Alla ricerca del Giotto populista

La politica sta scivolando inesorabilmente verso il populismo. Non voglio puntare il dito contro i regimi vigenti in parecchie Paesi europei e nel mondo, intendo concentrarmi sull’assetto politico italiano. I partiti hanno da tempo declinato al loro dibattito interno per puntare sul leaderismo più o meno spinto, spesso anche in mancanza di leader, inventandoli a volte di sana pianta. Le Istituzioni tendono a funzionare a prescindere dal Parlamento, ripiegando sbrigativamente su un presidenzialismo di fatto, giustificato con la necessità di affrontare incisivamente le emergenze e di assumere decisioni pronte all’uso.

La nostra Costituzione ha adottato lo schema di una democrazia parlamentare, che rimane, per dirla con Winston Churchill, il peggior sistema, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora e si stanno tuttora sperimentando. Il problema infatti non sono le lungaggini del Parlamento e forse nemmeno la sua anacronistica e larga configurazione rappresentativa, ma l’approccio alla politica, che tende a svicolare dal dialogo e dal dibattito per sputare facili e immediate sentenze governative. La politica per essere tale deve avere due caratteristiche fondamentali: l’arte della lungimiranza e il coraggio della impopolarità. Solo così si è paradossalmente popolari.

La lungimiranza viene mirabilmente spiegata dal noto aforisma degasperiano: “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione”. Per rimanere agganciati alla drammatica attualità possiamo affermare che la lotta al covid è stata gestita con criteri da politici e non da statisti. Da Giuseppe Conte a Mario Draghi le decisioni sono state via via adottate sull’onda dell’evoluzione della situazione ed in base ai suggerimenti scientifici, senza alcun sforzo previsionale e programmatico tarato al peggio di una tremenda pandemia. Si è operato basandosi più sull’ottimismo vaccinale che sul realismo strutturale. Si sta girovagando vergognosamente intorno all’introduzione dell’obbligo vaccinale, tanto per fare qualcosa, ma senza una seria considerazione su tale disposizione, sulle sue controindicazioni e sulla sua efficacia. Da due anni si naviga a vista o, come sarebbe meglio dire, si brancola nel buio: un colpo al cerchio della salute ed un colpo alla botte dell’economia.

L’altra faccia della medaglia è costituita dalla totale mancanza del coraggio di assumere decisioni impopolari, di prescrivere medicine amare, ripiegando su pillole somministrate a babbo sempre più malato, giocando in difesa e di rimessa in un campo che richiede ficcanti anche se difficili azioni d’attacco. La domanda che si pongono i nostri governanti sembra essere “come reagirà la gente?” e non “cosa servirà veramente alla gente?”. Se non è vero e proprio populismo, ne è sicuramente la penosa anticamera. Si preferisce sviolinare su una inutile e nota sinfonia, piuttosto che orchestrare una composizione musicale nuova.

Tutti sostengono che la grave situazione sanitaria, sociale ed economica sia intrecciata con l’ingorgo istituzionale riguardante la nomina del nuovo capo dello Stato e la permanenza o meno dell’attuale assetto governativo. Spesso l’emergenza ha condizionato l’elezione del presidente della Repubblica: penso alla nomina di Oscar Luigi Scalfaro dopo l’attentato a Giovanni Falcone, alla nomina di Sandro Pertini in pieno clima di attacco terroristico e dopo la morte di Aldo Moro, alla elezione di Carlo Azeglio Ciampi per chiudere il cerchio della nostra adesione alla Ue.

Sarebbe un gravissimo errore pensare di risolvere gli attuali problemi emergenziali, collocando al Quirinale un padreterno, camuffato da nonno delle istituzioni (simpatica ma infelice espressione di Mario Draghi), capace di quadrare il cerchio (un Giotto a rovescio), un tuttofare in grado di cantare messa e di portare la croce, mettendo in sella un cavallo di razza per cavalcare l’emergenza, un medico che sappia curare la politica rendendola appetibile alla gente più che adeguata ai problemi. Una sorta di inaugurazione presidenzialistica del populismo all’italiana. Dio ce ne scampi e liberi. Ora e sempre Politica!