Il corridoio delle chat perdute

Il libro del giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini, ‘Fratelli di chat’, riporta alcune conversazioni tenute via Whatsapp tra Giorgia Meloni e gli esponenti del suo partito, conversazioni in cui si offende apertamente il vicepremier della Lega Matteo Salvini, ma non solo.

A leggere quei messaggi, il segretario della Lega non è ben voluto tra i dirigenti di Fratelli d’Italia. È definito “Un ministro bimbominkia”, “un cialtrone”, “ridicolo”, “disadattato”, “poveretto”, “incapace”, “un Renzi di destra”, un politico che fa “accordi sottobanco con Renzi per il cognato Denis Verdini”. Sono scambi di messaggi pieni di insulti nei confronti del leader della Lega, scritti in un periodo che va dal 2018 al 2024.

Ce ne è anche per la Lega, considerato un partito che “non ha onore” e “non rispetta la parola data”. Il giornalista Giacomo Salvini, anticipando alcuni contenuti del volume, ha pubblicato ieri diversi messaggi di qualche anno fa della premier, che scriveva: “Sulla cosa delle accise Salvini dovrebbe andare a nascondersi”, nel 2018, mentre nel febbraio 2020 criticava così il Carroccio: “Secondo me il messaggio che va fatto passare, che è la verità, è che la Lega è un partito che non mantiene la parola data. Hai voglia a fare il partito di destra se non hai onore”.

A chiamare il ministro dei Trasporti “bimbominkia”, è stato, nel dicembre 2018 – in un periodo quindi in cui Lega e Fdi non erano alleati – l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, braccio destro di Meloni, che scriveva: “Ministro bimbominkia colpisce ancora”, frase scritta su WhatsApp dopo la visita in Israele dell’allora ministro dell’Interno, che definì i componenti di Hezbollah “terroristi islamici” aprendo uno scontro diplomatico con il Libano.

Ma non è tutto. Dura la trasmissione Piazza Pulita condotta da Formigli sono stati rivelati altri dettagli, per esempio a proposito delle difficoltà del partito di Meloni nel prendere le distanze dal fascismo. In una conversazione del 2021, Meloni commentava con i suoi un editoriale di Ernesto Galli della Loggia, il quale criticava la premier per le sue difficoltà a condannare esplicitamente il fascismo, da tutti i punti di vista. La premier scriveva ai suoi: “Più facile a dirsi che a farsi…”, e poi aggiungeva: “Diciamo che se per esempio dite ai nostri consiglieri regionali di non mettere claretta e ben come sottofondo alle loro conferenze stampa mi date una mano”, alludendo a una canzone scritta da un gruppo neofascista.

E c’è anche l’attuale ministro per Affari europei, Tommaso Foti, che riferendosi a Benito Mussolini lo definiva “un gigante”, con la ‘G’ maiuscola.

Ricorre poi frequentemente la parola “infame”, termine utilizzato per criticare “intellettuali, giornalisti, politici che da destra ‘tradiscono’ criticando Meloni e Fratelli d’Italia. Un affronto che – scrive il giornalista del Fatto nel suo libro – i parlamentari meloniani non possono accettare proprio perché proveniente da intellettuali considerati alla stregua, se non peggio, degli oppositori di sinistra. L’appellativo, però, viene spesso utilizzato anche per denunciare coloro che passano all’esterno le informazioni”.

La chat Whatsapp in questione, della quale precisiamo che non sono stati diffusi messaggi su fatti privati, è stata chiusa a ottobre 2024, e la stessa Meloni aveva smesso quasi del tutto di scrivere dopo la nascita del governo con la Lega. L’unico messaggio recente della premier su Salvini è una critica velata sui ritardi dei treni: “Ah sì il blocco della linea. Ma sono molto soddisfatta invece. Pensavo saremmo tornati al dorso di mulo e invece ci sono ancora i treni dopo due anni…” (fanpage.it)

 

Non mi è mai piaciuto sbirciare dal buco della serratura per scoprire elementi inconfessabili nel comportamento delle persone: vale anche per la politica finché essa rimane una questione privata. Dal momento in cui la politica diventa un fatto pubblico, le cose cambiano. Una stronzata detta fra amici al bar può essere tranquillamente tollerata, una stronzata circuitata su una chat politica non mi scandalizza, ma mi incuriosisce soprattutto se rivela risvolti e retroscena che influiscono sui comportamenti di persone che rivestono rilevanti cariche pubbliche.

Da questo autentico immondezzaio della politica emerge di tutto: la fantasia viene superata da una realtà che rivela la peggior specie di partitocrazia: colpi bassi, insofferenze, attacchi, volgarità, chi più ne pensa più ne metta. Ho partecipato per diversi anni alla vita di un partito come la Democrazia Cristiana, in cui non mancavano contrasti e battaglie, ma tutto aveva un limite anche perché, pur trovando nel potere i prodromi di questi scontri, il tutto era comunque riconducibile a diverse visioni culturali e politiche e non a mere manciate di fango o addirittura di merda. Il più incallito doroteo di quei tempi era un esempio di virtù politiche rispetto agli attuali esponenti di questa destra inqualificabile (mi sembra torni di moda a rovescio la questione etica di berlingueriana memoria).

Il punto dolente è la credibilità di questa frazione piuttosto consistente di classe politica. A tal proposito, prima di proseguire, permettetemi di riferirvi quanto detto da uno psicologo ad un mio carissimo amico in merito alla credibilità della testimonianza dei genitori nei riguardi dei figli. “I figli giudicano i genitori da due comportamenti molto precisi: da come si rapportano con il coniuge e da come affrontano il lavoro”.

Se trasferisco questa regola in campo politico dovrei dire: “I cittadini dovrebbero giudicare i loro rappresentanti politici da due comportamenti molto precisi: da come si comportano con i colleghi e finanche con gli avversari e dai presupposti culturali della loro azione istituzionale”.

Non è possibile collaborare con un leader e il suo partito (vedi Salvini e Lega) considerandoli dei mentecatti o roba del genere; non è accettabile la criminalizzazione sistematica di chi osa criticare o dissentire o deve esercitare una funzione di controllo e garanzia e viene considerato per ciò stesso “infame”; non è ammissibile operare in un sistema democratico costituzionale mantenendo simpatie per il fascismo e il suo capo. Mi paiono queste le più clamorose contraddizioni emergenti dalle chat di Fratelli d’Italia.

Non può che uscirne una sfiducia, magari ingiustamente e qualunquisticamente allargata a tutto il sistema, che, nella migliore delle ipotesi, si sfoga nell’astensionismo dal voto elettorale.

Un tempo si diceva fate come dico e non come faccio, oggi per saltarci fuori bisognerebbe dire fate come non dico e come non faccio. Leggendo e ascoltando il contenuto di questi scambi di opinioni in libertà mi sono vergognato per i loro autori: non ho riso e non ho pianto, sono solo andato immediatamente ai leader che hanno accompagnato il mio modestissimo impegno politico. Altre persone, altri valori, altra politica. Quanta nostalgia…ognuno ha la sua nostalgia: chi rimpiange Mussolini e chi rimpiange Moro.