Un’Europa ai minimi storici

Una lunghezza standard per le banane, un diametro minimo ai piselli e un angolo di curvatura ineludibile dei cetrioli. La normativa Ue in agricoltura si esprime anche con vette di analiticità sulla messa in commercio dei prodotti che sfiorano il grottesco. Ne risulta un’enorme quantità di direttive e regolamenti per la tutela della sicurezza alimentare, che stabiliscono criteri e rigide norme di commercializzazione dei prodotti del settore agro-alimentare in ambito comunitario. Sfiorando un linguaggio al limite della decenza, quando si parla delle definizioni relative alla qualità e alla calibrazione dei prodotti. Le norme comunitarie spaziano, infatti, dalla lunghezza della banana che non può essere inferiore ai 14 centimetri ma con un diametro di almeno 27 millimetri, alla freschezza e turgore dei cavolfiori e dei carciofi, passando per la lunghezza del gambo dei carciofi che non può essere inferiore ai 10 centimetri, fino a definire la durata della vita del cappone, che non può essere inferiore a 77 giorni per la Commissione.

Temo che il lupo europeo perda il pelo, ma non il vizio. Se i lavoratori europei aspettano un serio riconoscimento dei loro diritti dai burocrati di Bruxelles stanno freschi. Ammetto che non sia facile stabilire un salario minimo per chi lavora in Europa, di qui a varare delle direttive teoricamente inutili e praticamente inapplicabili passa una bella differenza.

Mia sorella lasciava perdere gli schemi politici tradizionali, che, a livello europeo, servono a coprire una sostanziale e generalizzata conservazione o addirittura un’opzione reazionaria. Quando andò, in rappresentanza del movimento femminile della Democrazia Cristiana, in visita alle istituzioni europee, tornò a casa estremamente delusa e, col suo solito atteggiamento tranchant, disse fuori dai denti: “Sono tutti dei mezzi fascisti!”. Credo che un po’ di ragione ce l’avesse. Penso volesse dire che non credevano in un’Europa aperta, solidale, progressista e partecipata, ma erano chiusi in una concezione conservatrice se non addirittura reazionaria. Può darsi che da allora la situazione sia addirittura peggiorata. Chissà cosa direbbe oggi…

La direttiva europea in via di emanazione si limita a regolamentare le procedure per assicurare l’adeguatezza dei salari minimi in quei Paesi dove già esistono mentre, in quelli dove non c’è ancora un salario minimo, la direttiva ha lo scopo di promuovere la contrattazione collettiva al fine di arrivare ad avere una legge che contempli un salario dignitoso per tutti i lavoratori. Tra i punti della proposta c’è anche quello di legare i salari all’inflazione o al costo di un paniere di prodotti, ma saranno i singoli stati membri che ancora non hanno un salario minimo a doverne fissarne uno adeguato in base a precisi criteri numerici.

In pratica un bel niente! Sembra l’elogio della politica che sfiora i problemi per lasciarli a chi li ha. Sarebbe ora di finirla. Anche perché la Ue rischia di diventare un alibi per gli Stati inadempienti e un paravento per quelli refrattari. I pionieri dell’Europa Unita si scaravolteranno nella tomba, mentre i cittadini europei soffrono direttive assai poco dritte e molto tortuose. Staremo a vedere il prosieguo della vicenda. Siamo solo agli inizi. Chi male incomincia è alla fine dell’opera che non cambia niente.