Piantedosi si è dimesso da se stesso

«Se c’è stata una debolezza del ministero mi assumerò e mi assumo tutte le mie responsabilità». Così è arrivata in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera sulle linee programmatiche del dicastero la potenziale ammissione di colpa del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi riguardo il naufragio di Cutro nel quale sono morti 64 migranti. Una responsabilità del ministero che rimane comunque ipotetica riguardo un evento che il Viminale non ritiene eccezionalmente grave. «Se andiamo a vedere morti e tragedie degli anni scorsi – ha dichiarato Piantedosi – in passato sono successi altri episodi simili. Se uno guarda il bilancio di quello che avviene da molti anni, i fatti smentiscono» che si sia trattata di una debolezza del ministero. «Questo governo prima ancora di questa tragedia ha dimostrato di avere riguardo rispetto a quello che c’è dietro ai processi migratori. Noi ci siamo posti il problema prima», ha aggiunto il ministro. (Open, giornale online – 01 marzo 2023)

Più Matteo Piantedosi parla e più sbaglia: xe pèso el tacòn del buso. Le ultime sue argomentazioni difensive sono assurde. Tragedie di questo genere sono già successe in passato. E allora? Se è così, è ancor peggio perché le tristi esperienze del passato non hanno insegnato nulla. Tutti colpevoli tutti assolti? Nessuno pensa e crede che Piantedosi sia l’unico responsabile, ma il caso (?) vuole che oltre 60 persone siano morte in mare mentre lui era ministro e che quindi dovrà pur spiegare per filo e per segno cosa sia successo senza reticenze e senza tergiversazioni. Il suo impegno è puntato ad affrontare i processi migratori a monte? Giustissimo, ma mentre ci si occupa di sistemare le cose a monte (ammesso e non concesso che se ne sia capaci) non si possono accettare supinamente le disgrazie a valle.

Non mi piace criminalizzare i politici (è uno sport molto praticato da sempre), ma che i politici si nascondano dietro un dito e non si assumano le loro responsabilità e soprattutto che “girino intorno al pero” non è accettabile. Sarà perché ho una grande considerazione per la prassi delle dimissioni, sarà perché penso che rassegnare le dimissioni non sia un’ammissione di colpa ma il rispondere delle proprie responsabilità, sarà perché dimettersi spesso è l’unico modo dignitoso per uscire dagli equivoci, sarà perché è tatticamente scaltro aprire improvvisamente la porta mentre tutti spingono per abbatterla, sarà perché ho comunque grande rispetto per chi toglie il disturbo, ma mi sentirei di consigliare vivamente a Matteo Piantedosi di farsi da parte, di sgombrare il campo e di tornare a fare il prefetto che forse è il suo mestiere.

Sì, perché un alto burocrate sulla scomoda poltrona di ministro non mi convince più di tanto. O il burocrate è una vera e propria eccellenza, come poteva essere Mario Draghi, o altrimenti riduciamo la politica a gestione dell’esistente con molta (?) competenza e poco (!) cuore. Oltre tutto questo governo non aveva l’ambizione di accantonare i tecnici per ridare spazio alla politica e a personaggi eletti dai cittadini? Ricordo che durante le trattative per la costituzione del governo Meloni, la premier incaricata preferì scantonare dalla esplicita ed imbarazzante richiesta di Matteo Salvini a ricoprire la carica di ministro dell’Interno, ripiegando su un altro Matteo, un funzionario di alto bordo gradito a Salvini: il prefetto Piantedosi. Giorgia Meloni prenda atto di avere sbagliato, convinca l’attuale ministro a farsi da parte con uno scatto di orgoglio e dignità, lo sostituisca possibilmente non con Matteo Salvini, pronto magari a saltare in sella, ma con un personaggio politico che sappia prendere in mano la difficilissima situazione con la massima serietà, con tanto equilibrio e con un po’ di buonsenso. Gliene sarebbero grati in tanti, me compreso.