Faccio riferimento alla partecipazione dell’ingegner Carlo De Benedetti alla trasmissione Otto e mezzo sul canale televisivo La 7, andata in onda nella primissima serata del 03 novembre, che consiglio a tutti di rivedere integralmente su internet. De Benedetti non ha sbagliato un colpo, esprimendo, su fatti, persone e problemi vari, giudizi azzeccatissimi, chiari ed estremamente concreti: mi permetto, nel mio piccolo, di essere totalmente d’accordo sulle sue lucidissime e spietate analisi.
Ne riprendo una, anche se tutte meriterebbero di essere considerate ed approfondite: ha infatti passato in rassegna tutti i personaggi della scena politica, salvando poco o quasi niente se non il binomio Mattarella-Draghi, che, a suo giudizio meriterebbe di essere confermato in toto. Due fuoriclasse di tale livello non possono essere tolti dal campo o spostati di ruolo, ma dovrebbero essere lasciati al loro proficuo lavoro. Come non essere d’accordo. Forte è la tentazione di riprendere tutti questi sassi lanciati nella piccionaia del sistema politico.
Preferisco però riferirmi in particolare al discorso sulla transizione ecologica, argomento di grande attualità e importanza. De Benedetti è stato schietto: sul clima ci stiamo ancora raccontando delle storie, il discorso riguarda tutti i governanti ampollosamente riuniti nei vari summit. Incalzato nel merito della riconversione verde del capitalismo finanziario, ha onestamente ammesso di far parte di una generazione che ha gravissime responsabilità nell’avere letteralmente devastato il pianeta e di dovere chiedere scusa alle generazioni presenti e future per il danno arrecato al mondo intero. La salvaguardia dell’ambiente non era infatti una priorità, in passato non ci si è posti il problema.
L’inversione di tendenza è tutta da inventare. La situazione odierna del pianeta è molto peggiore di quella del 2015, data in cui vennero assunti impegni regolarmente e clamorosamente disattesi. Giocare al rimbalzo sui tempi lontani serve a poco, meglio sarebbe che ogni Paese entro il 31 dicembre di ogni anno inviasse un pubblico rendiconto all’Onu sul rispetto di alcuni fondamentali parametri preventivamente individuati e altamente significativi riguardo al rispetto ed al recupero dell’ambiente naturale.
Il recente G20 ha segnato un discreto fallimento in quanto gli obiettivi fissati sono modesti e collocati in tempi lunghi. Bisogna cambiare l’approccio al problema, togliendolo dai fuorvianti tempi a venire per affrontarlo pragmaticamente in tempi ragionevoli e incentivanti.
Molto interessante ed emblematico l’esempio riguardante l’Ilva di Taranto: va riaperta solo dopo avere effettuato l’elettrificazione degli impianti, concedendo una lunga cassa integrazione ai lavoratori. Se si può fare per Alitalia perché non farlo per Ilva.
Devo ammettere di non avere avuto in passato e di non avere nemmeno nel presente una grande sensibilità all’ecologia, generalizzando negativamente la passione per la salvaguardia ambientale, bollandola magari con la cinica definizione di “cretinismo ecologico”. Se da una parte occorre fare ammenda, dall’altra bisogna essere concreti togliendo il discorso dai salotti e portandolo nel vivo del tessuto economico-sociale.
Molto convincente è quanto afferma Papa Francesco nella Enciclica “Laudato si’ sulla cura della Casa Comune”: «Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». I gemiti di sorella terra si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo. È gravissima inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale».