Il non giocondo che contesta la Gioconda

  • Ha lanciato una torta contro il vetro blindato che protegge la Gioconda, poi è stato espulso dal Louvre un giovane esaltato che inneggiava alla “salvezza del pianeta”. L’episodio è avvenuto nel museo parigino del Louvre, che ospita il quadro più famoso del mondo, davanti al quale stazionano in permanenza decine e decine di visitatori. L’episodio non è stato ovviamente ripreso, ma sui social pullulano le foto del quadro di Leonardo da Vinci con il vetro che lo protegge imbrattato di bianco, probabilmente crema o panna, e di un addetto del Louvre che lo pulisce. In un video postato si vede l’imbrattatore, un giovane che viene allontanato dagli inservienti del museo e che mentre si allontana continua a gridare le sue ragioni. Ha una parrucca in testa, appena fuori posto, e spinge da solo una sedia a rotelle sulla quale con ogni probabilità era seduto al momento di passare all’azione. Probabilmente proprio la simulata condizione di disabilità gli ha consentito di avvicinarsi indisturbato con il pacco contenente la torta che aveva intenzione di scagliare contro il ritratto di Monna Lisa.

 

  • Molti anni fa uno sconosciuto (?) aveva lordato la vetrina della filiale parmense di una importante banca con la scritta “Ladri” da cui colava la vernice alla maniera dei cartoni animati. Il furbo e incisivo imbrattatore lo aveva fatto nella notte tra venerdì e sabato per assicurarsi la visibilità per due giorni interi. Purtroppo per lui e con grandi sghignazzate della gente la scritta venne rimossa da un solerte commesso dell’istituto di credito incaricato al riguardo e munito di spatola e di acqua ragia. Chi passava, sotto-sotto, se la godeva alquanto e in cuor suo esprimeva solidarietà al trasgressore.

 

 

  • Nel periodo in cui mio padre lavorava da imbianchino come lavoratore dipendente si trovò ad eseguire un lavoro del tutto particolare, scrivere sui muri, a caratteri cubitali, motti propagandistici fascisti (“vincere” – “chi si ferma è perduto” e roba del genere). Al geometra che sovrintendeva, ad un certo punto, tra il serio ed il faceto disse: “Quand è ch’a gh’dèmma ‘na màn ‘d bianch? “.   “Beh”, rispose in modo burocratico, “per adesso andiamo avanti così, poi se ne parlerà. A proposito cosa dice la gente che passa?” Era forse un timido ed innocuo invito ad una sorta di delazione ma mio padre, furbescamente, non ci cascò ed aggiunse: “Ch’al s’ mètta ‘na tuta e ch’al faga fénta ‘d njent e ‘l nin sentirà dil béli “. La zona era infatti quella del Naviglio, autentico covo di antifascismo e papà mi raccontò come, tutti quelli che passavano di lì, uomini, donne e bambini le sparassero grosse anche contro di lui, senza tener conto del famoso detto “ambasciator non porta pena”.

 

La provocazione è un’arte. Cosa intendeva dire il pacifico attentatore di Parigi? Forse era stanco di un mondo dove si comprende soltanto il linguaggio delle bombe, dove si tende a distruggere tutto per non cambiare niente. Violare la più grande opera d’arte forse significava la denuncia della violazione in atto di tutto il pianeta: non si salva più niente, nemmeno la “Gioconda” di Leonardo da Vinci. Così come il contestatore parmense intendeva mettere alla gogna il potere finanziario che (s)governa il mondo.

L’episodio riconducibile a mio padre era in un certo senso uguale e contrario. Con una non piccola differenza: le scritte sui muri ad opera del regime fascista erano inaccettabili, quelle di protesta globale e/o contro i vari tipi di regime hanno tutta la mia trasgressiva simpatia. Se sento odore di contestazione al potere, mi eccito e divento graffitaro o imbrattatore anch’io a costo di essere considerato un apologeta di reato. Ma quale reato ha commesso il lanciatore di torta del Louvre? Quale reato ha commesso l’imbrattatore di vetrine di Parma? Gli slogan fascisti erano fake news, certi gesti di protesta sono un ingenuo tentativo di proporre qualcosa di sincero e schietto.