Il PD tra inadeguatezza del nuovo e riproposizione del vecchio

«Io entro, anzi rientro in questa comunità e in questo circolo in punta di piedi, innanzitutto ad ascoltare. Non siamo qui certo per sostituire il Pd, ma per provare insieme a rinnovarlo e a ridare il senso di un impegno comune. Con grande emozione torno a far parte di questa comunità con il messaggio che noi non abbiamo bisogno di un partito degli eletti e delle elette, e neanche di un partito delle correnti, ma di un partito di militanti in cui si dà più voce alla base e questo congresso ce ne dà l’occasione. Il Pd rappresenta una comunità molto viva, vivace, nonostante veniamo da una dura sconfitta elettorale. É l’unico partito che dopo la sconfitta ha deciso di rimettersi in discussione. Credo sia un bel gesto di generosità e umiltà di questa comunità democratica. Non c’è soluzione di continuità, il senso dell’impegno è lo stesso di allora cioè l’idea di provare a cambiare cioè non il potere per il potere, ma il potere per cambiare in meglio le vite delle persone, delle comunità e anche del pianeta».

Ho ripreso e ricostruito dal quotidiano La Stampa le prime interessanti dichiarazioni della campagna elettorale di Elly Schlein, candidata a guidare il partito democratico, rilasciate a Bologna all’atto del ritiro della tessera del partito.

A primissima vista l’approccio sembra umile (cosa più unica che rara in questo mondo di padreterni). Mio padre era solito affermare: «L’ è al tón ch’a fà la muzica…».  E aveva mille ragioni.  Ma veniamo appunto alla musica. Altrettanto significativa la scelta della porta d’ingresso, la Bolognina, in un certo senso simbolo della capacità del partito comunista a rinnovarsi profondamente nella continuità. Non mi piace troppo però lo schiacciamento sull’eredità comunista, che rischia di significare una sorta di perpetua egemonia sulla sinistra, la quale dovrebbe invece essere molto più aperta, sia socialmente che culturalmente, pena la ricaduta nel difetto principale che ha connotato il PD, vale a dire la “castizzazione” e burocratizzazione post-comunista.

In un periodo in cui tutto dura poco più dell’espace d’un matin, è necessario un forte richiamo alle proprie radici culturali ed alla propria storia per non andare avanti alla cieca. Ebbene, quanto alle radici culturali mi sembra che Elly Schlein non sia in grado di recuperare pienamente ed autorevolmente il cattolicesimo democratico come uno dei piloni portanti della costruzione democratica della società post-bellica. Vanno benissimo i vagiti ambientalisti e nuovisti, ma, se non si resta legati ad uno dei cordoni ombelicali fondamentali, il nascituro PD rischia di non avere il DNA e il pedigree in ordine.

La valorizzazione storica del percorso compiuto dalla sinistra cattolica, comunista, socialista e laica è impresa ardua: la tentazione è quella di lasciar perdere, finendo col buttare il bambino assieme all’acqua sporca. Avrà Elly Schlein la capacità di interpretare il passato, sgrossandolo dagli errori e rinverdendolo nelle sacrosante scelte identitarie? In questo forse sarà ostacolata dal suo più forte competitor, il marpione di turno, quel Bonaccini che infatti sta già raccogliendo adesioni soprattutto in base alla capacità di tenere unito il partito democratico in un indistinto recupero culturale e storico di tutto e tutti, utilizzando il pragmatismo governativo come collante.

Vengo brevemente agli aspetti sociali dell’operazione di rinnovamento. Gli schemi tradizionali sono saltati ed è purtroppo saltato anche il legame con le componenti sociali più povere e deboli. La cultura socialista non mi sembra in grado di ritrovare il filo della matassa delle nuove povertà, abbarbicata com’è al pur sacrosanto “radicalismo” dei diritti civili ed al pericoloso “benpensantismo” verso i ceti medi salottieri. Ritorna la necessità di un forte richiamo alla cultura cattolica, l’unica in grado di mettere in campo lo slancio ideale e porre le basi per la rifondazione di una società rassegnata ai (vecchi e nuovi) poveri sempre più poveri ed ai (vecchi e nuovi) ricchi sempre più ricchi.

Il processo di rinnovamento o di ricostituzione ex-novo del partito democratico dovrebbe anche imbarcare tutte quelle forze tenute ai margini della moderna società liberal-progressista o liberal-conservatrice (mai come adesso in politica gli estremi si toccano). Il dirigismo amministrativo non lascia spazio alla partecipazione popolare, il governismo tecnocratico non consente discorsi riformatori, la mediatizzazione del dibattito politico non concede voce ai coristi, ma solo alle primedonne e/o ai comprimari di spicco. In questo senso la candidatura di Elly Schlein potrebbe avere le carte in regola per smuovere le acque, aprire le porte, cambiare aria e coinvolgere i soggetti più emarginati e silenziati al di fuori degli schemi imprigionanti, opprimenti e demoralizzanti.

Sto cercando non dico di salvare il salvabile, ma di vedere se ci possa mai essere qualcosa ancora da salvare. Prima di buttare a mare definitivamente il PD (partito che da diverso tempo non voto più) mi sembra infatti doveroso trovare un’alternativa (che allo stato non vedo) e/o fare una paziente individuazione dei presupposti per un recupero. É quello che, magari in modo sconclusionato, ho cercato di fare, mettendo la candidatura di Elly Schlein in discussione sul piano del recupero culturale, storico e sociale e intravedendone garbatamente l’inadeguatezza. Meglio però, tutto sommato e minimalisticamente parlando, mettere alla prova l’inadeguatezza del “nuovo” che attestarsi sulla riproposizione pedissequa del “vecchio”.

La candidatura alla guida della sinistra di questa giovane donna, non malata di protagonismo ma semmai di ingenuo entusiasmo, ha almeno, senza alcun dubbio, il merito di far discutere, di avviare un dibattito, di evitare il rischio dell’arrivo di un personaggio della nomenclatura che metta a posto tutto, vale a dire niente.

Elly Schlein non mi convince affatto, non mi pare adeguata, però prima di buttarla a mare vorrei esaminarla, proseguendo la prova finestra sui tre punti che mi sono sforzato di individuare: il pluralismo culturale, la rivisitazione critica della storia passata e l’apertura verso un nuovo assetto sociale.

Non conosco il personaggio Schlein: l’umiltà l’ho vista solo nelle parole con cui si è presentata al varco. Per il resto può darsi che sia ben diversa rispetto ad una prima superficiale impressione. Qualcuno, che la sa molto più lunga di me, la teme borghesemente arrogante, culturalmente integralista e politicamente egoista. Se fosse così… Si sarà montata la testa? Può darsi benissimo! Ad un insopportabile pavone preferisco comunque una gallinella ruspante tendente magari alla tacchinella.  Siamo messi proprio bene…nel pollaio PD.