fa il populista schierandosi con la peggior specie di affamatori e oppressori del popolo. Follie pure! E il tredici per cento di Italiani sarebbero disposti a votarlo. E gli altri esponenti del centro-destra gli balbettano addosso offerte di intesa e collaborazione.
E Beppe Grillo? Non ha nascosto qualche simpatia putiniana e trumpiana, ma ondeggia. Probabilmente molto dipenderà dalla piega che prenderà in Russia la rivolta “delle scarpe da ginnastica”: a Grillo ne servirebbero parecchie paia, al posto delle forbici che usa a piene mani, da far calzare ai suoi colonnelli (maschi e femmine) per farli camminare senza troppi riguardi, sia prima che dopo le loro nomine. Ultimamente si sta rifacendo un verginità europea con l’ipotesi di una moneta fiscale italiana. Quando una persona si trova in imbarazzo, si usa ironicamente auspicare per lei una domanda di riserva. Per Grillo ci vuole una moneta di riserva e, forse, per chi gli va dietro qualcos’altro di riserva…