L’ingombrante armadio del “russiagate”

Come più volte ho avuto modi di dire e scrivere, io situo qualsiasi discorso sui servizi segreti fra due confini, uno faceto e uno serio, che comunque arrivano grosso modo alla stessa sconsolata e rassegnata conclusione.

Sono tentato cioè di circoscrivere l’argomento aiutandomi con quanto sostenevano due personaggi del secolo scorso: Guglielmo Zucconi, un giornalista sagace e brillante prestato per un certo periodo alla politica; Aldo Moro, uno statista prestato alla Democrazia Cristiana.  Entrambi mettevano le mani avanti per non cadere nella tragicomica fossa di quella che oggi si chiama intelligence, che di intelligente ha poco o niente, ma che di sporco ha (quasi) tutto.

Il primo introduceva un simpatico ossimoro ed osservava argutamente come in Italia si pretenderebbero i servizi segreti pubblici: vorremmo cioè che l’intelligence operasse alla luce del sole, senza sotterfugi, con tutti i crismi della legalità. Il modo di essere dei servizi segreti è l’esatto contrario, la deviazione non è l’eccezione ma la regola, il tradimento è all’ordine del giorno in entrata e in uscita, le matasse vengono ingarbugliate ad arte e si finisce inevitabilmente per rimanere prigionieri nel labirinto dello spionaggio e del contro-spionaggio.

Aldo Moro – mi risulta da fonti attendibili anche se non ufficiali – affrontava questo argomento con distacco e scetticismo e osservava con estremo disincanto: «Da che mondo è mondo le spie sono sempre state le peggiori persone esistenti…». Lasciava cioè intendere che si trattasse di una realtà malefica, ma necessaria e per certi versi irredimibile. La filastrocca infantile la dice lunga al riguardo: “Chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù, va laggiù da quell’ometto che si chiama diavoletto”.

Fanno quindi sorridere i giornalisti che si affannano a voler scandagliare questo mondo parallelo, così come fanno pena i politici che pretendono di averne il controllo democratico. È un po’ quanto sta succedendo in questi giorni in cui si pretende di rovistare negli armadi per trovarvi i cadaveri del cosiddetto “russiagate”.

Secondo le ricostruzioni del quotidiano “La Repubblica”, gli Usa avrebbero voluto informazioni, sullo scandalo delle presunte interferenze russe nelle presidenziali Usa del 2016 per portare Trump alla Casa Bianca e sapere se non fosse stato confezionato in Italia, dai servizi guidati dall’allora premier Renzi insieme ad agenti ostili dell’Fbi, per danneggiare il tycoon e far vincere Hillary Clinton.  La ricostruzione arriva ad ipotizzare una “cena segreta”, che si sarebbe tenuta a Roma nel 2019 tra l’allora capo dei servizi italiani Gennaro Vecchione e il segretario americano alla Giustizia di Donald Trump, Bill Barr: quell’incontro nel ristorante romano sarebbe la prova di un “uso politico borderline” che l’ex premier Giuseppe Conte avrebbe fatto dell’intelligence, allo scopo di compiacere Trump ed ottenere l’appoggio alla formazione del suo secondo governo giallorosso.

Giuseppe Conte afferma che quell’incontro non nascondeva niente di losco: “Barr voleva uno scambio di informazioni, la cosa è secretata, non posso dire quali fossero, ma erano informazioni che non riguardavano autorità italiane. Al secondo incontro c’è stato il reale confronto tra Barr e i servizi segreti: i nostri si sono limitati allo stretto necessario, non gli hanno aperto l’archivio. A quell’incontro c’è stato poi un seguito colloquiale ad un noto ristorante romano, ma questo non mi sembra un clamoroso scoop…”.

I giornalisti de La repubblica e del Corriere della sera invitano Giuseppe Conte a non fare la parte della scimmietta, che non vede, non sente e non parla e quindi a chiarire cosa sia successo, anche perché l’allora premier aveva il diretto controllo dei servizi segreti.

Matteo Renzi, chiamato in causa nella vicenda, definisce tutta la questione “una follia” e accusa inoltre Conte “di aver mentito al Copasir perché ha detto che non c’erano stati incontri fuori dalle sedi istituzionali, che non era vero”.

Faccio molta fatica a raccapezzarmi. D’altra parte non è forse vero che persino i film in questa pur affascinante materia finiscono con l’essere incomprensibili: più sono incasinati e più sono belli e probabilmente rispondenti alla realtà.

Paradossalmente parlando, se Matteo Renzi avesse brigato per far fuori Donald Trump e favorire la Clinton, avrebbe fatto non solo l’interesse nazionale, ma addirittura quello mondiale. Certo, il fine non giustificherebbe il mezzo. Se Giuseppe Conte avesse brigato per compiacere Trump ed ottenerne l’appoggio (Trump offrì un prezioso assist a Conte affibbiandogli lo storico e amichevole nomignolo di “Giuseppi”), avrebbe fatto una cazzata pazzesca, anzi due cazzate in una: compiacere Trump e utilizzare i rapporti segreti con gli Usa per scopi politici di parte.

Forse la questione ritirata in ballo dai media non c’entra più di tanto con i rapporti internazionali messi a nudo dall’invasione Russa dell’Ucraina. La guerra scopre tutti gli altarini, mette tutti col culo sporco per terra. I servizi segreti invece vanno a nozze con le guerre e le complicano.  In questi anni non siamo stati governati da personaggi di grande spessore e si vede. Con Draghi abbiamo voltato pagina? Da un certo punto di vista sì: abbiamo un premier di livello che non ci fa certo sfigurare. Però, per stare ai discorsi internazionali, è un po’ troppo amico degli Usa, rischia di schiacciarsi su di essi, è un europeista fino al mezzogiorno delle burocrazie e non fino alla sera dei pionieri. Quando critico Draghi, una mia carissima amica mi risponde che comunque è il migliore. Sì, ma dovrebbe dimostrarlo. Renzi gli fa il panegirico continuato, Conte cerca di creargli qualche disturbetto, Letta lo dà per scontato. Nani e ballerine intorno ad un mostro sacro?

Vale sempre quanto diceva il famoso e simpatico critico musicale Rodolfo Celletti sul loggione di Parma che ogni tanto ruggiva: ammetteva di godere, sotto sotto, allorquando i parmigiani spazzolavano qualche mostro sacro del bel canto. Però aggiungeva: «Ho la sensazione che a voi parmigiani piacciano un po’ troppo gli acuti sparati alla viva il parroco…». Io, sotto sotto, godo quando qualcuno ha il coraggio di spazzolare Draghi, aspettando qualche suo acuto politico che tarda ad arrivare. Spazzolare Conte è troppo facile e non serve a niente, forse solo a Renzi che in questa fase politica vive solo di polemiche, anche spionistiche.