Le piazze italiane, in occasione dei festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno, sono state messe sotto sorveglianza speciale: barriere per evitare l’accesso di mezzi, posti di blocco, transenne, ingressi obbligati e presenza rafforzata di forze dell’ordine. A pena si aggiunge pena. Sì, perché il doversi divertire per forza sbraitando in piazza è già di per sé un fatto penoso, se poi lo si deve fare sotto scorta diventa ancor più patetico.
È diventato un impegno ineludibile per le amministrazioni comunali promuovere eventi con enormi disagi, complicazioni, rischi e spese. Anche Parma non scherza. Non sarebbe meglio che simili mobilitazioni venissero riservate ad iniziative di ben altra caratura socio-culturale? Non voglio mandare a letto la gente alle nove. Pretendo misura anche e soprattutto da chi governa una città, ma la tentazione di seguire la corrente è invincibile.
Faccio molta fatica a capire come ci si possa divertire in queste radunate oceaniche seppure sbandierate da eventi musicali: sanno tanto di ultima spiaggia, di esorcismo contro i problemi, di fuga dalla realtà. Si tratta di un rito pagano da celebrare a tutti i costi. Aggiungiamoci la blindatura e il tutto diventa una colossale farsa.
Lasciamo perdere le contraddizioni etiche: da una parte ci lamentiamo e dall’altra sprechiamo, da una parte chiediamo ordine e dall’altra facciamo casino, etc. etc. Lasciamo perdere il solito contorno di incidenti dovuti allo scriteriato uso di petardi e simili. Lasciamo perdere la recrudescenza degli incidenti stradali nella bagarre del dopo festeggiamenti. Lasciamo perdere i ricoveri al pronto soccorso di chi perde il controllo della propria mente e della propria salute.
Alla fine cosa ci resta? Il cervello intontito, la bocca impastata, la testa che gira, la delusione che sopraggiunge inevitabilmente. Valeva la pena fare tutto ‘sto casino per cominciare male il nuovo anno?
I miei genitori mi raccontavano come allo scadere del primo anno di vita (sono nato infatti il primo gennaio) partecipai alla festa dell’ultimo dell’anno a casa di un carissimo zio, il quale si divertiva innocuamente a farmi rompere vecchie suppellettili (era la trasgressione di un tempo). Nei giorni successivi tentai di ripetere l’operazione, immediatamente stoppato da mio padre, che tentò di spiegarmi che la festa era finita. Avevo infatti memorizzato nel mio cervello che la vita fosse uno scherzo da perpetuare.
Il meccanismo è sempre quello, per grandi e piccoli: illudersi che la festa più è chiassosa e sgangherata, più possa continuare all’infinito, rifuggendo dalla realtà quotidiana. A ben pensarci è il meccanismo psicologico del tifo calcistico portato alle estreme conseguenze, degli sballi del sabato sera, dei coca-party, del sesso usa e getta e via discorrendo.
Alcuni anni or sono a Napoli per festeggiare la fine dell’anno facevano scoppiare vere bombe: le chiamavano “bombe Saddam”. Adesso che il terrorismo ce le ha portate sotto casa, siamo in crisi. Mica poi tanto a giudicare dal casino che combiniamo…e lo spacciamo da libera espressione del nostro modo di vivere. Se è vero come è vero che non dobbiamo piegarci alla paura, evitiamo almeno di fare gli sbruffoni e di fare la parodia della nostra civiltà.