L’ho detto, scritto e lo ripeto a scanso di equivoci. Non sono infatti solito né salire sul carro del vincitore né demolire chi è in odore di disfatta o di confusione mentale. Sto riferendomi a Matteo Renzi, uomo indubbiamente dotato di acume politico, forse sarebbe meglio dire di vis politicante. In questi giorni va di moda sparare a raffica su Renzi: non mi associo anche se non condivido il suo comportamento, che peraltro non riesco del tutto a capire. Non intendo quindi sparare in modo politicamente scorretto, ma ragionare in modo oggettivo anche se piuttosto sgarbato.
Agli albori del renzismo ho nutrito qualche speranzella sulla possibilità che questo personaggio riuscisse a scompigliare le carte di una politica imbalsamata e inconcludente. Molto di positivo ha lasciato intendere, poco ha fatto, ma poi strada facendo è rimasto vittima del “megariformismo” e della smania di andare contro tutto e tutti. Una volta costretto a lasciare il governo si è rivelato come un pesce fuor d’acqua e ha cominciato a sbandare paurosamente alla ricerca di uno spazio politico.
Le sue mosse, pur non essendo del tutto destituite di fondamento, risentono della vocazione – peraltro abbastanza diffusa nella classe politica – di stare al centro, oltre che dello schieramento partitico-parlamentare, dell’attenzione mediatica, di essere decisivi per le vicende politiche a prescindere dalla loro finalizzazione strategica. Un tatticismo esasperato ed esasperante, che rischia di creare solo confusione.
Non è facile capire cosa abbia in testa Matteo Renzi al di là del voler giocare un ruolo decisivo in tutte le partite. È stato così per il governo Letta, liquidato sbrigativamente in un modo che ancora offende, per l’inizio e la fine del secondo governo Conte, da lui ideato e appoggiato, al quale poi è stata impressa una cinica anche se relativamente opportuna spallata. È stato così per l’operazione Draghi a cui Renzi ha dato l’idea di voler partecipare lasciando quasi intendere di esserne il vero padrino più o meno occulto. Potrebbe essere così per l’elezione del presidente della Repubblica, contingenza che si presta moltissimo a giochi ed equilibrismi di maniera. Potrebbe essere così in vista delle prossime elezioni politiche il cui anticipo sarebbe terreno ideale per agevolare pericolose riaggregazioni all’ombra di un fantomatico spazio centrale accattivante (?) per larghe fasce dell’elettorato. Insomma, Renzi si sta candidando a fare l’ago della bilancia, mentre in realtà sta solo cercando disperatamente l’ago nel pagliaio del centro: difficile comunque trovare un ago, figuriamoci in un teorico pagliaio, in cui tutti depositano e prelevano continuamente paglia da bruciare nei loro fuochi.
Se è vero come è vero che gli statisti pensano alle future generazioni e che i politici guardano alle prossime elezioni, è altrettanto vero che Renzi guarda il proprio ombelico, sperando che possa essere l’ombelico della politica italiana. A proposito ricordo una gustosa battuta di un mio zio, che in spiaggia, dopo avere attentamente osservato le diffuse nudità più o meno attraenti, se ne uscì con una constatazione talmente ovvia da sembrare rivoluzionaria: “Avete visto? Vi siete accorti che abbiamo tutti una cosa in comune?”. Chi ascoltava pensava ad una imminente sparata volgare. Nossignori, il punto in comune era…l’ombelico. La gag, applicata alla politica, potrebbe significare che a livello ombelicale (quasi) tutti i protagonisti sulla scena hanno la pretesa di stare al centro della vita del Paese. Quindi, Renzi, da questo punto di vista, non presenta una interessante originalità, ma semmai un penoso conformismo. Punta al centro del ring, senza pensare che al centro bisogna saperci stare senza prendere le botte che arrivano da tutte le parti.
Alla sua recente logora kermesse leopoldiana, ha sostanzialmente dichiarato di volersi collocare al centro – fin qui nulla di nuovo e di scandaloso – ma tenendosi gli occhi liberi di guardare, a seconda dei casi, a destra o a sinistra. Niente del partito degasperiano di centro che guardava a sinistra. Non contento di fare il degasperiano strabico, ha tentato persino di assomigliare ad Aldo Moro citando a sproposito un discorso del grande statista risalente al 1978 e parafrasandolo in modo vergognoso: “La nostra flessibilità ha salvato fino a qui più che il nostro potere la democrazia italiana, diceva, e la nostra flessibilità nel 2019 prima e nel 2021 poi forse non ha salvato la democrazia italiana, ma salvato la stabilità economica europea mandando a casa prima Salvini e poi Conte”.
Consiglierei Renzi di scherzare coi fanti e di lasciar stare i santi. Faccia tutte le operazioni che crede, vada in giro per il mondo a raccattare quattrini se trova chi glieli dà, ma non giochi al nano che si nasconde dietro i giganti. A questi personaggi che hanno fatto la storia italiana può assomigliare solo in una cosa: nel pisciare, con la differenza che De Gasperi e Moro pisciavano educatamente nel buco dei loro cessi, lui piscia nelle sedi politiche e oltre tutto fuori dal buco.