Una contraddizione tira l’altra

Molto tempo fa mio padre fu ricoverato in ospedale per un sospetto ictus. Dopo diversi giorni di analisi e approfondimenti clinici andai a parlare col medico responsabile del reparto. Mi disse che lo avrebbero dimesso il giorno successivo e mi confidò che però non ci avevano capito niente: “Scriveremo qualcosa sul referto finale, ma non siamo arrivati al dunque…”. Questa, a casa mia, si chiama onestà intellettuale, che purtroppo manca a molte persone, anche le più qualificate, che temono di ammettere i propri limiti, preferendo girare e rigirare le questioni per buttare fumo negli occhi agli interlocutori.

È sostanzialmente quanto è successo in materia di covid: non ci hanno capito niente. Lo si può tranquillamente affermare a distanza di due anni dallo scoppio della pandemia. Tutti, scienziati e governanti, hanno brancolato e stanno tutt’ora brancolando nel buio, inanellando una serie interminabile di contraddizioni. Ne riporto di seguito solo alcune, forse le più clamorose.

L’innocuità dei vaccini fu inizialmente garantita salvo sospendere la somministrazione di alcuni di essi a titolo precauzionale per poi riprenderla in breve tempo, lasciando tutti nel dubbio e nell’ansia. Certi vaccini furono inizialmente destinati a certe fasce di età per poi capovolgere drasticamente le indicazioni e i programmi.

L’obbligo vaccinale è sempre stato escluso salvo arrivarvi in modo surrettizio, scorretto e tardivo. Fin dall’inizio era chiaro che al 100% dei vaccinandi non si sarebbe mai arrivati e quindi bisogna ammettere che la vaccinazione di massa, reiterata ed allargata non ha dato i frutti sperati. I vaccinati si ammalano e muoiono. Un giorno si sostiene che il vaccinato ha poche probabilità di morire e che i decessi sono relativi a persone non vaccinate, un altro giorno si dice che siamo arrivati al punto che la maggioranza dei decessi riguarderebbe persone vaccinate. Un giorno si dice che gli ammalati guariti hanno una certa immunità, un altro giorno si ammette che esistono persone che si sono ammalate due o addirittura tre volte. Un giorno si prevede una rivaccinazione periodica generalizzata, un giorno la si circoscrive solo ai soggetti deboli, un altro giorno la si esclude dando valore definitivo alla terza dose già somministrata.

Non si capisce se il covid si starebbe depotenziando anche se diventerebbe sempre più contagioso fino ad assomigliare ad una influenza. Magari fosse così, ma i morti in continuo aumento come si spiegano?

Un giorno si promette che l’obbligo delle mascherine all’aperto finirà molto presto, il giorno dopo si afferma che le mascherine sono troppo importanti e difensive per essere dismesse. Un giorno si dà l’illusione di vedere la luce in fondo al tunnel, il giorno dopo tutto torna nel buio fitto.

Per non parlare dei numeri del macabro lotto, relativi ai ricoverati ed ai decessi. Soprattutto quello dei decessi, per stessa ammissione degli addetti ai lavori, sarebbe gonfiato e quindi poco attendibile. Questi dati vengono comunque divulgati giornalmente: sembrano sparati appositamente per spaventare e indurre la gente a vaccinarsi e a tenere un comportamento più lineare e controllato. Il fine “non” giustifica il mezzo.

Una continua contraddizione di cui fanno le spese tutti i cittadini a rischio e tutti gli operatori sanitari a rischio ed a stecchetto: in due anni il sistema sanitario è rimasto intatto, nessun miglioramento, nessun potenziamento, nessun significativo miglioramento.

L’organizzazione dei tamponi è sempre più in alto mare: per verificare la propria posizione e sapere se si è positivi al covid si rischia una polmonite restando in coda all’aperto davanti alle farmacie. Un modo come un altro per guadagnare il certo per l’incerto.

Arriviamo all’autentico casino delle scuole: tra didattica in presenza e a distanza, tra quarantene indicizzate e dad differenziata tra studenti vaccinati e non vaccinati si sta creando un autentico ginepraio al cui confronto i banchi a rotelle erano un gioiellino di razionalità gestionale. L’ultima e più clamorosa novità è proprio quella prevista per i non vaccinati messi dietro la lavagna: se il discorso del trattamento diversificato per le persone adulte poteva avere un senso (e non ce l’aveva), quello per i minorenni è un obbrobrio giuridico dal momento che la decisione se vaccinarsi o meno non è dei ragazzi ma dei loro genitori (una sorta di colpe dei padri scaricate sui figli). La didattica a distanza solo per gli studenti non vaccinati è una disposizione palesemente discriminatoria, assurda (anche le persone vaccinate con terza dose possono contagiare) e dannosa sul piano del diritto allo studio.

Tutti i nostri governanti, centrali e periferici, parlano di emergenza sanitaria, ma non fanno niente di concreto e positivo per affrontarla. L’informazione ci aggiunge del suo.  Ci vengono vomitate addosso valanghe di notizie, dati, pareri, provvedimenti, previsioni, consigli e istruzioni: una sorta di virus parallelo. Da tempo ho smesso di seguire la sarabanda giornaliera anche se è quasi impossibile “scapparla”. Forse ci vorrebbe una elezione presidenziale al giorno per levare l’informazione covid di torno.

In un tardo pomeriggio mi sono recato in farmacia per acquistare alcuni prodotti: file su file. Ad un certo punto ho sbottato: sembra di essere in Russia ai tempi del comunismo! Una giovane e bella signora mi ha detto candidamente: “Forse è ancor peggio!”. Non so cosa intendesse dire e non ho avuto il coraggio di approfondire questo messaggio molto politico. Ognuno è libero di interpretarlo come vuole…

E Mario Draghi? Non mi sento di sparare sul pianista più di tanto, ma devo ammettere che in materia di covid non ha combinato nulla. In una delle solite inchieste terra terra, hanno chiesto ad un’attempata signora quale fosse a suo avviso la giusta collocazione di Draghi, a Palazzo Chigi o al Quirinale. La sibillina risposta è stata: deve stare a casa sua! A quel punto ho pensato che intendesse dire che è così ben sistemato al governo da doverci rimanere come se fosse la sua naturale abitazione. L’intervistatore però è tornato alla carica, chiedendo quale fosse la più importante riforma da chiedere a Draghi. A quel punto la signora è uscita da ogni equivoco: “la riforma di tornarsene a casa!”. È una risposta un tantino qualunquista e controcorrente, ma sono scoppiato a ridere di gusto, non so se perché ero d’accordo, perché ero stressato dal covid o perché mi sembrava di avere assistito ad una simpatica gag. Ci sto ancora pensando su e semmai mi pronuncerò.