Posso essere stanco del cinismo straparlante dell’attuale geopolitica? Lo sono e me ne vanto. La politica ha raggiunto nei rapporti internazionali un livello infimo: buio fitto a qualsiasi parte ci si volga. Si va dalla schizofrenica ricerca su più tavoli della finta pace alla folle ma lucida ricerca di equilibrismi di vera guerra. Siamo arrivati persino agli insulti personali.
Gli Usa di Trump stanno impostando un regime a prescindere dai valori democratici; il mondo è in mano a una cricca di delinquenti che si sostengono a vicenda; l’Europa, vaso di coccio, rischia l’isolamento e l’irrilevanza, schiacciata com’è fra vasi di ferro; l’Italia nei suoi attuali governanti non ha nemmeno il coraggio di ammettere questa rovinosa realtà e cerca di galleggiare giochicchiando col più forte.
Durante le animate ed approfondite discussioni con alcuni carissimi amici, uomini di rara coerenza etica e politica, agli inizi degli anni novanta, si constatava come alla politica stesse sfuggendo l’anima, come se ne stessero andando i valori e rischiasse di rimanerci solo la “bottega” ed al cittadino non restasse che scegliere il “negozio” in cui acquistare il prodotto adatto alla propria “pancia”. Fummo facili profeti.
Gli americani hanno scelto Trump quale miglior prodotto della loro squallida bottega. Gli europei si limitano a gestire le loro botteghe separate, dove si affastellano surrogati dei genuini prodotti di un tempo.
Gli osservatori si rendono conto del menefreghismo suicida dell’Unione europea, i protagonisti sembrano accontentarsi di gestire il loro particolare e confuso interesse, i popoli, storditi e fuorviati dai problemi contingenti e dalle illusorie ricette, faticano a vedere prospettive di medio e lungo periodo.
Per fortuna l’Italia, se da una parte esprime un governo che non si riesce a capire dove voglia parare, dall’altra parte mette in evidenza due personaggi che lanciano precisi appelli e segnali di rilancio europeo e di ritorno ad un clima di rispetto per il diritto internazionale: Sergio Mattarella e Mario Draghi.
Il Presidente della Repubblica ha dichiarato: “Da tre anni a questa parte la posizione dell’Italia, e in questo ambito quello che io personalmente ho sempre espresso ai numerosi interlocutori internazionali con cui mi sono incontrato, è nitida, limpida, chiarissima: quella dell’invito del ristabilimento del diritto internazionale e della sovranità di ogni Stato e della sua indipendenza e dignità, qualunque sia la sua dimensione, piccolo o grande che esso sia. Questa ferma, vigorosa affermazione sui principi della Carta dell’Onu, del diritto internazionale, dell’eguaglianza della dignità di ogni Stato è stata la base del sostegno che l’Italia, con l’Unione europea e con gli Stati Uniti, ha assicurato all’Ucraina: resistere alla violenza delle armi”. “Questa posizione è sempre stata accompagnata dall’auspicio che la Russia torni a svolgere il proprio ruolo di grande rilievo e importanza nella comunità internazionale, nel rispetto di quei principi, del diritto internazionale e della dignità e sovranità di ogni Stato. Questo auspicio ho sempre fatto negli incontri che ho avuto: è un auspicio di rispetto del diritto internazionale, rispetto della Carta delle Nazioni Unite, della sovranità di ogni Stato e degli impegni bilaterali”.
L’Italia – ha detto ancora il presidente della Repubblica – ha sempre auspicato il rispetto degli “impegni bilaterali. A questo riguardo forse è utile ricordare che quando l’Ucraina, con il consenso della Russia, divenne indipendente all’inizio degli anni Novanta, disponeva nel suo territorio di una grande quantità di armi nucleari: circa un terzo dell’arsenale nucleare che era di quella che era stata l’Unione sovietica era in possesso dell’Ucraina sul suo territorio. Su sollecitazione degli Stati Uniti e della Russia l’Ucraina ha trasferito, ha consegnato alla Russia alcune migliaia di testate nucleari di cui disponeva e di cui era in possesso, che l’avrebbero certamente messa al sicuro da ogni aggressione e invasione. A fronte di quello, nel trattato sottoscritto con Russia, Stati Uniti, Regno Unito, l’Ucraina registrava l’impegno di quei Paesi, la Russia anzi tutto, a rispettarne e garantirne l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale”, ha ricordato il capo dello Stato.
“Questo – ha aggiunto – è il mondo che noi vorremmo che si ripristinasse, quello in cui si rispettano gli impegni assunti, in cui si rispetta il diritto internazionale”. Il presidente ha ribadito l’auspicio che “si raggiunga una pace giusta e che non sia fittizia, fragile, superabile o accantonabile nell’arco di poco tempo”. (adnkronos)
Un uomo di Stato che ha il coraggio di esprimere apertamente e coraggiosamente queste idee, nell’attuale clima sbruffonescamente maligno e presuntuosamente vocato alla rovina, non può che creare fastidio e imbarazzo, anche perché probabilmente lo si teme come possibile rifacitore di un’Europa unita e impegnata. Le stizzite, reiterate e scomposte reazioni russo-putiniane dimostrano ulteriormente, se ce ne fossa bisogno, la giustezza dei richiami mattarelliani.
Un’Europa vulnerabile, incapace di essere competitiva in una fase in cui è proprio su questo aspetto che si gioca la sfida a livello internazionale. Una vulnerabilità che nasce anche dalla frammentazione della Difesa. L’ex premier Mario Draghi è tornato a spronare l’Unione europea a suo avviso bloccata da eccesso di burocrazia ed eccesso di regole. A cinque mesi dalla pubblicazione del famoso rapporto sul futuro della competitività europea, che porta il suo nome e che Draghi aveva elaborato su incarico della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, in occasione della Settimana parlamentare europea 2025 del Parlamento europeo a Bruxelles l’ex presidente della Commissione europea ha ribadito l’Unione europea deve attrezzarsi a far fronte a novità nei cambiamenti economici e politici globali. Ed «è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre di più come se fossimo un unico stato – ha affermato -. La complessità della risposta politica che coinvolge ricerca, industria, commercio e finanza richiederà un livello di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo».
Insomma, l’Ue «è il principale nemico di se stessa». Oggi non può più esserlo. Il mondo “confortevole” di qualche tempo fa è finito, le dichiarazioni che arrivano oltreoceano portano a prevedere che l’Ue, presto «dovrà garantire da sola la sicurezza dell’Ucraina e della stessa Europa». Il tempo delle attese e dei veti è terminato. «Non si può dire no a tutto, altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’Ue. Quindi quando mi chiedete “cosa è meglio fare ora” dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa!», sono le parole, nettissime, con cui Draghi ha accompagnato la sua relazione in sede di replica. Parole che hanno ripercorso, di fatto, l’incipit dell’intervento dell’ex presidente della Bce. «Dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity. La risposta dell’Ue deve essere rapida, intensa, su vasta scala», ha scandito Draghi prendendo la parola in Aula all’Eurocamera. (ilsole24ore.com)
Mario Draghi ha la personalità, l’esperienza, la professionalità, la competenza e l’autorevolezza per farsi ascoltare e per prendere in mano la patata bollente europea.
Queste due rondini nel cielo europeo e mondiale potranno fare un po’ di primavera? Non vedo altro di veramente interessante all’orizzonte, che possa rilanciare la politica sulla base di valori e principi determinanti.
Quanto ai valori è utile fare riferimento a quanto segue. Al termine di una interessante intervista pubblicata sul quotidiano “Avvenire” è stato chiesto a Massimo Cacciari: “Non vede valori da cui l’Europa può ripartire?”. Il filosofo ha risposto: «Ci sono radici difficili da estirpare completamente, che contrastano radicalmente con l’opinione comune corrente. Da un punto di vista laico e non credente, penso che una di queste possa essere l’Europa della cristianità. Bisognerà vedere se questa radice è ancora in grado di dare frutti sul piano della convivenza civile, dei valori, se potrà ancora essere “sale della terra” sul piano delle ragioni politiche e sociali».