Sergio Mattarella ha “esagerato”: ha preso alla lettera il famoso detto “il più bel tacer non fu mai scritto”. Nel suo messaggio augurale non solo ha parlato per pochi minuti (dieci per la precisione), ma ha calibrato le parole, è riuscito a dire tutto a tutti, senza pericolose allusioni, ha dato un’autentica lezione di stile presidenziale. Quando nelle università, durante i corsi di diritto costituzionale, si tratterà dei poteri del Presidente della Repubblica, sarà sufficiente riportare integralmente il discorso di Mattarella del 31 dicembre 2017 per rendere perfettamente l’idea concreta di come si rispetta la Costituzione e di come si svolge la propria funzione di carattere istituzionale.
Riascoltiamo questo discorso, rileggiamolo: non c’è alcun bisogno di commenti, perché va dritto al cuore delle questioni. Ogni cittadino di buona volontà ci si può trovare, non perché dia ragione a tutti, anzi, ma in quanto tocca tutti nel vivo dei propri doveri.
Nessuna demagogia, nessuna strumentalità, nessuna invadenza, nessuna intromissione, nessun compiacimento, nessun infingimento. Il discorso, pur essendo di così alto profilo, è risultato chiarissimo: una sorta di controcanto alla politica politicante, al populismo dilagante, alla sfiducia, al risentimento, all’astensionismo.
Il Presidente è entrato in punta di piedi nelle case degli italiani, ma ha fornito loro uno squarcio di vita politica proiettata in avanti ed aperta al contributo di tutti, li ha messi in guardia dalla trappola dell’eterno presente. Partendo dalla consapevolezza delle conquiste in tema di pace, libertà, democrazia e diritti egli ha formulato un forte invito a volgere lo sguardo al pur problematico futuro. Mi pare il filo conduttore della sua tela: non una nostalgica e consolatoria rivisitazione del passato, non una scriteriata fuga dalla realtà attuale, ma un fiducioso e virtuoso slancio verso un’era che pone interrogativi inediti sul rapporto tra uomo, sviluppo e natura.
È salito in cattedra, ma non ha messo nessuno dietro la lavagna, ha invitato i cittadini all’impegno, appellandosi alle donne ed agli uomini che sanno affrontare con tenacia e coraggio le difficoltà della vita e cercano di superarle.
Ai giovani ha chiesto di partecipare al voto. Alla democrazia ha chiesto di vivere d’impegno nel presente, ma alimentandosi di memoria e visione del futuro. Alla politica ha chiesto di avere la capacità di misurarsi con le novità ed i cambiamenti, guidando i processi per rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre. Alla società ha chiesto di affrontare il problema del lavoro, che resta la prima e più grave questione sociale. Non ha dimenticato nessuno, chi soffre e chi ne allevia le sofferenze.
Sergio Mattarella riesce ad impersonificare umanamente e istituzionalmente il legame tra il meglio del passato, del presente e del futuro. Per sua scelta esistenziale, per sua matrice culturale, per sua esperienza politica può essere un faro credibile per il popolo italiano. Vediamo di non perderlo di vista in mezzo alle nebbie che ci assalgono, di ascoltare i suoi preziosi consigli nel profluvio di sciocchezze che ci blandiscono, di cogliere dalla sua testimonianza il giusto viatico per affrontare le difficili sfide che ci attendono.