La tempesta nel bicchiere sessuale

La goccia ha fatto traboccare il vaso?! Magari…Temo invece che il tutto si asciugherà in fretta, anche perché esistono degli aspiratori fenomenali che rimettono in breve le cose a posto.

Il clamore mediatico riservato al recente e sconvolgente femminicidio mi insospettisce. Stiamo parlando troppo e, come si suol dire, le chiacchiere stanno in poco posto. Anche la reazione giovanile nelle piazze e nelle scuole non mi convince. I media poi si salvano la coscienza con qualche spot educativo di maniera, immediatamente seguito da messaggi pubblicitari a furor di culi e tette con tanto di virilità pronta ad intervenire. Sarebbe peggio l’indifferenza, ma esiste l’interesse prezzolato che aggrava la situazione e anche l’attenzione del momento a cui subentra spesso la quiete culturale dopo la tempesta sociale.

Prendiamo ad esempio il discorso della educazione sessuale nelle scuole e non solo nelle scuole. Sarei favorevolissimo anche alla luce delle mie infantili e adolescenziali esperienze. C’è qualcuno che teme, con qualche ragione, di schematizzare e burocratizzare il sesso, facendone una pura materia di studio tra le risatine sporcaccione degli alunni. Qualcuno sostiene che basterebbe insegnare ed apprezzare la cultura e l’arte per creare un antidoto alle degenerazioni maligne: il rapporto fra Renzo e Lucia nei Promessi sposi (già materia di insegnamento) dovrebbe essere una fonte formativa ben più importante di un corso di lezioni psicologiche sui rapporti fra uomo e donna (provate a indovinare chi l’ha detto: Vittorio Sgarbi!). Qualcuno aggiunge che non si deve scaricare sulla scuola il disimpegno della famiglia e l’assenza o insufficienza di tutte le altre agenzie educative. Qualcuno teme che la pezza sia peggio del buco riducendo la sessualità a mera e parziale dissertazione teorica, dopo di che nel concreto entrerebbero in gioco i social, la pornografia, il bullismo, le discoteche a rimettere le cose giù di posto.

Tutto abbastanza vero e sostanzialmente riconducibile ai fondamenti della nostra società. Il sesso è parte integrante e strutturale del sistema in cui viviamo. La pubblicità è tutta basata su di esso: la donna oggetto domina la scena e il maschio, plenipotenziario ma comprimario, la rincorre, la possiede e la getta via dopo l’uso.  Il consumismo ruota attorno al gusto femminile ridotto a frenetica ricerca del sex appeal. I media sono più pornografici della pornografia, propongono subdolamente modelli sessuali accattivanti ma illusori e sbagliati. I salotti televisivi sono uno stimolo per i guardoni ed i curiosoni. Le Tv spazzatura impazzano e hanno il becco di ferro di farsi censori della società in cui guazzano.

O troviamo il coraggio, individuale e collettivo, di reagire a questo andazzo sistemico, altrimenti restiamo comunque prigionieri di un patriarcato riveduto e scorretto in sesso libero, di una parità di diritti sotto le mentite spoglie della parità di difetti, di una pacifica convivenza fra generi che prescinde dai sentimenti e dall’amore in particolare.

Attenzione a non ripetere sul piano psico-sociale l’errore che il marxismo ha fatto su quello politico-economico. La struttura rimane l’economia, la politica può solo contenerne alcune storture, la società sta a guardare a meno che non parta dall’attenzione alla persona. Solo così si può cambiare qualcosa. La nostra Costituzione ha saputo impostare questo discorso: è la bussola giusta! Partiamo sempre e comunque dalle persone e dal rispetto che meritano. Questo è il principio che dobbiamo ficcare in testa ai bambini, non a parole, ma con la testimonianza.

Non facciamo i predicatori sulla famiglia e sulla scuola, perché di prediche se ne fanno anche troppe: tutti ne parlano più o meno a proposito, i politici, i religiosi, i giornali, i sociologi, gli psicologi e chi più ne ha più ne metta, per predicare bene e razzolare male, per illudersi ed illudere che il tutto si possa risolvere con leggi restrittive o liberali, rispolverando rigidi dogmatismi, elaborando analisi dotte, riportando interminabili inchieste etc. etc.

Per concludere questo sconclusionato commento, permettetemi di riferire quanto detto da uno psicologo ad un mio carissimo amico in merito alla credibilità della testimonianza dei genitori nei riguardi dei figli. Lasciamo perdere il fatto se gli psicologi meritino o meno l’attenzione che l’attuale società sta loro riservando. Se posso dire la mia, aprendo una breve parentesi, nutro poca stima nei confronti di tre categorie di esperti, studiosi (no scienziati): psicologi, sociologi ed economisti. Spero di non offendere o irritare nessuno perché di paradossi si tratta. Gli psicologi hanno sempre ragione in quanto, per il dritto o per il rovescio, in un modo o nell’altro, in un senso o nel suo contrario, trovano sempre una spiegazione, piuttosto campata in aria, e nessuno è in grado di confutarla. I sociologi, come detto più autorevolmente da altri, si dedicano alla elaborazione sistematica dell’ovvio, si limitano cioè a fare una fotografia della realtà. Gli economisti elaborano teorie che si rivelano sempre e sistematicamente sbagliate: in parole povere non ci pigliano mai.

Mio padre sarebbe oltremodo d’accordo ed aggiungerebbe: “Sì. I päron coj che a l’ostarìa con un pcon äd gèss in simma a la tävla i mètton a pòst tùtt; po’ set ve a veddor a ca’ sòvva i n’en gnan bon äd fär un o con un bicér…”

Forse sono stato poco “complimentoso”, ma un po’ di verità in quel che ho detto c’è, eccome. Nel caso specifico però quanto “confessato” dallo psicologo al mio amico lo voglio prendere per “buono” non foss’altro per la stima, che nutro nei confronti di tale amico. “I figli giudicano i genitori da due comportamenti molto precisi: da come si rapportano con il coniuge e da come affrontano il lavoro”. Ed è così anche per gli educatori in genere e per tutti coloro che svolgono ruoli di responsabilità a livello sociale. Della serie “fate come faccio e non solo come dico”.