La prepotenza a binario unico

Ricordo un episodio capitato al mio indimenticabile amico sacerdote e parroco don Sergio Sacchi. Invitò una persona con problemi psichiatrici ad unirsi ad una comitiva in gita parrocchiale. Il fatto fu accolto con buona disponibilità. Al termine della gita, quando era ora di tornare a casa, prima di partire si fece il controllo dei presenti: all’appello mancava purtroppo quella persona psicolabile, che evidentemente se ne era andata per i fatti suoi. Lamentele a non finire, ci volle del bello e del buono a recuperarla. Finalmente poterono prendere la strada del ritorno, ma don Sacchi fece a tutti una bella ramanzina: è inutile accettare i diversi a parole, sperando che nei fatti non interferiscano con il nostro squallido status quo. I diversi sono diversi e bisogna accoglierli in quanto diversi, senza pretendere che non occupino i posti a loro preclusi secondo una mentalità di stampo razzista.

Un gruppo di 27 ragazzi disabili saliti sul regionale 3075 che da Genova Porta Principe doveva riportarli a Milano e sul quale erano stati prenotati i posti è stato costretto a scendere perché i turisti saliti sul treno prima di loro hanno occupato i posti riservati e si sono rifiutati categoricamente di farli sedere. Un episodio vergognoso, gravissimo che ha costretto Trenitalia a allestire in fretta un pullman dedicato per poter portare i ragazzi disabili e i loro accompagnatori a Milano.

Non solo i viaggiatori di quel treno erano disturbati dalla presenza di quelle persone, ma addirittura le hanno private di un diritto acquisito in nome di una propria volgare e presunta superiorità, che è diventata vera e propria discriminazione.

Siamo pieni di comprensione e di accoglienza verso coloro che fuggono dalla guerra in Ucraina: non so fino a quando durerà il nostro buon cuore. Mi sorge un dubbio atroce: se non siamo capaci di rispettare i disabili di casa nostra, riusciremo ad ospitare i migranti ucraini che si aggiungono ai tanti già presenti sul nostro territorio?

Non scandalizziamoci di Putin, perché siamo tutti un po’ dei Putin all’italiana. Quei 27 ragazzi avevano diritto a viaggiare, avevano prenotato il posto, ma erano “diversi” e quindi ci si poteva sbarazzare di loro. Non mi convince il fatto che Trenitalia abbia offerto ad essi un viaggio alternativo: dovevano intervenire le forze dell’ordine per ripristinare la legalità e difendere i diritti dei più deboli (?) dall’arroganza dei più forti (?). Se non si fa così e ci si piega indirettamente alla volontà dei prepotenti…

Ho iniziato con un episodio capitato ad un amico, termino con un episodio capitato a me. Il caso vuole che ci sia di mezzo la città di Genova, dove era ricoverata per una grave malattia la figlia di una mia carissima amica che abitava a Roma. Organizzai il viaggio Genova-Roma un sabato mattina su un treno rapido a posti prenotati. Partimmo con tanta speranza, ma con altrettanta ansia per la salute di una giovane ragazza e per le sue problematiche prospettive di vita. In treno incontrammo immediatamente una difficoltà: la solita persona “furba” non voleva lasciare libero il posto da noi regolarmente prenotato. Fortunatamente si sedettero subito le due donne ed io rimasi momentaneamente in piedi, aspettando che la persona in questione si decidesse a rispettare le regole. L’attesa rischiava di durare tutto il viaggio, allorquando la mia amica reagì in modo violento, facendo notare la nostra situazione e gridando la propria protesta. Solo dopo questa scenata potemmo proseguire un già angoscioso viaggio in relativa scioltezza.

La vita è una battaglia in cui molti giocano sporco: non bisogna rassegnarsi. Diversamente la battaglia diventa guerra totale: lo stiamo verificando in questo periodo. Se non si interviene per tempo con ragionevolezza, fermezza e piglio non violento ma deciso, le situazioni si compromettono in modo irrecuperabile. Cosa facciamo per i disabili? Organizziamo in pianta stabile mezzi di trasporto alternativi a loro dedicati? Sarà meglio che facciamo loro posto accanto a noi. Forse sarebbe addirittura più giusto auspicare che siano loro a fare posto a noi. In nome dell’uguaglianza e della Costituzione che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Vogliamo mettercelo bene in testa?