Il giornalismo senza peli sulla penna

Ho tardivamente appreso con dolore della scomparsa di Fabrizio Castellini, direttore del settimanale “La Voce di Parma”, con cui ebbi l’onore di collaborare per diversi anni, del quale ho stimato il coraggio e l’abnegazione nell’esercitare la professione giornalistica su una piazza difficilissima come Parma.

Il “suo” giornale ha fatto ottime battaglie senza guardare in faccia nessuno, tenendo fede alla sua mission, che era quella di fornire alla città uno spiraglio di verità contro il falso conformismo mediatico dominante.

Ho cominciato a collaborare con La voce di Parma quasi per caso nel 2008: era scoppiata una polemica censoria da parte degli ambienti vaticani nei confronti di Famiglia Cristiana, rea di tenere un atteggiamento “troppo obiettivo” nei confronti del berlusconismo ancora imperante, e mi fu facile e spontaneo raccontare le analoghe vicende di Vita Nuova degli anni settanta, che mi costrinsero ad abbandonare, assieme ai colleghi, la redazione per insanabile contrasto con l’allora vescovo monsignor Amilcare Pasini in occasione del referendum sul divorzio.

Gli inviai il pezzo (quasi al buio) e lo vidi pubblicato in prima pagina. Da cosa nacque cosa, ci incontrammo e mi spalancò le porte del giornale: da allora non mi ha mai rifiutato un articolo o anche minimamente censurato un pezzo, dandomi tante occasioni di esprimere le mie idee in modo continuativo: un miracolo per me e per il mio pensiero così border line.

La collaborazione è stata anche l’occasione per un bel rapporto di amicizia fatto di stima, dialogo e condivisione di atteggiamenti e giudizi, complice anche la comune amicizia con don Luciano Scaccaglia, di cui il giornale ospitava regolarmente le coraggiose e indimenticabili omelie. Il rapporto amichevole di Castellini col “pretaccio parmense” era ben precedente al mio, che era nato proprio grazie a La Voce di Parma e alla battaglia difensiva fatta dal giornale in favore di don Scaccaglia, tenuto sempre nel mirino del potere clericale cittadino e spesso ingiustamente da esso attaccato.

Tra i tanti incontri avuti con Castellini mi permetto di ricordare forse il più eloquente: dopo che lui mi aveva incontrato inizialmente nella mia tana solidale in cui prestavo da pensionato un servizio di volontariato in una piccola cooperativa sociale, lo andai a trovare nella vecchia sede (?) del giornale, una stanzetta senza finestre in un sottoscala, una specie di rifugio carbonaro. Da quel giorno, come gli dissi, ho collaborato col giornale con ancora maggiore convinzione e impegno: «Tu, se fossi in Sicilia, saresti già stato spedito all’altro mondo dalla mafia…». Ricordo ancora perfettamente la sua risposta: «Ci sono tanti modi per far fuori una persona, a Parma nei miei confronti hanno usato l’omicidio professionale, mi hanno rovinato e isolato…». Potevamo sembrare “due sfigati” con la penna in mano.

La collaborazione al giornale è durata per circa un decennio poi, gradualmente, la spietata ed ammirevole franchezza di Castellini si è talora involuta arrivando, sempre e comunque in buona fede, al giudizio temerario, a volte addirittura gratuito ed ingiustificato. A quel punto ho preferito ritirarmi in buon ordine senza creare alcun contraccolpo sui lettori del giornale e senza mettere in alcuna difficoltà l’amico direttore al quale dovevo comunque gratitudine, ammirazione e rispetto.

L’amicizia e la stima reciproca sono rimasti intatte: ci siamo incontrati occasionalmente alcune volte. Lui ha provato simpaticamente a ripristinare il collegamento giornalistico, ma non era più possibile e nemmeno opportuno.

Considero l’attività giornalistica di Castellini, pur con qualche esagerazione nei toni, qualche scantonamento di stile e qualche accanimento di troppo, un autentico servizio alla verità della vita di Parma. Leggere La voce ha voluto dire scoprire il retroscena del potere, un lato di Parma nascosto, in quanto scomodo o addirittura inconfessabile o addirittura ai limiti o persino oltre i limiti della legalità.

Gli sarò sempre grato per l’amicizia offertami, per il servizio reso alla città e per avermi concesso coraggiosamente la possibilità di “sfogare” liberamente la mia verve giornalistica. Dopo questa lunga parentesi infatti non mi è rimasto altro da fare che ripiegare su un “giornalismo domestico”, coltivato in modo prettamente personale sul mio sito internet.