Aborto, i dogmatismi paralleli

In un Paese che conosce livelli senza precedenti di ricorso all’aborto, è responsabile per un governo lanciare segnali alla popolazione che rischiano di banalizzare la pratica? Di fronte alla volontà dell’esecutivo francese d’inserire nella Costituzione la «libertà» o «diritto» d’abortire, i vescovi francesi invitano la classe politica a riflettere in profondità su questa prospettiva. (dal quotidiano “Avvenire”)

Sono fermamente contrario all’approccio dogmatico antiabortista della Chiesa cattolica. Don Andrea Gallo diceva sconsolatamente: «Sta’ a sentire, non incastriamoci nei principi. Se mi si presenta una povera donna che si è scoperta incinta, è stata picchiata dal suo sfruttatore per farla abortire o se mi arriva una poveretta reduce da uno stupro, sai cosa faccio? Io, prete, le accompagno all’ospedale per un aborto terapeutico: doloroso e inevitabile. Le regole sono una cosa, la realtà spesso un’altra. Mi sono spiegato?».

Alcuni anni or sono, quando andavo a fare visita ad una mia carissima cugina, ricoverata all’ospedale maggiore di Parma in stato di coma vegetativo, mi capitava di imbattermi, all’entrata, in un gruppetto di donne che recitavano ostentatamente il rosario in riparazione dei peccati riconducibili all’aborto. Mi davano un senso di tristezza e di pochezza. Per non mancare loro di rispetto frenavo l’impulso di interrogarle provocatoriamente: «Ma voi cosa sareste disposte a fare per una donna sull’orlo dell’aborto? Avreste il coraggio di ospitarla in casa vostra? Avreste la generosità di sostenerla economicamente in modo continuativo? Avreste la forza di aiutarla umanamente ad una scelta così difficile rispettandone la sofferta decisione?».

Provocatori interrogativi rimasti nella mia immaginazione. È comodo pregare per o addirittura contro… È facile mettere a posto la coscienza snocciolando una cinquantina di avemaria e…chi ha il problema si arrangi…

L’aborto è certamente una scelta drammatica e, diciamolo pure, contro natura. Non mi sento però di criminalizzare la donna che, certamente in modo sofferto, decida in tal senso e di colpevolizzarla, né sul piano civile, né sul piano etico, né a livello religioso. Lei, sì, farà i conti con la sua coscienza e chissà quanta sofferenza ne ricaverà. Semmai bisognerebbe sforzarsi di essere più vicini alla donna in procinto di assumere decisioni così delicate.

Mi risulta che durante un colloquio tra papa Giovanni Paolo II e monsignor Hilarion Capucci venne presa in considerazione la drammatica situazione di monache stuprate per le quali si sarebbe posta l’eventuale possibilità dell’aborto. Monsignor Capucci era favorevole ad affrontare con grande flessibilità e realismo questi dolorosi casi. Il papa era drasticamente contrario ad ogni eccezione alla regola antiabortista. Ad un certo punto la tensione salì e il “trasgressivo” porporato chiese provocatoriamente al Papa: «Ma Lei, Santità, crede di essere Dio?». Il papa, probabilmente preso alla sprovvista, non seppe rispondere altro che: «Preghiamo, preghiamo…».

Con tutto il rispetto per l’allora Papa credo che pregare sia importante, ma non basti. La Chiesa, a livello istituzionale ma ancor più a livello pastorale, sta assumendo qualche atteggiamento di comprensione. Sarebbe quindi più che opportuno abbandonare ogni velleità dogmatica per mettere in primo piano la coscienza di tutti, anche quella dello Stato laico.

Se la Chiesa deve uscire dal dogmatismo che lascia il tempo che trova, non ha però tutti i torti nel discutere il dogmatismo laicista che in questi giorni sta trovando in Francia una provocatoria espressione. Che l’aborto diventi addirittura un diritto basilare sancito nella Costituzione mi sembra a dir poco eccessivo, sbrigativo e fuorviante. L’aborto può essere, purtroppo e non sempre, una soluzione estrema ad un dramma, ma di qui a considerarlo la risposta costituzionale al problema c’è molta differenza. Semmai la Costituzione volesse affrontare questo discorso ribadendo il diritto della donna all’aborto, dovrebbe inserire altresì l’obbligo dello Stato a sostenere con tutti gli strumenti e i mezzi possibili la donna e la coppia in questa decisione così delicata e rilevante.

I vescovi francesi evidenziano il pericoloso crinale su cui avanza una società che tende a disinteressarsi di una questione sempre più considerata come lontana dalla sfera collettiva per essere lasciata alla solitudine delle donne: «Di questi nascituri siamo, in un certo modo, tutti responsabili. Dunque, il vero progresso non sarebbe forse nel poterci mobilitare tutti assieme, credenti e non, affinché l’accoglienza della vita sia più aiutata e sostenuta? La vera emergenza non sarebbe di aiutare almeno le coppie o le donne che oggi non hanno davvero scelta e non possono tenere il loro bambino per via dei vincoli sociali, economici, familiari che sopportano, troppo spesso in modo solitario?». (ancora dal quotidiano “Avvenire”)