Il salvagente mattarelliano

Regole e strumenti ci sarebbero per affrontare questa fase e allora perché il sistema multilaterale sembra non riuscirci, con il rischio del ripetersi di quanto accaduto negli anni Trenta del secolo scorso: sfiducia nella democrazia, riemergere di unilateralismo e nazionalismi? Oggi come allora si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle. Interessi di chi? Dei cittadini? Dei popoli del mondo? Non risulta che sia così. Le conseguenze di queste scelte, la storia ci insegna, sono purtroppo già scritte.

(…)

L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà? Può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice”. Bisogna scegliere: essere “protetti” oppure essere “protagonisti”? L’Italia dei Comuni, nel XII e XIII secolo, suggestiva ma arroccata nella difesa delle identità di ciascuno, registrò l’impossibilità di divenire massa critica, di sopravvivere autonomamente e venne invasa, subì spartizione. L’Europa appare davanti a un bivio, divisa, come è, tra Stati più piccoli e Stati che non hanno ancora compreso di essere piccoli anch’essi, a fronte della nuova congiuntura mondiale. L’Unione Europea è uno degli esempi più concreti di integrazione regionale ed è, forse, il più avanzato progetto – ed esempio di successo – di pace e democrazia nella storia. Rappresenta senza dubbio una speranza di contrasto al ritorno dei conflitti provocati dai nazionalismi. Un modello di convivenza che, non a caso, ha suscitato emulazione in altri continenti, in Africa, in America Latina, in Asia. Costituisce un punto di riferimento nella vicenda internazionale, per un multilateralismo dinamico e costruttivo, con una proposta di valori e standard che abbandona concretamente la narrazione pretestuosa che vorrebbe i comportamenti dei “cattivisti” più concreti e fruttuosi rispetto a quelli dei cosiddetti “buonisti”. L’Unione Europea semina e dissemina futuro per l’umanità. Ne sono testimonianza gli accordi di stabilizzazione internazionale stipulati con realtà come il Canada, il Messico, il Mercosur. Le stesse politiche di vicinato, le intenzioni messe in campo dopo la Dichiarazione di Barcellona sul partenariato euro-mediterraneo (siamo a trent’anni da quella data). Occorre che gli interlocutori internazionali sappiano di avere nell’Europa un saldo riferimento per politiche di pace e crescita comune. Una custode e una patrocinatrice dei diritti della persona, della democrazia, dello Stato di diritto. Chiunque pensi che questi valori siano sfidabili sappia che, sulla scia dei suoi precursori, l’Europa non tradirà libertà e democrazia. Le stesse alleanze si giustificano solo in base a – transeunti – convergenze di interessi e, dunque, per definizione, a geometria variabile, o riguardano anche valori?

(…)

Aldo Moro, lo statista italiano assassinato dalle Brigate Rosse, nella sua qualità di presidente di turno delle allora Comunità Europee (raccoglievano 9 Paesi), intervenendo nella sessione conclusiva della Conferenza di Helsinki, si proponeva di dare senso alla fase di distensione internazionale che si annunciava, sottolineando che significava “l’esaltazione degli ideali di libertà e giustizia, una sempre più efficace tutela dei diritti umani, un arricchimento dei popoli in forza di una migliore conoscenza reciproca, di più liberi contatti, di una sempre più vasta circolazione delle idee e delle informazioni”. L’Unione Europea – e in essa Francia e Italia – deve porsi alla guida di un movimento che nel rivendicare i principi fondanti del nostro ordine internazionale sappia rinnovarlo, attenta alle istanze di quanti dall’attuale costruzione si sentano emarginati. Una strada che non è quella dell’abbandono degli organismi internazionali né quella del ripudio dei principi e delle norme che ci governano ma di una profonda e condivisa riforma del sistema multilaterale, più inclusiva ed egualitaria rispetto a quanto furono capaci di fare le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, cui va, tuttavia, riconosciuto il grande merito di mettere insieme vincitori e vinti per un mondo nuovo. Servono idee nuove e non l’applicazione di vecchi modelli a nuovi interessi di pochi. (dall’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia di consegna dell’onorificenza accademica di Dottore honoris causa dall’Università di Aix-Marseille: «L’ordre international entre règles, coopération, compétition et nouveaux expansionnismes»)

 

Il Presidente della Repubblica, come sempre, interviene autorevolmente e tempestivamente nei momenti difficili della vita politica ed istituzionale. In questi giorni, in cui il governo italiano balbetta e commette veri e propri strafalcioni in materia di multilateralismo, di europeismo e di rispetto per i valori costituzionali, se ne sentiva più che mai la necessità. Dal momento che però le nobili parole del Capo dello Stato rischiano di entrare da un orecchio e di uscire dall’altro dei nostri governanti e dei componenti dei nostri organi istituzionali, complice un sistema mediatico che premia le stucchevoli polemiche e non affronta i nodi sostanziali delle contingenze e delle emergenze democratiche, sarebbe necessario che Sergio Mattarella si facesse sentire dando qualche benefica frustata a chi di dovere.

Pur ammettendo la mia crassa ignoranza, pur non volendo essere importuno (chi sono io per giudicare il presidente Mattarella?), mettendo in campo tutta la mia sensibilità politica e la mia buona fede, insisto nel chiedere qualcosa di più facendo di seguito alcuni esempi.

Il conflitto in atto fra governo italiano e magistratura sta assumendo toni e contenuti inquietanti: non potrebbe Sergio Mattarella, dall’alto del suo ruolo di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, intervenire chiedendo ai Magistrati di abbandonare la guerra difensiva per adottare lo stile del dialogo costruttivo? L’autonomia della Magistratura non avrebbe niente da perdere, ma al contrario il ruolo dei giudici acquisirebbe ancora maggior credibilità ed efficacia. Ci sono punti su cui si può discutere, altri su cui non si può transigere. La Costituzione italiana è l’esempio di compromesso ai livelli più alti, proviamo a rimanere fedeli a questo stile.

Dal momento che per dialogare occorrono due o più interlocutori, non potrebbe il Capo dello Stato chiedere espressamente e pubblicamente al governo di tenere un atteggiamento dialogante, abbandonando ogni e qualsiasi intento punitivo nonché ogni e qualsiasi volontà di asservimento del potere giudiziario al potere esecutivo?

In questi virtuosi tentativi Mattarella avrebbe il consenso del popolo italiano, che vede in lui una sorta di buon padre della famiglia democratica istituzionale del Paese.

Faccio un secondo esempio. Non potrebbe Mattarella inviare un messaggio alle Camere, chiedendo espressamente una pronuncia a favore della fedeltà alle organizzazioni internazionali quale via per la costruzione di una pacifica convivenza. Chi si potrebbe chiamare fuori? Se qualcuno intendesse farlo, lo dovrebbe dichiarare, assumendosene le responsabilità di fronte ai cittadini che non mancherebbero di riscontrare eventuali gravissime successive incoerenze.

Azzardo un terzo esempio. E se Mattarella rivolgesse, davanti ai parlamentari europei eletti in Italia appositamente convocati al Quirinale, un messaggio alla nazione per ribadire la irreversibile e indiscutibile nostra vocazione europea, ponendola quale pregiudiziale irrinunciabile rispetto alla politica estera italiana? Chi gliela darebbe buca, chi oserebbe tenere i piedi in due staffe, chi farebbe il pesce in barile, chi si dichiarerebbe europeista per poi rincorrere le sirene trumpiane?

Penso che sarebbero opportune “forzature” costituzionali: a volte non basta bussare,  bisogna spingere le porte che sembrano aperte, ma che in realtà rischiano di rimanere sprangate. E se qualcuno osasse fare critiche e censure, Sergio Mattarella potrebbe rispondere autocitandosi: «Abbiamo dimostrato di saper agire con efficacia nelle crisi, come durante la pandemia, e di saperci opporre con unità di intenti alle inaccettabili violazioni del diritto dei popoli, come nel caso dell’aggressione russa all’Ucraina. Con la stessa efficacia d’unità dobbiamo ora rinnovarci, per salvaguardare la sicurezza e il benessere dei popoli europei e contribuire alla pace mondiale, a partire dalla dimensione mediterranea e dal rapporto con il contiguo continente africano. Non può guidarci la rassegnazione ma la volontà di dare contenuti ai passaggi necessari per ottenere questi risultati».