Ma che strano, oggi Matteo Salvini abbraccia il populista e reazionario Jair Bolsonaro. E chi se lo aspettava! Affinità elettive, evidentemente. Mica è obbligatorio incontrare uno che nella sua vita è arrivato a dire: “Se vedo due uomini che si baciano per strada, li uccido”. E invece Salvini lo incontra e ne va orgoglioso.
Oh, ma che strano! Proprio qualche giorno fa Matteo Salvini ha confermato orgogliosamente le alleanze con le destre estreme. Un’affettuosissima videochiamata con Marine le Pen ha sancito il pazzo amore del Capitano per qualsiasi movimento politico che si oppone a un processo d’integrazione europea. Un amore tanto ricambiato che ha fatto persino dire a Orban: “Salvini è il nostro eroe!”.
E le “stranezze” non finiscono qui. Anzi, se dovessimo fare un elenco, non basterebbe la Treccani per illustrare le prove provate del dna di estrema destra di Matteo Salvini e della sua anima gemella Giorgia Meloni. Tanto che lo stesso Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, alla fine è sbottato: “La svolta europeista di Matteo è incompiuta, decida da che parte stare”.
Ma in realtà la vera stranezza sapete qual è? È che quasi nessuno si pone il problema politico di rappresentare i tantissimi italiani di destra che, invece, strani non sono per nulla. Anzi. Quegli italiani che hanno votato Silvio Berlusconi sperando in una rivoluzione liberale e se lo trovano oggi succube di chi di liberale non ha nemmeno una virgola. Quegli italiani che hanno visto in Gianfranco Fini il miraggio di una destra laica, repubblicana e patriottica e che invece si ritrovano a turarsi il naso con una destra “iosonogiorgia”.
E quegli italiani di destra che oggi guardano con speranza alla compostezza e autorevolezza di Mario Draghi, che sanno benissimo che l’Italia senza Europa non va da nessuna parte, che hanno seguito le regole su mascherine, vaccini e greenpass con spirito patriottico e collaborativo, quegli italiani di destra che vogliono una politica di crescita che non decada nella stupida propaganda. Quegli italiani di destra che non hanno e non vogliono avere nulla a che fare con razzismo e omofobia, che non si esaltano di fronte a qualche slogan di comodo. Che se vedono un barcone in mare prima di ogni altra cosa pensano: “devo salvare quelle vite…”.
Oggi gli italiani di destra che non vogliono chiudere gli occhi di fronte all’inciviltà, che non si sentono una cosa unica con i vari Trump, Bolsonaro, Orban e Le Pen non hanno alcuna rappresentanza, non hanno una casa. Sono costretti a votare turandosi il naso, a non votare o a votare il meno peggio…
La stranezza italiana è tutto qua, in questa carenza di offerta politica, in questo scaffale vuoto nel supermercato delle idee.
Ho ritenuto opportuno riprendere integralmente il pezzo pubblicato sul sito Uffpost a firma di Filippo Rossi, leader di Buona destra, giornalista professionista, scrittore, operatore culturale ed editore: ha pubblicato per Marsilio “Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una Buona Destra”. Proprio dal libro è scaturita l’esperienza politica della Buona Destra, partito politico di stampo liberale, europeista e antisovranista.
Non avrei mai immaginato di dover prestare tanta attenzione a chi si dichiara apertamente di destra. Per me la destra era ed è tabù: è una questione etica e culturale prima che politica. A volte mi sono persino lasciato andare affermando provocatoriamente e paradossalmente che non avrei votato a destra nemmeno se la sinistra candidasse un erede di Adolf Hitler. Devo ammettere che il buon senso non ha colore politico e viene prima della politica. Quindi ho apprezzato l’articolo di cui sopra. Non voterò mai a destra, nemmeno la Buona destra di Filippo Rossi, ma capisco il salutare dramma di chi si sente orientato in tal senso per poi non trovare una degna rappresentanza politica.
Si sente bisogno di una destra di stampo liberale, europeista e antisovranista, ma non c’è, almeno in Italia. Devo ammettere però che si sente altrettanto bisogno di una sinistra riformatrice, progressista, popolare e moderna. Faccio molta fatica a individuarla, almeno in Italia. Dovrebbe essere il partito democratico, ma vedo che, fusione fredda o calda a parte, arranca e fa molta fatica, non riuscendo nell’intento.
Ricordo che quando si discusse in Parlamento la fiducia al primo governo Berlusconi, qualcuno dai banchi della destra gridò a Massimo D’Alema, allora esponente Pds o giù di lì: “Sentiamo nostalgia per il partito comunista…”. Lui, con la solita acutezza e con ammirevole presenza di spirito, rispose: “E io rimpiango la democrazia cristiana”. A buon intenditor poche parole.