Rammento l’intenzione manifestata alcuni anni or sono dall’allora ministro degli Interni, il socialista Giuliano Amato: voleva fare la guerra agli accattoni…con tanto di decreto ad hoc. L’acuto ed implacabile giornalista Marco Travaglio gli ricordò come forse fossero più gravi i suoi trascorsi craxiani, a servizio dell’accattonaggio tangentaro del socialismo italiano. Amato incassò e lasciò perdere. L’intelligenza, checché se ne dica, era, è e rimane il punto forte del dottor sottile. Oggi suonerebbe sempre più provocatoria ed intollerabile una simile tendenza: davanti ad una corruzione così radicata nei gangli vitali di certa burocrazia, di certa imprenditoria e di certa politica, gli accattoni dovrebbero essere portati, a dir poco, in trionfo. Tuttavia ogni tanto rispunta la questione, a livello nazionale (per combattere un fenomeno imbarazzante) o locale (per difendere il decoro dei monumenti o la tranquillità delle spiagge).
Il problema però che, cedendo alla tentazione del “totoquirinale”, intendo affrontare è o sarebbe la candidatura di Giuliano Amato al Colle, che sta prendendo quota: effettivamente nel piattume politico che ci attanaglia risulta essere forse l’unica possibilità di elevarsi al di sopra del nulla che offre il convento o per lo meno del niente che appare in superficie dal momento che nessuno ha voglia di scandagliare il tessuto sociale alla ricerca di personale politico nuovo e adeguato.
Chissà perché in questo periodo mi viene spontaneo fare riferimento a quanto affermava con grande spontaneità e convinzione mia sorella Lucia: il perché è in verità molto chiaro ed evidente, in quanto mi ha fatto da battistrada e da esempio sul sentiero impervio del pensiero e dell’impegno politico lontani da ogni compromesso col potere.
Ebbene Lucia aveva una considerazione immensa per l’intelligenza e la cultura di Giuliano Amato. Per lei faceva parte di quella categoria di personaggi per le quali aveva un debole, vale a dire i soggetti particolarmente dotati di intelligenza. Sosteneva che, quando una persona è intelligente, lo è sempre indipendentemente dal ruolo che è stata chiamata a ricoprire. Riteneva convintamente che quando una persona è intelligente è più che alla metà dell’opera, perché questa sua qualità, cascasse il mondo, non viene mai meno. Forse, esagerando, come talora faceva, subordinava alle qualità mentali persino certi comportamenti etici, preferiva, per estremizzare il discorso, avere a che fare con un cattivo intelligente piuttosto che con un buono stupido.
Il profilo di Giuliano Amato si è proposto all’attenzione in occasione dell’assegnazione di incarichi politico-istituzionali di notevole livello, compresa la presidenza della Repubblica e allora per mia sorella meritava indiscutibilmente la pole position. Se ne parlava insieme pacatamente ed io ero piuttosto scettico: mettevo molto sale sulla coda di Amato in quanto ne consideravo implacabilmente i brutti trascorsi craxiani, il coinvolgimento in una fase politica alquanto discutibile. Per me infatti Amato ha impressa una macchia indelebile, consistente nell’omertoso protagonismo filo-craxiano: al di là di qualsiasi anacronistico giustizialismo, non poteva non sapere a chi reggeva il moccolo, intellettualmente e politicamente, un dottore talmente sottile da mimetizzarsi all’interno di un andazzo affaristico sfociato drammaticamente in tangentopoli.
Il grande vignettista Giorgio Forattini, considerata la piccola taglia fisica del personaggio, lo mise nel taschino di Bettino Craxi come un elegante e profumato fazzolettino in una vignetta intitolata “Ghino di taschino”. Qualcuno potrebbe avere la tentazione di tirarla fuori e allora…
Ma ce anche un secondo motivo di carattere etico, che mi induce a non pochi dubbi sulla figura di Giuliano Amato. Non intendo fare del moralismo a buon mercato, ma qualche tempo fa vennero fuori prebende e pensioni accumulate da questo personaggio. Tutta roba legalmente meritata e maturata, ma un po’ troppa per dare l’idea di un politico rigoroso, che, come auspicava Montanelli, non si è arricchito. Una ulteriore “macchiolina” che si aggiunge e disturba l’immagine di Amato.
Sul resto niente da dire e tutto da ammirare. Il suo nome era spuntato anche sette anni or sono, sponsorizzato da Berlusconi (anche questo fatto la dice purtroppo lunga sui suoi trascorsi filo-craxiani), che anche oggi lo vedrebbe con piacere al Colle. Una candidatura di grande spicco sporcata dalle macchie suddette (per chi le vuol vedere) e targata in primis dal centro-destra (per chi lo vuol considerare un peccato originale). Forse sto facendo lo schizzinoso, sto cercando il pelo nell’uovo, sto usando un metro di giudizio troppo esigente. Con le arie che tirano bisogna essere più tolleranti, anche se “una macchia è qui tuttora… via, ti dico, o maledetta!…”.