Per qualche senatore in più

Stando alle cronache politiche, la destra sarebbe condizionata nella scelta dei ministri anche dalla risicata maggioranza al Senato (una decina di voti) non certo tranquillizzante. Quindi niente senatori al governo dal momento che i ministri hanno poco tempo per partecipare alle sedute parlamentari e potrebbero mettere a serio rischio la tenuta del governo su certe importanti e delicate questioni. Senza contare eventuali cambi di casacca in corso d’opera e il pericolo sempre attuale dei franchi tiratori.

Non credo che la pattuglia senatoriale rappresenti un grande serbatoio ministeriale per la destra, ma che la sua forzosa integrità possa essere sintomo di una certa qual precarietà di una maggioranza, che sembra faticare non poco alle prese con l’eventualità di ministri tecnici accostati ai politici, con gli equilibrismi tra le forze di maggioranza, con gli irrefrenabili appetiti leghisti e salviniani in particolare, con le competenze e le esperienze piuttosto carenti, con la necessità di garantire profili rassicuranti per la Ue, gli Usa, la Nato e…i mercati.

Questo non mi scandalizza: la formazione di tutti i governi deve affrontare simili difficoltà, anche se, stavolta, sembrano evidenziate clamorosamente dal contesto generale che fatica a sopportarle e dall’enfasi mediatica con cui si assiste ad una svolta politica, che gli elettori hanno voluto, almeno stando al risultato delle urne, ma che in molti, nonostante il vento a favore, fanno fatica a digerire per diversi motivi.

Il ragionamento che voglio fare però è un altro. Il trionfo della destra non è poi così forte se al Senato si teme che la maggioranza possa traballare. D’altra parte lo si sapeva anche durante la campagna elettorale: una manciata di collegi uninominali, soprattutto al sud Italia, potevano fare la differenza e mettere in discussione l’aria destrorsa che spirava sulle elezioni.

Non era il caso per le forze dell’arco anti-destra di mettersi intorno a un tavolo per vedere di stipulare qualche alleanza elettorale minimale che consentisse la vittoria del più accreditato candidato in contrapposizione al candidato della destra? Oibò!

Facendo qualche calcolo a posteriori si nota come un minimo di tattica avrebbe potuto mettere in seria precarietà la destra, almeno al Senato. Forse saremmo a fare altri ragionamenti in funzione del nuovo governo: governo tecnico, di unità nazionale, di emergenza nelle emergenze, etc. etc. Non sarebbe una grande eventualità, ma piuttosto di un governo di destra sempre meglio un governo di manovra parlamentare ed economica. La politica sarebbe rimasta al palo, ma, visto come è messa, non sarebbe stato un gran male. Invece…

La testardaggine nel centro-sinistra ha prevalso, causata anche dai personalismi, dai risentimenti, dalle vendette e dalle miopie. Qualcuno pensa che sia meglio toccare il fondo per poi risalire. Ho seri dubbi. Intanto ci beviamo, salvo imprevedibili sviluppi, il governo Meloni con tutto quel che segue.

A proposito di meloni e di angurie, mio padre raccontava un simpatico aneddoto relativo ad un bambino che, recitando in famiglia la poesia di Natale, cadde in un dialettale strafalcione. “Tanti ingurii al papà” disse. E il papà ironicamente aggiunse: “Sì, e un mlón in tla schén’na a tò mädra”. Il “meloni” di destra nella schiena ce l’abbiamo noi anche per colpa degli strafalcioni elettorali di un inconcludente centro-sinistra alle prese con la spartizione delle “angurie”.