Un sasso-boomerang nella piccionaia putiniana

Il mandato di cattura emesso nei confronti di Putin dalla Corte Penale internazionale dell’Aja suscita qualche perplessità non sul piano etico, ma su quello giuridico, politico e tattico. Premetto di avere sempre considerato Vladimir Putin uno dei più grandi delinquenti che la storia ci abbia regalato e, in passato, di essermi conseguentemente irritato di fronte al corteggiamento fatto dall’Occidente verso di lui per motivi opportunistici, che però prima o poi sarebbero ritornati indietro con gli interessi. Il discorso non riguarda solo Silvio Berlusconi, ma parecchi leader e capi di Stato, che si sono genuflessi, baciando la pantofola facendo finta di non sentire che puzzava alquanto di dittatura con tutto quel che ne consegue. Qualcuno è andato addirittura a lavorare al soldo putiniano in modo sfacciato e clamoroso. Non è molto convincente quindi l’inimicizia viscerale, che molti sbandierano in faccia ai pacifisti, capovolgendo la situazione: gli amici di un tempo sono diventati i più acerrimi nemici di oggi, chi propone la ricerca di vie pacifiche per la soluzione della guerra russo-ucraina diventa automaticamente amico di Putin.

Faccio una seconda premessa sul valore giuridico di questo atto della Corte dell’Aja. Può avere valore anche se emesso contro il capo di una nazione, che non ha sottoscritto l’atto di riconoscimento della Corte stessa? Penso che i giuristi e i giudici ci avranno pensato, almeno lo spero, anche se forse il comportamento di questo tribunale internazionale, oltre che essere spinto dalla istituzionale missione di colpire giustamente e inesorabilmente i crimini di guerra, sembra condizionato inevitabilmente da ragioni politiche. Ammettiamo pure che Putin possa essere sottoposto a cattura e a giudizio per i suoi indiscutibili crimini e ragioniamo quindi in chiave puramente tattica.

Il primo pensiero che mi è venuto spontaneo è il seguente: ammesso e non concesso che si voglia prima o poi arrivare a una trattativa con la Russia per sbloccare una situazione sempre più grave ed insostenibile, questo missile indirizzato a Putin non rischia di compromettere sul nascere ogni e qualsiasi tentativo diplomatico? Come si fa a trattare con un patentato pregiudicato per crimini orrendi? Non gli si sta offrendo un valido pretesto per rifiutare di sedersi in prospettiva a qualunque tavolo per discutere? Si vuole indirettamente cristallizzare una guerra senza fine e senza sbocco? È un timore che nutro da tempo verso un comportamento funzionale all’instaurazione di una nuova guerra, freddissima o caldissima a seconda dei casi, tra le superpotenze (Usa e Cina) in attesa di spartire il bottino russo. L’Ucraina diventerebbe una sorta di campetto secondario su cui allenarsi in vista della partita vera e propria.

Qualcuno controbatterà che l’indebolimento dell’avversario è un’ottima arma per poi riuscire a strappare migliori condizioni alla resa dei conti definitiva: isolare Putin dal resto del mondo (almeno una parte consistente del mondo) potrebbe essere un modo per costringerlo a più miti consigli. Mi permetto di obiettare come si abbia a che fare con un uomo disposto a tutto pur di non cedere, eventualmente anche a fare uso dell’arma atomica qualora si trovasse in estrema difficoltà. E allora? Non era meglio tenere di riserva l’arma della tremenda condanna penale? Tanto i crimini di Putin non vanno in prescrizione, tanto i bambini deportati non ritornano certo alle loro case (distrutte) e alle loro famiglie (morte o paralizzate) sull’onda del mandato di cattura del loro aguzzino… Resta lo sconcerto di fronte a tanta smaccata disumanità.

C’è infine un discorso molto delicato ma obiettivamente indiscutibile. Quanti altri criminali di guerra circolano nel mondo? Anche nel mondo Occidentale cosiddetto democratico! Le guerre comportano inevitabilmente il crimine, la guerra è un crimine di per se stessa, che innesca una rete di violenza criminale senza controllo. Temo che ci siano molti peccatori che pretendono di scagliare la pur sacrosanta pietra contro Putin. Anche il nostro Paese non ha la coscienza a posto. Quante violazioni abbiamo fatto e stiamo facendo alla nostra Carta costituzionale laddove “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”; ci siamo arrampicati sugli specchi laddove “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

In conclusione mi chiedo: stiamo veramente difendendo l’Ucraina e con essa i principi fondamentali della coesistenza pacifica e democratica o piuttosto stiamo difendendo i nostri porci interessi dietro la scusa dell’Ucraina? Più mi interesso delle ragioni remote e ravvicinate di questa e delle altre guerre e più mi convinco che siamo fuori strada, in un percorso suicida, senza bussola e probabilmente senza ritorno.