Il gattone frettoloso

ll presidente del Consiglio ha detto che il bonus edilizio del 110% “toglie l’incentivo alla trattativa sul prezzo”. Per questo “il costo di efficientamento” e i costi “degli investimenti necessari per le ristrutturazioni” sono più che triplicati. Tra gli altri nodi i meccanismi di cessione del credito e il problema dei controlli sulle truffe. Si tratta di un provvedimento su cui le opinioni divergono e Draghi va in Europa a spiattellare i contrasti politici italiani.

La norma sul termovalorizzatore di Roma per conferire poteri speciali al sindaco Gualtieri, necessari per realizzare gli impianti, è stata varata in Consiglio dei ministri, contenuta all’interno del decreto aiuti, un pacchetto di misure dedicato a famiglie e imprese. Il M5S però non ha partecipato al voto. Una protesta contro il passaggio del testo. Più volte l’ex premier e leader 5S Giuseppe Conte si è schierato contro l’ipotesi dell’inceneritore. Mentre il ministro pentastellato Stefano Patuanelli ha commentato: “È sbagliato sporcare le idee politiche del Movimento con norme sugli inceneritori, che nulla hanno a che spartire con un decreto aiuti per famiglie e imprese. Per questo motivo abbiamo deciso di non partecipare al voto”.

Sono arcinote le perplessità di alcune forze politiche facenti parte del governo sul reiterato invio di armi all’Ucraina e su tutta la linea governativa in merito agli atteggiamenti da tenere sulla guerra in Ucraina, che sta rapidamente evolvendo in una vera e propria guerra tra Nato e Russia. Non solo il premier Draghi è restio a presentarsi in Parlamento per illustrare e discutere la complessiva posizione italiana, ma va al Parlamento europeo enfatizzandola e dandola per scontata.

Sono tutti evidenti segnali, che, a prescindere dal contenuto delle questioni in ballo, dimostrano la pretesa da parte di Mario Draghi di andare avanti per la propria strada in barba ai limitatissimi poteri che la Costituzione assegna al presidente del consiglio e soprattutto forzando esageratamente la mano ai partiti di governo insofferenti verso il metodo e il contenuto di importanti scelte.

Non credo che a Draghi sfuggano i pericoli latenti dell’apertura di una crisi politica in piene emergenze e allora purtroppo i casi sono due: o i limiti politici del premier stanno diventando clamorosi al punto da non riuscire ad affrontare i nodi che vengono al pettine né dal punto di vista istituzionale né sul piano dei rapporti con le forze politiche di maggioranza, oppure la sua dottrina tecnica tende a prevalere sul ruolo politico assegnatogli. In parole povere: o non è capace o se ne frega altamente.

Il tutto nonostante che il Presidente Mattarella all’atto del suo reinsediamento al Quirinale abbia invitato espressamente il governo a rispettare rigorosamente le prerogative parlamentari, nonostante che le difficoltà dei partiti siano sempre più evidenti e profonde e tali da non poter essere snobbate bellamente, nonostante che sulla questione guerra e armi il popolo italiano, stando ai sondaggi, abbia parecchie perplessità su una linea di piatto coinvolgimento bellico dell’Italia.

Come ho già avuto modo di osservare, è noto che, mentre le dittature con le guerre si rafforzano, le democrazie vanno in crisi. Pericolosissimo quindi bypassare il Parlamento e andare avanti lancia in resta nelle scelte strategiche e tattiche e nei rapporti con Ue, Usa etc. etc.

Giorno dopo giorno capisco come la politica sia imprescindibile e non possa essere snobbata o ridotta ai minimi termini anche dal più grande dei tecnici. Il vuoto politico non può essere colmato dalle competenze tecniche così come la politica deve tenere conto della scienza e della tecnica.

Posso essere sincero? Quasi triviale? Così come mi infastidivano le conferenze stampa di Giuseppe Conte piene solo di aria più o meno fritta, mi stanno stufando quelle di Mario Draghi piene solo di numeri, di percentuali, di proiezioni e di calcoli mentre il Paese, l’Europa e il mondo stanno andando a puttane.